II Piave
mormorava calmo a placido al passaggio dei primi fanti, il ventiquattro maggio: l’esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera… Muti passaron quella notte i fanti: tacere bisognava, e andare avanti… S’udiva, intanto, dalle amate sponde, sommesso e lieve, il tripudiar dell’ onde. Era un presagio dolce e lusinghiero. Il Piave mormorò: “Non passa te straniero!” Ma in una notte trista si parlò di tradimento, e il Piave udiva l’ira a lo sgomento. Ah, quanta gente ha vista venir giù, lasciare il tetto per l’onta consumata a Caporetto… Profughi.ovunque dai lontani monti venivano a gremir tutti i suoi ponti… S’udiva, allor, dalle violate sponde sommesso e triste il mormorio dell’ onde: come un singhiozzo, in quell’autunno nero il Piave mormorò: “Ritorna lo straniero!” E ritornò il nemico per l’orgoglio e per la fame, volea sfogare tutte le sue brame… Vedeva il piano aprico, di lassù, voleva ancora sfamarsi e tripudiare come allora. “No! - disse il Piave – No! - dissero i fanti…- Mai più il nemico faccia un passo avanti…” Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti combattevan le onde… Rosso del sangue del nemico altero, il Piave comandò: “Indietro, va’, straniero!” Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento… E la Vittoria sciolse le ali al vento! Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti risorgere Oberdan, Sauro a Battisti… Infranse, alfin, l’ italico valore le forche e l’armi dell’ Impiccatore. Sicure l’Alpi… Libere le sponde… E tacque il Piave: si placaron le onde sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi, la Pace non trovò nè oppressi, nè stranieri! |