BATTAGLIE DELL'  ISONZO                                            22 GIUGNO 1915 -12 NOVEMBRE 1917


LA PRIMA BATTAGLIA DELL'ISONZO

23 GIUGNO - 7 LUGLIO 1915

 

Il piano d'attacco prevedeva dapprima azioni contro la testa di ponte di Gorizia (2a Armata col II° e IV° Corpo) e contro l'Altopiano Carsico (3a Armata) quindi in un secondo tempo contro la roccaforte di Tolmino che ancora resisteva con il IV° Corpo della 2a Armata.
Le forze italiane che presero parte alla Ia Battaglia dell'Isonzo ammontavano a 250.000 uomini opposti a 115.000 austroungarici della 5a Armata del Gen. Rohr.
Le perdite furono moltissime da entrambi gli schieramenti: ben 14.917 italiani tra morti feriti e dispersi e 10.400 austroungarici.

Dopo un mese dall'inizio ufficiale della guerra il 23 giugno 1915 il Gen. Cadorna lanciò la prima grande offensiva sul fronte dell'Isonzo ribattezzata la Prima Battaglia dell'Isonzo.
Gli obiettivi erano diversi: la 2a Armata avrebbe dovuto raggiungere il Monte Mzli e il paesino di Plava e rafforzare le proprie posizioni a nord di Gorizia mentre la 3a Armata avrebbe dovuto avanzare tra Sagrado e Monfalcone.
La prima azione venne intrapresa nella zona di Plava dove si cercò invano di conquistare quota 383 ma l'inadeguatezza della potenza di fuoco italiana contro quella austriaca era palese. Stessa sorte più a nord sul Monte Mzli dove dal 1 luglio le truppe italiane cercarono di allontanare i soldati asburgici senza alcun risultato. Alle difficoltà logistiche si aggiunse anche la forte pioggia che aveva trasformato le colline in lunghe distese di fango.
L'unico settore in cui le operazioni ottennero qualche risultato fu nella zona di Sagrado dove il cannoneggiamento italiano iniziato il 23 giugno costrinse gli austroungarici ad arretrare fino alla linea nord del Monte Sei Busi e del Monte San Michele.
Al contrario nel settore meridionale di Monfalcone gli attacchi sul Monte Cosich e sulle quote 85 e 121 procurarono gravi perdite. Dopo un incontro avvenuto il 2 luglio a Cervignano tra Cadorna e il Comandante della 3a Armata Emanuele Filiberto Duca d'Aosta furono inviati alcuni rinforzi che però non sortirono l'effetto desiderato. Nei giorni seguenti gli scontri scemarono ed il 7 luglio la battaglia si dichiarò conclusa senza nessun risultato significativo.



Mappa degli avanzamenti italiani nelle battaglie dell'Isonzo.
Data 23 giugno-7 luglio 1915
Luogo Offensiva ad est dell'Isonzo, e a nord-ovest dell'attuale Slovenia verso Monte Nero e Trieste
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
250.000 uomini circa (II e III Armata) 115.000 uomini circa
Perdite
15.000 (2.000 morti circa) di cui 454 ufficiali 10.400 (1.000 morti circa)

LA SECONDA BATTAGLIA DELL'ISONZO

18 LUGLIO - 3 AGOSTO 1915

 

Tra il 24 luglio e il 3 agosto l'ala sinistra della 3a Armata avanzò ancora ed ancora una volta il San Michele fu preso e perduto. Intanto l'ala sinistra si affermava sul Monte Sei Busi: il centro iniziava l'avanzata e raggiungeva e manteneva parte della conca carsica attorno a Doberdò.
In complesso con la 2a Battaglia dell'Isonzo e le conseguenti operazioni di assestamento sul Carso, la linea italiana venne sensibilmente portata in avanti fino ad appoggiarsi alle falde occidentali del Monte San Michele ed alla sommità del Monte Sei Busi e compiuto un notevole progresso ad est del Monte Nero.
La battaglia costò agli italiani circa 42.000 uomini tra morti feriti e dispersi; gli austroungarici ebbero oltre 47.000 soldati fuori combattimento.
La 2a battaglia  dell'isonzo segnò per l'italia nell'estate del 1915 il  massimo dello sforzo:

quasi tutte le riserve furono impiegate ci fu un consumo enorme di munizioni e mezzi trasporto si esaurirono scorte carburante e cibo.

Rese necessaria una sosta colmare le  file dei reggimenti con  nuovi rincalzi ed attendere l'arrivo di altra aritiglieria campale dal  momento che quella utilizzata era dimostrata largamente insufficiente a coprire il fronte dagli attacchi della nostra fanteria.

Durante tutti i mesi di agosto e settembre furono compiute altre azioni nell'area di Plezzo e Tolmino ma alla fine di settembre la spinta italiana si esaurì per mancanza di uomini e munizioni.
L'importante risultato strategico che si riteneva possibile con queste operazioni non era stato raggiunto che parzialmente. Sospesi gli attacchi sul Carso la 3a Armata riprese il lento metodico sgretolamento delle difese avversarie stringendo sempre più da vicino il Monte San Michele.
Tra il 16 agosto e il 18 ottobre le perdite italiane furono notevoli: 191 ufficiali e circa 10.000 soldati vennero messi fuori combattimento. Per questo motivo le richieste di complementi da parte della 3a Armata continuavano a susseguirsi con frequenza e per quantitativi ingenti. Nella Nazione si dovette procedere al richiamo di altre tre classi di leva.
Il giorno in cui si concluse la Prima Battaglia dell'Isonzo si tenne a Chantilly in Francia la prima conferenza interpelleata.

Le autorità militari dell'Intesa analizzarono la situazione dopo un anno di guerra: il fronte occidentale era sostanzialmente immutato, mentre quello russo dopo la sconfitta delle truppe zariste a Gorlice nel sud della Polonia, si trovava in difficoltà. Si chiese perciò all'Italia di continuare con risolutezza l'offensiva sul suo fronte in modo da impegnare le truppe austroungariche e di avanzare almeno fino a Klagenfurt e a Lubiana.
Il 17 luglio la mobilitazione delle truppe fu completa e la Seconda Battaglia dell'Isonzo venne annunciata per le ore 4 del mattino successivo lungo un fronte di 36 km. Obiettivo principale era il Monte San Michele un'altura carsica a sud di Gorizia. La sommità fu raggiunta il 20 luglio ma il Gen. Borojevic capo della 5a Armata riuscì ad organizzare un contrattacco che il giorno dopo restituì la collina agli austroungarici.
Più a sud nella zona di Monfalcone la 3a Armata subì moltissime perdite nel tentativo di assaltare il Monte Cosich.

Le postazioni e le armi nemiche erano ben posizionate mentre i reparti italiani non furono efficaci. Stessa sorte nella parte settentrionale di Gorizia dove gli assalti al Monte Sabotino al Calvario e a quota 383 di Plava fallirono totalmente.
Sull'Alto Isonzo la situazione era resa ancora più difficile dal clima caratterizzato da copiose piogge che sui 2000 metri del Monte Nero si trasformavano in bufere di vento ed acqua gelida.
Dopo una pausa di alcuni giorni il 14 agosto giunse l'ordine di ricominciare l'azione sul Monte Nero ed il Mzli ma dopo diversi attacchi le truppe austroungariche respinsero l'offensiva.
La Seconda Battaglia dell'Isonzo ricordata in particolare per gli scontri sul San Michele fu per l'esercito italiano il primo bagno di sangue su larga scala. Il problema principale risiedeva nel modo di condurre gli attacchi da parte degli ufficiali italiani non ancora addestrati a tattiche di guerra in trincea e alle nuove armi comparse in questo conflitto.

Data 18 luglio-3 agosto 1915
Luogo Valle del fiume Isonzo
Esito Offensiva italiana respinta
Gli italiani conquistano più territorio che nella prima battaglia dell'Isonzo
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
260 battaglioni
840 pezzi d'artiglieria
105 battaglioni
420 pezzi d'artiglieria
25 battaglioni giunti secondariamente
Perdite
30 000 feriti circa
4 900 circa dispersi
Più di 6 000 morti
47.000 circa

LA TERZA BATTAGLIA DELL'ISONZO

18 OTTOBRE - 4 NOVEMBRE 1915

 

ntanto sulla fronte Giulia si operava per la ripresa autunnale degli attacchi. Ricomposte le unità con l'incorporazione dei complementi, rinforzato lo schieramento di artiglierie, ricostituite le dotazioni di munizioni, il Comando Supremo Italiano decideva di riprendere nella seconda metà di ottobre l'azione a fondo sul fronte del Carso: scopo della nuova offensiva la riconquista della città d Gorizia, di Tolmino e delle due roccaforti montuose del Sabotino e del Podgora.
Dopo la preparazione di artiglieria che durò dal 18 al 21 ottobre, le fanterie della 2a Armata attaccarono da Plava verso Zagora ed il Monte Kuk, mentre la 3a Armata andava all'assalto del Monte San Michele e la 4a Divisione della 2a Armata svolgeva azioni impegnative contro il Sabotino ed il Podgora.
A sostegno di questa azione si mosse a fondo anche la 1a Armata nel Trentino che attaccò sulle Giudicarie e la 4a Armata che prese d'assalto il Col di Lana conquistato e perduto il 7 novembre.
Qualche vantaggio conseguì il 2°Corpo della 2a Armata verso il paese di Zagora così pure il 6°Corpo verso il Monte Calvario. Sul Carso la sinistra della 3a Armata occupò il paese di Peteano e prese e riperdette la Cima 4 del Monte San Michele. Mentre alle ali la battaglia rallentava, il centro dello schieramento italiano attaccò a fondo sul tratto del Sabotino-Oslavia-Podgora.
Oslavia fu presa e perduta, si conquistarono alcune posizioni sul Podgora, fu raggiunta ancora una volta la Cima 4 del Monte San Michele senza potervi rimanere che poche ore, fu realizzata l'occupazione del paese di Zagora e si progredì alquanto verso l'abitato di San Martino del Carso.
Il 4 novembre la battaglia scemava d'intensità su tutta la fronte d'attacco ma per il solo tempo necessario all'affluire di rinforzi e munizioni.
Le prime due battaglie dell' Isonzo non avevano portato ai risultati sperati e fatto emergere tutta l'impreparazione dell'esercito italiano ad una guerra di posizione breve durata

Ottimistiche previsioni fine primavera dopo pochi mesi furono sostituite dalla preoccupazione e frustrazione per aver raggiunto praticamente nessun obiettivo.

Cadorna perciò decise di cambiare la sua tattica e scelse di puntare verso la città di Gorizia,  abbandonando momentaneamente la spinta su Trieste.

La città isontina soprannominata la "Nizza dell'Adriatico" negli ultimi decenni del XIX secolo sembrava un obiettivo alla portata dell'esercito italiano: se l'avanzata fosse proseguita a nord in direzione di Tolmino e a sud sul Monte San Michele, Gorizia sarebbe stata circondata e le truppe ungheresi e dalmate che si trovavano in città non avrebbero potuto far altro che arrendersi.
Il 18 ottobre 1915 iniziò così la Terza Battaglia dell'Isonzo con più di 1.300 cannoni che iniziarono a bombardare le linee austroungariche su un fronte di 50 km dalle Prealpi Giulie a Monfalcone.
I primi assalti sul Monte Mzli e sul San Michele furono positivi ma dopo poche ore i durissimi contrattacchi costrinsero i soldati italiani a retrocedere alle posizioni di partenza. Il numero dei caduti assunse i caratteri di una tragedia: in dieci giorni le perdite furono di 67.000 uomini ed alcune brigate furono letteralmente decimate (la "Catanzaro" sul Monte "San Michele" perse quasi 3.000 soldati) Stessa situazione sul Monte Calvario sul Sabotino e sulla quota 121 di Monfalcone dove tutti i tentativi di conquistare le trincee austroungariche fallirono.
L'unico piccolo risultato anche a costo di un grande sacrificio umano fu la conquista delle trincee sul Monte Sei Busi. Il 23 ottobre dopo tre giorni di battaglia la Brigata "Siena" riuscì ad impossessarsi dell'importante linea fortificata del monte. Stremata la formazione venne sostituita da un Reggimento di Bersaglieri e dalla Brigata "Sassari" le quali riuscirono a resistere al contrattacco nemico sospeso il 4 novembre.

Data 18 ottobre-4 novembre 1915
Luogo Valle del fiume Isonzo
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
338 battaglioni
130 squadroni di cavalleria
1372 cannoni
137 battaglioni
(e 47 arrivati di rinforzo)
634 cannoni
Perdite
67.000 circa (11.000 morti)
alcuni reggimenti sul Carso persero il 50% degli effettivi
40.500 circa (9.000 morti)

LA QUARTA BATTAGLIA DELL'ISONZO

10 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 1915

 

Dopo sei giorni di relativa calma dalla fine della 3aBattaglia dell'Isonzo, i combattimenti ripresero con rinnovato vigore dando così inizio alla 4a battaglia.
La 2a Armata allargò l'occupazione verso Tolmino, le artiglierie iniziarono il bombardamento di Gorizia. Il 20 novembre fu strappata agli austrici e mantenuta quota 188 di Oslavia, fu raggiunta sul Podgora la cima del Calvario e progressi furono fatti anche sul San Michele.
La potentissima linea di difesa austriaca rinforzata durante la sosta tra agosto ed ottobre nel complesso resse bene obbligando il nostro esercito a spezzare l'azione in spinte isolate.
Le artiglierie italiane non riuscirono ad aprire la strada alle fanterie nei profondi reticolati davanti alle difese avversarie, per cui l'ultimo sforzo italiano del 1915 dovette arrestarsi.
La 3a e la 4a Battaglia dell'Isonzo costarono all'Italia 116.000 uomini messi fuori combattimento; all'Austria oltre 70.000 e 12.500 prigionieri.

Dopo le spaventose perdite subite nella 3a Battaglia dell'Isonzo, la situazione all'interno dell'esercito continuò ad essere pesante. I soldati erano ormai stanchi e demoralizzati dai continui assalti falliti in mezzo a rischi elevatissimi e le condizioni in trincea, con l'inverno alle porte, si facevano ogni giorno più disperate.
Il rancio era scarso e freddo, le mani e i piedi spesso immobilizzati e gonfi dal gelo, le uniformi sempre fradice e quando si asciugavano all'aria diventavano rigide come il legno. Ma Cadorna dal suo Comando di Udine era convinto che le truppe austroungariche di Borojevic stessero per cedere.
L'11 novembre 1915 venne perciò ordinata la ripresa degli assalti dando così inizio alla 4a Battaglia dell'Isonzo. I soldati italiani andarono all'assalto dei Monti Mzli Sabotino Calvario e San Michele ma i risultati furono nulli. L'unico piccolo avanzamento avvenne a nord di Gorizia in località Oslavia - quota 188, senza però raggiungere il vicino centro abitato di Piuma e quindi la riva destra dell'Isonzo.
A peggiorare la situazione ci pensò il Comando Supremo, che su consiglio del generale francese Joffre, decise di bombardare la città isontina. Il 18 novembre per tre ore e mezza le bocche di fuoco italiane colpirono la "Nizza Austriaca" ancora abitata dai civili e provocarono danni gravissimi. Fatto ancor più grave se si considera come questa azione non portò alcun vantaggio a livello tattico-strategico.
Nei primi giorni di dicembre gli attacchi scemarono e il 5 la 4a Battaglia dell'Isonzo venne ufficialmente sospesa.
Il 1915 si chiuse senza risultati ad esclusione dell'avanzata dei primi giorni di guerra. Il malumore già ampiamente diffuso nelle trincee iniziò a serpeggiare anche tra l'opinione pubblica che con vigore in maggio aveva sostenuto l'entrata dell'Italia in guerra.

Data 10 novembre-5 dicembre 1915
Luogo Valle del fiume Isonzo, zona del Carso nei pressi di Gorizia
Esito Offensiva italiana sospesa. Conquista di importanti trinceramenti.
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
370 battaglioni, 1374 pezzi d'artiglieria 155 battaglioni, 626 pezzi d'artiglieria
Perdite
49.500 (7.500 morti) 32.100 (4.000 morti)

LA QUINTA BATTAGLIA DELL'ISONZO

11 - 15 MARZO 1916

 

In marzo il Comando Supremo Italiano emanava gli ordini per la ripresa delle ostilità in particolare doveva essere ripresa l'attività di logoramento delle posizioni nemiche sul fronte della 2a e 3a Armata. L'11 marzo iniziava quindi la Quinta Battaglia dell'Isonzo.
Gli obiettivi della 2a Armata erano il Mzli, il Santa Maria, il Podgora, la Cima 4 del San Michele, le trincee della Cappella Diruta e San Martino del Carso.
Le truppe schierate nel settore del Monte Rombon si trovarono nell'impossibilità di manovrare per l'abbondante neve ancora presente che le fece diventare facile bersaglio per le mitragliatrici avversarie.
Il maltempo bloccò poi le operazioni verso il Santa Maria (Tolmino). La 3a Armata venuta a mancare l'azione della 2a e con le truppe bloccate dal fango che aveva messo fuori uso molto materiale bellico, esplicò solo una forte azione di artiglieria contro gli obiettivi assegnati.
La Quinta Battaglia dell'Isonzo terminò il 15 marzo senza sostanziali modifiche in avanti del fronte. Riprendevano i lavori di consolidamento delle trincee e di approccio alla prima linea, venivano rinforzate le difese passive, soprattutto veniva migliorata la logistica per prepararsi alla grande offensiva che il Comando Supremo Italiano aveva previsto di lanciare nel luglio successivo.
L'inverno aveva momentaneamente interrotto le grandi operazioni sul fronte dell'Isonzo. I vertici militari ne approfittarono per riorganizzare i propri eserciti e concordare nuovi piani di attacco con gli alleati.
Il Comando Supremo migliorò le posizioni della 2a e della 3a Armata: le batterie furono avvicinate maggiormente al fronte sul Medio ed Alto Isonzo, le difese vennero rafforzate e lungo il Tagliamento furono previste nuove linee di ripiegamento. Inoltre nonostante l'opposizione del Ministro della Guerra Zupelli la leva venne estesa e vennero costituiti nuovi reggimenti di fanteria, di bersaglieri e di alpini destinati al fronte delle Dolomiti e del Tirolo.
A livello internazionale invece gli alleati chiesero all'Italia e alla Russia di intraprendere attacchi coordinati all'inizio della primavera in modo da alleggerire la pressione sul fronte occidentale. I progetti di Cadorna che avrebbe voluto aspettare il disgelo sul Carso vennero perciò accantonati.

L'attacco tedesco a Verdun il 21 febbraio stravolse però la fatica alleata. La Francia in grave difficoltà chiede di anticipare quanto chiesto durante le conferenze interalleate. Cadorna fu così costretto a lanciare l'11 marzo 1916 la 5a Battaglia dell'Isonzo.
Organizzata frettolosamente, gli obiettivi principali non cambiarono rispetto al 1915 così come i risultati: il Monte Calvario si rivelò ancora inespugnabile, mentre piccoli passi in avanti vennero fatti sul Sabotino e sulla linea tra il Monte Sei Busi e Monfalcone. San Martino del Carso paese sulle pendici occidentali del San Michele venne conquistato per poche ore prima di ricadere in mano al nemico che contrattaccò con gas lacrimogeni.
Più a nord attorno alla cittadina di Tolmino le condizioni climatiche erano ancora così difficili da imporre quasi subito l'interruzione delle azioni, terminate su tutto il fronte il 15 marzo, senza nessuna conquista e la perdita di 13.000 uomini.

Data 9-15 marzo 1916
Luogo Valle del fiume Isonzo
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
286 battaglioni (più 90 di riserva), 1360 pezzi d'artiglieria 100 battaglioni (più 30 di riserva), 470 pezzi d'artiglieria
Perdite
1.882 tra morti, feriti, dispersi 1.985 tra morti e feriti

 

LA SESTA BATTAGLIA DELL'ISONZO, (BATTAGLIA DI GORIZIA)

6 - 17 AGOSTO 1916

 

Dopo l'attacco austriaco col gas avvenuto sul San Michele il 29 giugno, che costò la vita a circa 3.000 uomini, le operazioni sul fronte della 3a Armata subirono un rallentamento per permettere la riorganizzazione dei reparti e l'attuazione delle misure necessarie a scongiurare altri eventi simili.
Fino alla fine di luglio non si ebbero importanti azioni: furono mantenute tutte le posizioni e potenziate le scorte di materiale e di munizioni in vista dell'azione per la conquista di Gorizia.
Il 6 agosto iniziava la Battaglia di Gorizia con il fuoco preparatorio di artiglieria. Alle ore 16 le artiglierie allungavano il tiro per proteggere le fanterie che scattavano all'assalto del Podgora e del Sabotino.
L'azione ben congegnata riuscì perfettamente e gli austriaci furono sorpresi ancora al riparo nelle caverne dalle pattuglie italiane, che si spinsero fin sulla riva destra dell'Isonzo tentando in alcuni casi il guado, ma passata la sorpresa iniziale e ricevuti rinforzi, gli austriaci bloccavano i nostri tentativi di installare una testa di ponte sulla riva sinistra del fiume e con un contrattacco recuperavano parte delle linee perdute sul Calvario.
All'imbrunire il Monte Sabotino era in mani italiane e nella linea Podgora-Calvario resistevano solo gruppi isolati di austroungarici. In pianura erano cadute la prima e la seconda linea e gli austriaci erano asserragliati nel sottopasso ferroviario di Lucinico.
Sul Carso intanto, il giorno 6 le difese austriache del San Michele erano sconvolte da un fuoco di artiglieria quale mai si era visto prima e la sera la 21a e la 22a Divisione italiana potevano conquistare tutte e quattro le cime del San Michele e respingere i forti contrattacchi avversari.
Nella zona di Gorizia il 7 agosto riprendevano le operazioni per la conquista italiana della città che venne presa il 9 agosto. Il Comando Austriaco della 5a Armata visti vani tutti i tentativi per arrestare l'avanzata italiana dava l'ordine di ritirare le truppe sulla linea già preparata a difesa alle spalle di Gorizia in attesa di ricevere rinforzi dal Tirolo.
Il Gen. Borojevic allargava l'ordine alle truppe della Piana di Doberdò temendo che un attacco della 3a Armata italiana potesse cogliere alle spalle le rimanenti forze del Carso.
Le perdite italiane nella battaglia dal 6 al 17 agosto furono di 51.232 uomini di cui 1.759 ufficiali. Gli austriaci ebbero fuori combattimento 41.835 uomini di cui 807 ufficiali.

La Battaglia di Gorizia ottenne l'effetto di convincere la Romania il 27 agosto a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali. Ciò indusse il Comando Supremo Italiano ad ordinare la ripresa del combattimento questa volta in Carso per aprire la strada da Monfalcone verso Trieste.
Terminato il pericolo della Strafexpedition, Luigi Cadorna ricominciò a rivolgere le sue strategie militari verso il fronte dell'Isonzo e più precisamente sulla città di Gorizia.
Iniziò a progettare un piano tattico con il Duca d'Aosta Emanuele Filiberto di Savoia che prevedeva un incessante bombardamento in uno spazio molto ristretto tra il Monte Calvario e il San Michele. Al bombardamento avrebbe fatto seguito un'azione che prevedeva la conquista di alcune postazioni sicure sulla riva sinistra dell'Isonzo.
A differenza delle altre battaglie nella zona della 2a Armata questa partiva con un notevole vantaggio: nella primavera di quell'anno la 4a Divisione al comando del Gen. Montuori e del Col. Badoglio era riuscita ad avanzare verso la cima del Monte Sabotino a nordest di Gorizia. I genieri lavorarono rapidamente ed in poche settimane furono costruite diverse gallerie a ridosso delle postazioni austroungariche. Nel frattempo le Divisioni della 5a Armata che erano state trasferite in Trentino nel maggio del 1916 fecero ritorno sul Carso.
All'inizio di agosto si potevano quindi contare circa 200.000 soldati che all'alba del 6 agosto 1916 dettero inizio alla Sesta Battaglia dell'Isonzo. Il bombardamento si rivelò subito efficace tanto che Borojevic richiese inutilmente rinforzi.
Cadorna alle 16 dello stesso giorno ordinò alle tre colonne della 45a Divisione di attaccare sul Monte Sabotino. In appena 38 minuti supportati dall'artiglieria pesante i soldati guidati da Badoglio e dai Generali Gagliani e De Bono, raggiunsero la vetta esaltando lo stesso Vittorio Emanuele III che seguiva l'azione da una collina delle retrovie. Gran parte dei soldati dalmati che difendevano il monte si arresero mentre gli altri si rifugiarono nelle gallerie successivamente incendiate dai soldati italiani.
Quasi contemporaneamente, alle 15.30 era iniziato anche l'attacco al Monte San Michele. Le Brigate "Catanzaro" "Brescia" e "Ferrara" riuscirono in poco tempo a raggiungere la vetta mentre gli austroungarici si ritirarono in attesa del contrattacco notturno. Questo però fallì in mancanza di riserve impegnate sul Monte Sabotino.
Il 7 agosto dopo oltre 14 mesi di guerra e un totale di 110.000 perdite tra cui 20.000 morti il Monte San Michele passò sotto il controllo dell'esercito italiano.

Data Dal 4 agosto al 17 agosto 1916
Luogo GoriziaItalia
Esito Vittoria italiana
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
22 divisioni 9 divisioni
Perdite
51.000 (21.000 morti circa) 40.000 (9.000 morti circa)

Data 14 settembre-18 settembre 1916
Luogo Valle del fiume Isonzo
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
240 battaglioni, 1.150 pezzi di artiglieria 150 battaglioni, 770 pezzi di artiglieria
Perdite
21 144
(secondo altre fonti: 17 500)

L'OTTAVA BATTAGLIA DELL'ISONZO

10 - 12 OTTOBRE 1916

 

Il 10 ottobre, sempre sul Carso, iniziava l'Ottava Battaglia dell'Isonzo.
Dopo il consueto bombardamento a carattere distruttivo le brigate dei corpi d'attacco uscirono dalle trincee. A sera sul Carso in alcuni punti si erano sorpassate le posizioni austriache di poche centinaia di metri, poi le truppe erano state costrette a fermarsi sotto il fuoco nemico: lungo il fiume Vipacco erano stati conquistati dei tratti della prima linea nemica senza poter andar oltre.
L'11 ottobre riprendeva la battaglia, contemporaneamente le artiglierie italiane ed austriache iniziavano un furioso bombardamento mentre le truppe si scontravano sul campo. A sera erano stati conquistati altri tratti di trincee nemiche.
Il 12 gli austriaci tentavano una serie di contrattacchi per la riconquista delle posizioni perdute, sempre respinti con sanguinose perdite e la cattura d centinaia di prigionieri. Ciò fece sì che la battaglia cessasse per consentire il rafforzamento sulle nuove posizioni.
Dal 10 al 12 ottobre si ebbero 23.802 soldati e 782 ufficiali persi tra gli italiani e 39.800 e 813 ufficiali tra gli austriaci.

Con l'Ottava Battaglia le linea del fronte era arrivata a pochi chilometri dalle difese della città di Trieste. Gli austriaci per respingere il fronte ed avere più truppe sulle nuove linee arretrarono di alcune centinaia di metri abbandonando in pratica il Vallone di Gorizia e ritirandosi su una nuova linea che faceva perno sul Monte Santo e verso il mare si appoggiava alle colline dell'Hermada.
Pochi giorni dopo la fine della 7a Battaglia dell'Isonzo il Comando Supremo decise di proseguire l'offensiva di sfiancamento contro l'esercito austroungarico. Il 30 settembre ripresero i bombardamenti che precedevano l'azione ma furono interrotti dopo poco tempo per le avverse condizioni metereologiche. Borojevic potè così continuare ancora per qualche giorno la riorganizzazione delle difese in attesa delle due divisioni promesse da Conrad.
Dopo le abbondanti piogge il 9 ottobre riprese il bombardamento alla prima linea austroungarica. L'attacco italiano prevedeva un'azione della 3a Armata nella zona di Nova Vas un piccolo villaggio tra Doberdò del Lago e Kostanjevica e una penetrazione più a nord da parte della 2aArmata.
Il 10 ottobre l'attacco vide piccoli progressi da parte d quest'ultima, mentre gli uomini del Duca d'Aosta vennero respinti con forza. Essi raggiunsero Iamiano, un piccolo villaggio a sudest di Doberdò che non riuscirono a mantenere sotto il loro controllo. I fucilieri cechi appostati sulla quota 144 nei pressi del Lago di Pietrarossa riuscirono a respingere tutti i tentativi italiani.
Ancora una volta il numero di uomini caduti feriti o catturati in soli tre giorni di battaglia da entrambi gli eserciti fu impressionante. Sia l'Italia che l'Austria-Ungheria persero circa 25.000 uomini mentre Iamiano fu completamente rasa al suolo. Vale la pena sottolineare però come questa battaglia abbia rappresentato in teoria uno dei momenti più drammatici per l'Impero Absburgico.
Senza che Cadorna e gli Alti Comandi se ne rendessero conto la resistenza a Iamiano salvò il destino di quel fronte. I comandi austroungarici infatti dopo l'arretramento di agosto stavano ancora ripensando a come organizzare nuove linee difensive. In quei giorni un alto ufficiale mandato da Vienna in visita alla Valle del Vipacco propose di organizzare una nuova linea fortificata più indietro rispetto a prima di circa 2 km sfruttando così i labirintici percorsi di roccia e le numerose cavità naturali nei pressi del Monte Hermada. Quando i combattimenti raggiunsero Iamiano le nuove difese sull'Hermada erano ancora inadeguate e l'esercito di Casa Savoia se avesse continuato su questa strada sarebbe riuscito molto probabilmente a sfondare e proseguire verso Trieste.

Data Dal 10 ottobre al 12 ottobre 1916
Luogo MonfalconeItalia
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
20 divisioni 14 divisioni
Perdite
23.802 soldati e 782 ufficiali
(altre fonti parlano
di 20 100 morti)
39.800 soldati e 813 ufficiali
(altre fonti sostengono circa
25 000 morti altre ancora di 20 000)

LA NONA BATTAGLIA DELL'ISONZO

1 - 4 NOVEMBRE 1916

 

Il 1 novembre iniziava la Nona Battaglia dell'Isonzo con i consueti bombardamenti seguiti dall'attacco della fanteria. Verso sera l'11° Corpo d'Armata italiano aveva operato uno sfondamento del fronte nel suo settore occupando importanti posizioni sul Veliki Hribach e sul Pecinka, al contrario, il 13° Corpo d'Armata era stato fermato dalla violenta reazione avversaria.
Durante la notte l'attacco austriaco produsse un violento fuoco d'artiglieria sulle nuove posizioni del Veliki e del Pecinka tenute dalla 45a Divisione. Alle 4 le fanterie avversarie attaccavano in massa e solo la tenace resistenza della Brigata "Barletta" durata oltre 12 ore permetteva l'arrivo delle riserve salvando in pratica la situazione della 45a Divisione.
Il 2 novembre venivano conquistate nuove posizioni sull'altopiano carsico nella zona di Castagnevizza mente verso sud l'Hermada resisteva all'esercito italiano.
Per lo scarseggiare delle munizioni e considerate soddisfacenti le nuove posizioni conquistate, il Gen. Cadorna ordinava la sera del 2 la sospensione delle operazioni.
Il 3 e il 4 novembre la lotta riprendeva improvvisa per il ripiegamento degli austriaci su posizioni più arretrate, arretramento subito sfruttato dalle nostre truppe che la sera del 4 occuparono tutte le trincee del Monte Fajti.
Dal 1 al 4 novembre la 2a e la 3a Armata ebbero fuori combattimento circa 39.000 uomini gli austriaci 33.000.

Nei giorni successivi all'Ottava Battaglia dell'Isonzo i prigionieri russi ed i veterani delle milizie austroungariche proseguirono nella costruzione della nuova linea offensiva sul Monte Hermada. Il rischio corso ad inizio ottobre aveva allarmato i vertici militari asburgici: l'eventuale conquista di Trieste da parte del Regio Esercito avrebbe cambiato molte cose sul fronte isontino.
Alla fine del mese approfittando di un miglioramento delle condizioni atmosferiche gli italiani ripresero i bombardamenti verso le linee nemiche, che si intensificarono il 1 novembre nella zona di Doberdò e Oppachiasella.
La 3a Armata, con una concentrazione di 200.000 uomini in pochi chilometri, attaccò poco prima di mezzogiorno riuscendo a far arretrare gli austroungarici di alcuni chilometri. Il Dosso Fajti una collina di 430m e una delle principali alture della zona fu perso dagli uomini di Borojevic il 3 novembre, grazie all'azione della Brigata "Toscana".
Il generale austroungarico era consapevole che se l'attacco fosse continuato, lo sfondamento italiano sarebbe stato inevitabile. L'ultimo battaglione di riserva venne inviato sulla quota 464 vicino al Fajti per cercare di respingere l'avanzata dei soldati italiani sei volte più numerosi. Con una tenace resistenza la quota non fu presa e ancora una volta il fronte non cadde.
Il 4 novembre Cadorna decise di sospendere immediatamente le operazioni. I 39.000 uomini fuori combattimento erano troppi per quei pochi giorni di battaglia. Una scelta dettata anche a causa della stanchezza e del morale dei soldati che in quei giorni era piuttosto basso. Dalla fine di agosto erano stati uccisi o catturati almeno 130.000 uomini. Da più parti ormai si avevano proteste e aspre critiche sul modo di condurre la guerra e sul trattamento riservato ai soldati. Dal canto suo Cadorna rispose intensificando la censura ed infliggendo pene sempre più severe a coloro che esprimevano giudizi negativi o pessimistici sull'andamento della guerra.

Data 31 ottobre - 4 novembre 1916
Luogo Valle del fiume Isonzo
Esito L'esercito italiano avanza di pochi chilometri.
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
225 battaglioni, 1.390 pezzi di artiglieria 170 battaglioni, 990 pezzi di artiglieria
Perdite
39.000 ca. 33.000

BATTAGLIA DELL' ISONZO 5a - 6a -7a - 8a - 9a



Data 12 maggio - 5 giugno 1917
Luogo Valle del fiume IsonzoItalia
Esito Offensiva italiana respinta
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
430 battaglioni e 3.800 pezzi di artiglieria 210 battaglioni e 1.400 pezzi di artiglieria
Perdite
160.000
(36.000 morti)
125.000
(17.000 morti)


LUOGHI DELLA GRANDE GUARRA

LE BATTAGLIE DELL' ISONZO

1915 - 1917




FOTO BATTAGLIE DELL' ISONZO


PRIMO SBALZO OFFENSIVO

E PRIMA BATTAGLIA DELL' ISONZO



SECONDA BATTAGLIA DELL' ISONZO



TERZA BATTAGLIA DELL' ISONZO



QUARTA BATTAGLIA DELL' ISONZO




QUINTA BATTAGLIA DELL' ISONZO




SESTA BATTAGLIA DELL' ISONZO





SETTIMA BATTAGLIA DELL' ISONZO




OTTAVA BATTAGLIA DELL' ISONZO



NONA BATTAGLIA DELL' ISONZO