MONFALCONE NELLA                         PRIMA  GUERRA MONDIALE

 La città di MONFALCONE si trovò nuovamente al centro di eventi internazionali durante la prima guerra mondiale, essendo nelle immediate vicinanze del fronte.


“Milite eroica della III Armata” come la definì il Duca d’Aosta, diede eroi come Ezio Giacich e Emilio Ciriani.

Località presso Monfalcone divennero famose durante il conflitto, come Monte Sei Busi, Monte Ermada, Quota 85 ribattezzata Quota “Toti”, Quota 87 e Quota 121, facendo capire quanto si combatté in questa zona.

Oggi sul territorio circostante si trovano i cippi alle medaglie d’oro Randaccio e Colombo, quello ai Lupi di Toscana, il monumento ai Martiri del Timavo e numerosi altri monumenti, che documentano le numerose e tragiche vicende che ebbero come teatro il Carso.

Alla fine della prima guerra mondiale della città rimanevano molte macerie e poco del vecchio nucleo urbano di Monfalcone, quasi interamente scomparso con il Palazzo del Comune, il Palazzo Patriarcale, il Palazzo della Ragione, o del Consiglio Maggiore, la Loggia e il Duomo, poi ricostruito.

La città tornò in mano italiana solo a guerra ormai conclusa il 24 ottobre 1918,  e senza l'uso della forza.


I suoi 11.000 abitanti si erano ridotti a 3.000.

Tornata all’Italia nel 1918, iniziò l’opera di ricostruzione, dando vita ad un intenso sviluppo della cantieristica navale.

Per gli effetti della legge N. 1778 del 19/12/1920, il 5 gennaio 1921 Monfalcone, assieme alla Venezia Giulia ed ai territori dalmati, viene annessa ufficialmente al Regno d’Italia.

L'importanza della guerra aerea nel secondo conflitto mondiale, soprattutto le azioni più spettacolari dell'aviazione strategica alleata, ha trovato largo spazio non solo nella pubblicistica, ma pure nel cinema.

Invece, le vicende minori, quelle dei piccoli bombardamenti sugli obiettivi secondari, quasi sempre subordinati a operazioni belliche più importanti, raramente hanno avuto l’occasione di essere ricordate e sopravvivono per lo più nella memoria collettiva, tra episodi sbiaditi di avvenimenti che, a mezzo secolo di distanza, si dissolvono nei lontani ricordi.

Questo aspetto minore della guerra comincio per il Monfalconese a diventare serio alla fine del 1943 e tragico nei due anni successivi. Finita infatti, il 5 maggio con la caduta di Tunisi, la guerra nelle Colonie dell'Africa Settentrionale, il conflitto entro in casa - la guerra in Russia era ancora lontana - con lo sbarco anglo-americano in Sicilia, nell'estate del 1943, quando 1'offensiva aerea alleata si estese, al nord sulle grandi città della Germania, e al sud su tutta 1'Italia meridionale e centro-settentrionale, con passaggi di aerei sempre più frequenti, anche attraverso il nostro cielo: sia diurni, per le formazioni americane, sia notturni, per quelle britanniche.

Il primo bombardamento di Monfalcone risale alla notte di San Giuseppe del 1944: nessuna vittima, solo danni materiali.

Per tali circostanze si sparse la voce che l'azione sarebbe stata compiuta da aerei dell'Italia Libera del Regno del Sud.

A una prima pioggia di bengala illuminanti, seguirono alcune ondate di incursori che colpirono, con spezzoni incendiari, bombe di media potenza e ancora spezzoni incendiari e dirompenti, l'area dei CRDA e l’abitato di Panzano nonché quella della stazione ferroviaria con il sottostante oleificio.

Evidenti gli obiettivi da colpire: il cantiere navale e gli impianti ferroviari.

Anche il convento dei Padri Francescani del Santuario della Beata Vergine Marcelliana resta seriamente danneggiato, nel tetto e negli infissi.

Nessun danno invece subirono i frati, che avevano trovato sicuro rifugio nel ricovero antiaerei costruito nella cantina del convento, secondo le norme edilizie d'anteguerra che prevedevano, per gli edifici di nuova costruzione, un solettane del ricovero di almeno 25 cm e pareti laterali di 15 cm di cemento armato con tondini di ferro del diametro di 15 mm, disposti a rete.

Dopo questa incursione, che lascia alcune centinaia di senzatetto, comincia to sfollamento di nume-rosi gruppi e famiglie verso la vicina campagna.

II secondo attacco seguirà una ventina d. giorni pia tardi, subito dopo la domenica di Pasqua. nella notte tra 11 e il 12 aprile , quando aerei probabilmente della RAF puntarono nuovamente sui due obiettivi più importanti.

L'esplosione dei primi grappoli di bombe, di grande capacità, avverti con improvviso fragore, prima ancora che fosse stato

segnale d'allarme, che la città si trovava sotto un pesante bombardamento aereo. Le vittime furono una cinquantina, parte perite all'Albergo operai di Panzano e parte nelle case delle vie Randaccio e Colombo, dove fu danneggiato l'ospedaletto a7iendale della Solvay.

 Nel teatrino della Marcelliana i frati allestirono la camera ardente, ma già durante l'incursione i religiosi avevano raggiunto le case colpite per soccorrere i feriti e i moribondi. Le solenni e commoventi esequie saranno celebrate tre giorni dopo in Duomo alla presenza del Principe Arckescovo Monsignor Margotti.

Grandi furono la costernazione, it dolore e la paura provocati da un attacco così improvviso e mortale. Corse voce che fossero state impiegate bombe ad aria liquida che, secondo la testimonianza del frate cronista della Marcelliana, esplodevano producendo un botto agghiacciante e un bagliore bluastro.

 Di fronte a tali eventi lo sfollamento della gente aumento d'intensità, favorito dalla sospensione delle lezioni alla scuola media e dalla Hduzione degli altri torsi scolastici a poche lezioni settimanali.

Le famiglie degli sfollati trovarono ospitalità nel vicino Friuli, in modo da consentire al capo di famiglia di rincasare ogni sera in bicicletta dal posto di lavoro.

Accanto agli sfollati, in gran parte senza tetto o famiglie che abitavano troppo vicino agli obiettivi degli aerei, comincio ad accodarsi anche gente compromessa col regime e che cercava di defilarsi, priorità della fine della guerra, da vendette e rappresaglie.

Nei primi mesi del 1945 infine lo sfollamento subirà un'ulteriore impennata, sia in relazione alle incursioni, sia per motivi politici.

Il 18 aprile cacciabombardieri dell'Usaaf Lochkeed P38 Lightning, dai caratteristici piani dico da a deriva doppia, mitragliarono e spezzonarono la caserma della polizia germanica di Vermegliano e il campo d'aviazione di Ronchi dei Legionari, per mettere fuori use la base aerea in vista del bombardamento, diurno questa volta, di Monfalcone del seguente 20 aprile, quando tre formazioni verosimilmente americane colpirono, o quantomeno cercarono di farlo, it viadotto ferroviario di San Giovanni di Duino, gli impianti aeronautici e navali dei CRDA e Portorosega.

La reazione delle batterie contro aerei di San Polo, del Monte Spaccato - vicino a S. Giovanni - del Forte Sant'Antonio e di una batteria mobile al Lisert, salvo il viadotto, ma il nome di Panzano subì nuovi e cospicui danni. Tredici le vittime tra i civili.

La notte tra il 30 aprile e i1 primo maggio, mentre la popolazione si recava al rifugio della piazza, la contraerea entro in azione e, causa il panico, morirono schiacciati dalla calca, proprio all'ingresso "a elle" della galleria un bambino, tre anziani e un adulto; altre due vittime caddero a Panzano, dove gli incursori avevano bombardato nel bacino del vecchio porto alcuni sommergibili in allestimento.

Con questo raid ebbero termine gli attacchi notturni; anche la RAF infatti dalla meta del 1944 comincerà ad agire di giorno per l'affievolirsi delle difese tedesche.

All'una pomeridiana del 25 maggio l'ultima incursione pesante dell'anno, alla quale risulta abbiano partecipato quattro formazioni alleate, spiano gli impianti dei CRDA, che non si riprenderanno sino a dopo la guerra, con un bombardamento di straordinaria efficacia.

 Quattro le vittime, tutte del cantiere.

Il 9 giugno infine, durante uno dei più lunghi allarmi aerei, intorno al mezzogiorno, si verifica un bombardamento leggero su Portorosega e nello stesso tempo sul ponte di Pieris.

L'anno successivo, il 1945, i bombardamenti ripresero nel primo pomeriggio del 4 marzo, una grigia domenica invernale, proprio mentre l'illusionista Delpho intratteneva, nella sala mensa dei CRDA i figli dei dipendenti con uno spettacolo d'arte varia. Obiettivo dell'incursione, più che le Officine aeronautiche trasferite in Friuli e quelle navali ormai inattive, il comando della Marina germanica e l'area portuale di Panzano, Portorosega e N. Sauro e i raccordi ferroviari Ronchi-Crda e Ferrovia-Portorosega.

Durante il bombardamento morirono cinque ragazzi, un'anziana e due adulti che erano stati sorpresi dalle bombe all'aperto.

L'attacco venne ripetuto venerdì 16, di pomeriggio, con gli stessi obiettivi del precedente. Largo l'impiego di bombe perforanti che colpirono fittamente le zone portuali dove finirono a picco alcune piccole unità della Marina militare germanica. Rimasero altresì colpite, come nella precedente incursione, a Panzano le vie Marcelliana e Cosulich, il cantiere, il bacino e l'area marginale dello stabilimento chimico della Solvay.

Dieci le vittime, anche questa volta tutte di Panzano, e molto elevato il numero dei senzatetto; in tale occasione i padri della Marcelliana aprirono la Clausura alle famiglie rimaste senza casa e si fecero promotori di una sottoscrizione per fornire di viveri di prima necessity i sinistrati: farina. fagioli e vino.

Alle tre pomeridiane del 5 aprile, primo giovedì dopo Pasqua, alcune formazioni di Liberators (B 24 Consolidated), con insegne britanniche, compirono l'ultimo raid pesante sul cantiere e le aree portuali, come nelle precedenti incursioni.

Nessuna vittima tra la popolazione, mentre quel che restava del cantiere resto semplicemente spianato.

La serie delle incursioni si concluderò con un bombardamento leggero su Portorosega nell'ultima decade di aprile.

Con tali azioni gli alleati cercarono di paralizzare tutto quanto si muoveva su strade, ferrovie, a aeroporti e porti per impedire ai tedeschi di attestarsi - con le forze superstiti - sul crinale alpino per un'ultima disperata difesa.

 

 


FOTO RIFERITE AL PERIODO DELLA GUERRA


Medaglia d’oro Enrico Toti, bersagliere del 3′ Battaglione ciclisti,

morto a quota 85 di Monfalcone il 6 agosto 1916.


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Città di Monfalcone


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CANTIERE DI MONFALCONE


Trincee nei cantieri di Monfalcone durante la Prima Guerra Mondiale


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Quando i segnali di una guerra al confine meridionale dell’Impero cominciarono ad aumentare, dal Cantiere iniziarono le procedure per lo sgombero dei macchinari, dei materiali, delle risorse tecnologiche e del capitale umano più qualificato verso Trieste, Pola, Budapest. Peraltro, il personale specializzato inglese era già stato allontanato nell’estate 1914.

Il Cantiere fu ricostruito dopo i bombardamenti della Grande Guerra.

A Monfalcone arrivarono le Officine Ferroviarie, gli idrovolanti, i sommergibili per la Regia Marina, i bacini galleggianti, le chiatte, le motonavi miste e da carico, le piccole unità passeggeri, i piroscafi cisterna e da carico, i posamine, i rimorchiatori, due gioielli d’ingegneria ed eleganza come la Saturnia e la Vulcania, navi passeggeri degli anni Venti, la prima varata il 29 dicembre 1925 alla presenza della Principessa Giovanna di Savoia, e ancora la Oceania, varata nel 1932 destinata a crociere nel Mediterraneo quindi a Buenos Aires, e, con primo varo nel 1938, la Stockholm, transatlantico di lusso della Svenska Amerika Linie di Göteborg per la linea celere fra la Scandinavia e il Nord America.

Negli anni Trenta la teleferica Bleichert poteva dominare il Cantiere tornato a nuova vita, fino a quando non arrivò la guerra.


DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AD OGGI


Le terre di confine tra Italia e Jugoslavia furono di nuovo terra di contesa durante e dopo la seconda guerra.

Monfalcone fu restituita definitivamente all'Italia il 14 settembre 1947, in seguito all'entrata in vigore dei trattati di pace.

Quantunque la definitiva definizione dei confini venisse ratificata, solamente nel 1975, dai trattati di Osimo tra Italia e Jugoslavia.
Nel dopoguerra, in aggiunta all'attività dei cantieri navali, si sono sviluppate molteplici attività industriali che hanno portato la città ad un rapido sviluppo e alla crescita della popolazione, anche attraverso migrazioni di lavoratori e relative famiglie.
Tra queste attività spiccano, oltre alla navalmeccanica, la chimica, l'industria elettrica ed elettromeccanica, e quella siderurgica.
Oggi Monfalcone è il capoluogo di un mandamento che comprende 50.000 abitanti, di cui la metà circa residenti in Monfalcone stessa.

La città si è espansa fino a praticamente congiungersi con i comuni di Staranzano e Ronchi dei Legionari.

Essa mantiene un ruolo importante come punto di transito da e verso i paesi dell'est, che stanno acquistando rinnovata importanza strategica sul piano economico, grazie ai repentini cambiamenti che si sono susseguiti, a cavallo tra i tardi anni ottanta ed i primi anni novanta, e che hanno visto, con il simbolico crollo del muro di Berlino, la nascita di nuovi partner commerciali ad est.
Acquistano quindi sempre maggiore importanza le infrastrutture presenti nella zona: porto, autostrada Trieste-Venezia-Milano, ferrovia ed Aeroporto di Ronchi dei Legionari.

La fortuna della area di Monfalcone sarà in futuro legata allo sviluppo di un'asse commerciale che colleghi Mosca ed i paesi dell'Europa dell'est, attraverso Kiev e Lubiana, al nord Italia ed in particolare al nordest.