Nascita dell'Esercito Italiano

 

Le importanti riforme attuate dallo Stato Maggiore di Vittorio Emanuele II per riconvertire la vecchia Armata Sarda nel primo Esercito Italiano, iniziarono appena conclusa la seconda guerra di indipendenza, alla fine del 1859.

Il piccolo esercito regionale del Re di Sardegna non era più sufficiente ad assolvere i complessi compiti che invece avrebbe dovuto affrontare il nuovo esercito a base nazionale.

Le operazioni di riunione, di tutte le forze militari disponibili nel paese iniziarono negli ultimi mesi del 1859 concludendo una prima fase organizzativa nel marzo del 1861; infatti fu allora che, con nota n. 76 del 4 maggio 1861, il Ministro Fanti "rende noto a tutte la Autorità, Corpi ed Uffici militari che d'ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l'antica denominazione d'Armata Sarda".

Prima che anche i due restanti eserciti preunitari, il Borbonico ed il Garibaldino, venissero integrati, 1'Esercito presentava una struttura basata su cinque Corpi d'Armata dei quali quattro erano formati ognuno da tre divisioni, ciascuna con due brigate di Fanteria, due battaglioni Bersaglieri e tre batterie d'Artiglieria, più una brigata di Cavalleria su 3 reggimenti.
Fuori dai corpi d'armata c'era un'altra divisione di Cavalleria con quattro reggimenti e due batterie a cavallo.

I reggimenti di Fanteria e Cavalleria avevano rispettivamente ordinati su quattro battaglioni/squadroni.

L'Artiglieria comprendeva un totale di otto reggimenti di cui il 1° era di pontieri e operai, il 2°, 3° e 4°, appartenevano all'artiglieria da piazza, su 12 compagnie ciascuno, il 5°, 6°, 7° ed 8°, erano "da campagna" con 12 batterie ciascuno.

Le batterie a cavallo erano parte del 5° reggimento.

Il Genio venne ordinato su due reggimenti di 16 compagnie ciascuno.


In tempo di pace l’esercito italiano era suddiviso in tre forze:

Esercito in servizio permanente: formato dalle classi di età chiamate alla leva obbligatoria della durata di 2 anni.
All’atto del congedo si entrava a far parte della:


Milizia mobile: formata dai congedati ancora in vigore fisico ma già con vincoli ed interessi nella vita privata; poteva contare sulla carta su 900 compagnie di fanteria, 60 di artiglieria e 10 di genio.

Durante la guerra del 1915-18 la milizia mobile arrivò ad avere circa 10 divisioni, rappresentando così un vero e proprio secondo esercito subito alle spalle della prima linea del fronte.


Milizia territoriale: comprendeva i più anziani, era prevalentemente adibita alle scorte dei prigionieri di guerra e solo eccezionalmente collaborava alle azioni dell'esercito (così sarà nel 1916 quando furono proprio i “vecchi” della territoriale a fermare gli austriaci sul monte Cengio).


In caso di guerra, con la mobilitazione generale, l’esercito permanente poteva arrivare a 725.000 effettivi, di cui 14.000 ufficiali di carriera, 16.000 fra ausiliari e di complemento, 17.000 graduati, 25.000 carabinieri, 653.000 soldati. Con il richiamo della milizia mobile si arrivava ad un totale di 1.393.000 uomini in grigio verde, con la milizia territoriale a circa 2.000.000.
Alla Prima Guerra Mondiale parteciparono cittadini di sesso maschile nati tra il 1874 ed il 1899, ed anche volontari di classi più vecchie o più giovani.


BREVE RIASSUNTO DELLA GRANDE GUERRA 1914-1918 

 L'ITALIA NELLA GRANDE GUERRA



I PRODROMI

 

Nel 1914 nulla poteva evitare la guerra.

A causa di un eccezionale sviluppo industriale erano a disposizione di quasi tutte le nazione europee grandissime quantità di armi micidiali e di flotte militari sempre piu' agguerrite.

Francia e Inghilterra volevano bloccare l'espansionismo tedesco e la sua crescente, inarrestabile egemonia industriale e scientifica.

La Francia voleva la rivincita dopo i fatti d'arme del 1870 e voleva riprendersi l'Alsazia e la Lorena.

L'Austria e la Russia speravano di risolvere le loro difficoltà con una politica estera particolarmente aggressiva ed espansionistica.

 

IL PRETESTO DI SARAJEVO

 

L'attentato di SarajevoLa scintilla della guerra scocco' il 28 giugno 1914, a Sarajevo, la capitale bosniaca.

In un attentato, di matrice estremistica, persero la vita il granduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, e la consorte. L'Austria decise unilateralmente di considerare la Serbia responsabile dell'attentato perché essa dava rifugio agli indipendentisti slavi.

Si voleva dare un buon esempio di severità a tutti i popoli dell'impero e di porre termine ai numerosi moti rivoluzionari e sovversivi della penisola balcanica, riducendo praticamente al silenzio la Serbia.

I generali Austriaci prevedevano una rapida e semplice campagna militare priva di ostacoli significativi.

La Germania sognava la formazione di un grande stato formato da tutte le nazioni di lingua tedesca.

L'impero Russo, a sua volta, ambiva a riunire sotto di sé tutti i popoli di lingua slava, quindi scese in campo in aiuto della Serbia ordinando la mobilitazione del proprio esercito.

 

Appena l'Austria dichiarò guerra alla Serbia fu messo in moto l'automatismo delle alleanze e delle mobilitazioni: in pochi giorni ebbero luogo le dichiarazioni di guerra.

A fianco di Germania e Austria si schierarono Turchia e Bulgaria, il Giappone e la Romania si schierarono a fianco della Triplice Intesa.

Socialisti e cattolici si schierarono decisamente per la pace, ma non furono presi in considerazione.

Non fu presa in considerazione neanche la durissima condanna pronunciata dal papa Benedetto XV, che considerò la guerra come il risultato dell'egoismo, del materialismo e della mancanza di grandi valori morali e spirituali.

Soltanto l'Italia di Giolitti mantenne la calma: la Triplice Alleanza era un patto difensivo, e siccome Austria e Germania non erano state aggredite, ma avevano dichiarato guerra per prime, l'Italia sostenne di non avere alcun obbligo di schierarsi al loro fianco.

 

 

PIANI DI INVASIONE CONCRETIZZATI

 

Da molti anni gli stati maggiori di Francia e Germania si stavano preparando a una guerra che ritenevano inevitabile.L'Europa del 1914 (clicca per ingrandire) 

La Francia aveva fortificato il confine con la Germania, quest'ultima invece aveva pronti i piani per un attacco fulmineo che portasse le sue truppe a Parigi in poco tempo, così come era successo nel 1870. Appena dichiarata la guerra ed iniziata la mobilitazione il grosso delle truppe francesi furono ammassate lungo il confine tedesco.

La mobilitazione delle forze russe avveniva invece molto lentamente per la scarsezza di mezzi di trasporto e l'insufficienza di strade e ferrovie.

Così la Germania pensò di riversare tutte le sue forze contro la Francia, di sconfiggerla rapidamente e poi rivolgersi contro la Russia sul fronte orientale. Per poter effettuare questo piano di guerra lampo la Germania doveva evitare le potenti fortificazioni francesi costruite sul confine: perciò l'esercito tedesco invase il Belgio, che era neutrale, per assalire le truppe francesi alle spalle.

I tedeschi, dopo un mese di aspri combattimenti, giunsero a quaranta chilometri da Parigi, ma sul fiume Marna furono bloccati e respinti alla fine di una battaglia durissima.

La non prevista guerra di posizione Fallisce ben presto l'illusione della guerra lampo.

Questo succede perché scavando delle trincee e attendendo l'assalto del nemico il difensore è fortemente avvantaggiato sull'attaccante.

Gli assalti, infatti, sono ancora effettuate dal fante armato di fucile che si scaglia contro le mitragliatrici nemiche sistemate sui bordi della trincea o dietro un riparo ben munito.

Dopo la battaglia della Marna le truppe tedesche e franco-britanniche si fronteggiarono lungo una linea che andava dalla Manica alla Svizzera.

La guerra di movimento si trasformò in guerra di posizione.

I soldati furono costretti a vivere dentro trincee lunghe centinaia di chilometri, nella sporcizia e sotto le intemperie, su un fronte praticamente fermo.

 

LA GERMANIA ATTACCA SUL FRONTE ORIENTALE

 

Immagine satirica del KaiserNel frattempo a oriente l'esercito tedesco riuscì a occupare la Polonia dopo due vittorie ottenute presso i laghi Masuri e Tannenberg.

Il fronte austro-russo, a sud, si estendeva per centinaia di chilometri, senza alcun avanzamento da parte dei contendenti.
Gli stati europei si gettarono nell'avventura della guerra sottovalutandone completamente i costi economici ed umani.

Essi affrontarono quasi con leggerezza la tragica avventura poiché pensavano a una guerra breve come quelle che si erano combattute nell'800.

Anzi ritenevano che la potenza delle nuove armi avrebbero ancora di più accelerato i tempi della conclusione. 

Altro errore di prospettiva fu quello di pensare che la supremazia in Europa avrebbe avuto di conseguenza il dominio sul mondo, ma questo calcolo ignorava la nascita di due nuove superpotenze: gli USA e il Giappone, le quali uscirono fortemente rafforzate dal conflitto, mentre l'Europa ne uscì gravemente indebolita sia per le perdite umane che per i costi economici.

Si immaginava, infine, questa guerra come le altre precedenti, con vittime, costi e conseguenze gravi, ma in qualche modo limitate e prevedibili: con dei vincitori che avrebbero acquistato nuovi territori e maggiori mercati e degli sconfitti che li avrebbero perduti.

 

INTERVENTISMO E NEUTRALISMO ITALIANO

 

La maggior parte degli Italiani era per non entrare in guerra a fianco degli Austriaci che occupavano ancora i territori di Trento e Trieste.

Predominante era in Italia il partito dei neutralisti, ma la minoranza interventista era comunque dell'avviso di cambiare alleanza e di schierarsi contro l'Austria.

I cattolici e buona parte dei socialisti erano contro la guerra. 

Gabriele D'AnnunzioI socialisti sostenevano che la guerra era un affare tra capitalisti che lottavano per il predominio imperialista dell'Europa, mentre i proletari di tutto il mondo dovevano sentirsi fratelli. 

Giolitti, che poco tempo prima aveva lasciato la presidenza del consiglio, si era impegnato per mantenere la neutralità italiana.

Egli era sicuro che gran parte del territorio italiano ancora occupato dall'Austria ("parecchio", come lui stesso affermò) poteva essere ottenuto mediante trattative diplomatiche.

Le forze interne ed esterne che spingevano l'Italia verso la guerra erano molto forti.

In La grande industria vedeva nella guerra un'occasione unica e grandiosa di espansione economica grazie alle forniture per l'esercito.

I maggiori quotidiani italiani cavalcavano le tesi dei nazionalisti e attaccavano in maniera violenta i neutralisti fino a definire traditore Giolitti.

Molte manifestazioni di piazza si svolgevano a favore della guerra e molti interventisti tra cui Gabriele D'Annunzio vi pronunciavano infuocati discorsi patriottici.

Anche dall'estero le spinte non mancavano: l'Italia importava il 90% del suo carbone dall'Inghilterra e dipendeva da Inghilterra e Francia anche per altre importanti materie prime: questo era un formidabile strumento di pressione nelle mani dell'Intesa.

Nel mese di aprile 1915 il governo italiano firmò a Londra un patto segreto nel quale l'Italia s'impegnava ad entrare in guerra con Francia e Inghilterra.

I giornali sottovalutavano i costi e le conseguenze della guerra.

Il RE era decisamente favorevole alla guerra.

Il Parlamento, ancora contrario, fu praticamente obbligato ad approvare il patto di Londra. Il 24 maggio 1915 anche l'Italia entrò in guerra a fianco dell'Intesa.

 

IL PRIMO ANNO SUL FRONTE ITALIANO

 

Calibro 320 e Alpino ItalianoIl fronte italiano costituiva una linea che congiungeva il lago di Garda con Gorizia attraversando l'altopiano di Asiago, i monti del Cadore e della Carnia fino all'altopiano della Bainsizza e ai monti Sabotino e San Michele.
Anche se non mancavano i volontari la grandissima maggioranza dei militari fu costituita dai richiamati provenienti soprattutto dalle regioni meridionali.

Alcune brigate divennero celebri come la Brigata Sassari, la Trapani, Cosenza, Catanzaro ecc. Anche gli Italiani furono bloccati in una guerra di trincea contrassegnata da lunghe pause alternate ad assalti ferocissimi e inutili che comportavano ogni volta migliaia di vittime.
Il solo risultato positivo si ebbe nel mese di agosto 1916 con la conquista di Gorizia, avvenuta dopo che i soldati italiani avevano respinto la cosiddetta "spedizione punitiva" (Strafeexpedition) degli Austriaci sull'altipiano di Asiago.

Nel solo primo anno di guerra gli Italiani persero 250.000 uomini tra morti, feriti e dispersi.

 

Il ANNO 1916

 

La guerra di trincea rendeva obbligatori fronti lunghi migliaia di chilometri che occupavano milioni di combattenti.

Tutti gli stati belligeranti furono costretti ad adottare l'arruolamento obbligatorio.

Milioni di donne furono impiegate nelle fabbriche addette alla produzione di materiale militare.

Le due grandi e sanguinosissime battaglie combattute in Francia intorno alla fortezza di Verdun e sulla Somme non servirono a far avanzare di un metro le linee dei contendenti. Avviene l'esordio, ancora non decisivo per gli esiti della guerra, di nuove armi:

gli aerei, i carri armati, i gas e i lanciafiamme.

Gli aerei inizialmente combattevano tra loro e mitragliavano le trincee dall'alto, rarissimamente bombardarono le città.

 

 

SUL MARE

 

Gli inglesi, con la loro lotta, bloccavano i porti tedeschi per impedire i rifornimenti. 

Una sola battaglia navale fu combattuta nel 1916 tra la flotta inglese e quella tedesca.

Gli Inglesi persero 3 corazzate e 3 incrociatori, i tedeschi persero 2 corazzate e 4 incrociatori.

Alla fine della battaglia la flotta tedesca rientrò nei porti di partenza.

Entrambi i contendenti si dichiararono vincitori, ma il controllo dei mari continuò a rimanere nelle mani degli Inglesi.

I tedeschi furono pesantemente danneggiati dal blocco navale inglese.

Dopo la battaglia dello Jutland i tedeschi combatterono la guerra sui mari solo con i sottomarini e con le navi corsare.

Vittime di questi sottomarini furono le navi di rifornimenti provenienti dagli USA e destinati all'Inghilterra.

Questo sarà uno dei motivi che alla lunga provocherà l'intervento diretto degli Stati Uniti nella guerra.

ANNO 1917: L'ANNO DELLA CRISI

 

Nel 1917 l'orrendo macello era ormai sotto gli occhi di tutti e non si vedevano sbocchi. Niente poteva giustificare tante stragi e sofferenze.

Il Papa Benedetto XV continuava a lanciare appelli per la pace e per far finire la guerra, definita vergogna dell'Umanità.

La popolazione europea era stanca per la fame e le sofferenze, inoltre aveva visto le migliaia di profughi tornato a casa orrendamente mutilati. 

Carro Armato MKI IngleseMancavano i contadini nei campi e gli operai nelle fabbriche, le donne, i vecchi e i bambini dovevano occuparsi di tutto.

Non c'era una famiglia che non lamentasse qualche vittima della guerra.

Mancavano quasi del tutto lo zucchero, il burro, la carne.

Il pane, la pasta, la verdura vennero razionati.

Al malcontento dei familiari dei soldati si univa il morale bassissimo di questi ultimi che trascorrevano il tempo nell'attesa di sanguinosi assalti di cui non si scorgeva lo scopo visto che non ottenevano alcun risultato.

Numerosi furono gli episodi di diserzione, di automutilazione e di ammutinamento, molti giovani richiamati si rendevano colpevoli di renitenza alla leva.

Numerosi furono i processi e le fucilazioni di militari.

 

LA RUSSIA SI RITIRA

 

In Russia, nella primavera del 17 scoppiarono diverse rivolte che costrinsero lo Zar Nicola II all'abdicazione.

L'esercito stanco e sfiduciato si sfaldava, i soldati a milioni tornavano a casa.

Il partito bolscevico di Lenin prendeva il potere e Lenin firmava l'armistizio di Brest-Litovsk (dicembre 1917) e poi il trattato di pace con la Germania. 

La Russia usciva così dal conflitto perdendo Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia.

 

 

GLI USA IN GUERRA

 

Il ritiro della Russia sembrava aver dato un duro colpo alle speranze di vittoria del fronte anglo-francese-italiano.

Germania e Austria riversarono contro il fronte francese e quello italiano le truppe rese libere dal disimpegno della Russia. 

A questo punto avviene l'ingresso decisivo nel conflitto degli Stati Uniti d'America.

Gli Americani erano rimasti molto colpiti dagli affondamenti delle navi civili operate dai tedeschi e in particolare dall'affondamento del transatlantico Lusitania che aveva provocato la morte di 124 cittadini americani.

Nel mese di aprile del 1917 il governo USA dichiarò guerra alla Germania: questo comportò l'arrivo in Europa non solo di truppe fresche, ma di viveri, materiali, prestiti.

L'esercito italiano era logorato dopo 12 inutili assalti sul fiume Isonzo.

Il comando Austriaco scaglia contro gli Italiani le truppe che tornavano dal fronte orientale. L'attacco sfondò lo schieramento italiano a Caporetto tra il 24 e il 30 ottobre 1917.

Tutto il fronte italiano dovette ritirarsi per evitare che parte delle truppe rimanessero accerchiate o isolate.

Tale ritirata, non essendo stata programmata, si trasformò in una disfatta.

Furono perse intere divisioni e una quantità ingente di materiali.

Migliaia furono i profughi civili costretti ad abbandonare le loro case.

Per fortuna, quando tutto sembrava perduto, il paese seppe reagire con fermezza.

Il generale Armando Diaz sostituì il generale Cadorna, a Roma fu costituito un governo di solidarietà nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando.

L'intero parlamento appoggiò questo governo, l'esercito fu riorganizzato rapidamente, l'avanzata austriaca fu bloccata sul Piave, sull'altipiano Asiago e sul Monte Grappa.

Ormai per l'Austria e la Germania non c'erano più speranze.

 

ANNO 1918 COLLASSO ECONOMICO DI AUSTRIA E GERMANIA

 

Dal punto di vista esclusivamente militare le cose per Austria e Germania non andavano male: le truppe austriache erano avanzate fino al Piave, la Russia si era ritirata con gravi perdete territoriali, il fronte occidentale era fermo.

Ma era dal punto di vista delle risorse che Austria e Germania non ce la facevano più: le campagne erano state abbandonate, le materie prime mancavano, il razionamento alimentare aveva colpito anche le truppe.

Senza viveri e rifornimenti Austriaci e Tedeschi furono costretti alla resa.

 

 

L'attacco a Sagrado e Monfalcone della 3° Armata

Azione di guerra 8 - 9 Giugno 1915

L'attacco a Sagrado e Monfalcone della 3° Armata

L’ordine del Comando Supremo italiano nr. 6 del giorno 7 giugno 1915, indicava come urgente il prosieguo dell’attacco al ciglione carsico da parte della 3° armata; diventava quindi necessaria l’occupazione del paese di Sagrado, sulla sponda sinistra dell’Isonzo, operazione resa più difficile per la distruzione del ponte di ferro operata dal nemico nelle prime ore di guerra.

La 2° armata doveva concorrere all’azione con uno sbalzo delle sue truppe sino alla sponda destra dell’Isonzo e un forte attacco alla linea austriaca del Podgora.

Per l’azione il Comando Supremo mise il VI Corpo (11° e 12° divisione, brigate Pavia, Pistoia, Re, Casale) alle dipendenze della 2° armata del generale Frugoni.
Nel pomeriggio del giorno 8 giugno le brigate di fanteria del VI Corpo iniziarono l’avvicinamento al Podgora, accolte dal tiro incrociato dell'artiglieria nemica che le obbligò a sostare ai piedi del monte.

Dalla testa di ponte di Pieris, costituita nei giorni precedenti, la 13° e 14° divisione del VII Corpo tentarono l’allargamento dell'occupazione: obiettivi Selz, Monfalcone ed il monte Sei Busi.

L’operazione fu bloccata dal nemico su tutta la linea.
Per proseguire gli attacchi al pianoro carsico divenne essenziale la conquista del tratto Sagrado - Redipuglia. Davanti a Sagrado la 21° divisione, sulla sponda destra appena sopra il ponte di ferro distrutto, aveva in linea la Brigata Pisa, cui venne ordinato il guado del fiume con un forte raggruppamento per proteggere il gittamento dei ponti mobili.

Per la scarsità del materiale da ponteggio, fu deciso di utilizzare un isolotto di ghiaia al centro dell’Isonzo, 200 metri a monte del ponte di ferro, da collegare con passerelle alle sponde destra a e sinistra.

I lavori iniziarono alle 22,30 del giorno 8 e verso la mezzanotte l’isolotto venne raggiunto.

Dalle trincee un battaglione del 30° fanteria della brigata Pisa sfilò sulla passerella prendendo posizione tra le ghiaie; alle 5 del giorno 9 giugno il ponte fu terminato e le truppe italiane occuparono la sponda sinistra, spingendosi sino alla ferrovia.
Fu il segnale per la reazione nemica: la fanteria austriaca attaccò i reparti della Pisa, mentre l’artiglieria prese a battere la passerella di collegamento danneggiandola gravemente.

Sotto la pressione austriaca i reparti italiani indietreggiarono sino alla riva del fiume, poi, finite le munizioni e non potendo ricevere aiuti, i superstiti raggiunsero l’isolotto di ghiaia trincerandosi alla meglio.

Solo nella notte iniziò il ripiegamento, che poté essere completato nei giorni seguenti.

La mancata conquista del paese di Sagrado ebbe come effetto non secondario di rendere impossibile la chiusura della presa del canale Dottori; l’acqua che continuava a fuoriuscire dalle falle praticate negli argini, allagò il tratto di pianura tra la base del pianoro del Carso e il fiume Isonzo, dove sostavano le truppe italiane passate nei giorni precedenti.
Per questo motivo la 13° divisione riprese gli attacchi da Selz a Monfalcone con le brigate Granatieri e Messina, mentre la 14° divisione tentava l’occupazione del colle di Sant’Elia davanti a Redipuglia.

Verso mezzogiorno del giorno 9 reparti della Messina occuparono Monfalcone e le alture della rocca, mentre i Granatieri faticosamente si impossessarono della quota 61 sopra Selz.

Per l’ordine del Comando Supremo di non impegnare energica azione davanti ad una ostinata reazione avversaria, fu ordinata la sosta ed il rafforzamento sulle posizioni raggiunte nel pomeriggio.
Più a monte, la brigata Acqui della 14° divisione, col 17° fanteria, avvolse il Sant’Elia; causa l’inondazione e l’impossibilità di manovrare, a sera dovette poi ritirarsi sotto il tiro dell’artiglieria nemica.

L’efficace azione portata dalle brigate Granatieri e Messina della 13° divisione, costrinse i reparti austriaci a ritirarsi nelle trincee che andavano dalla quota 121 alla quota 77, la nuova prima linea comprendeva i monti Cosich e Debeli, scendeva poi verso il mare Adriatico nelle paludi del Lisert.

Monfalcone era occupata saldamente dalle truppe italiane.

La mancata conquista di Sagrado da parte della 21° divisione (Brigata Pisa), aveva avuto riflessi negativi sui tentativi della 14° divisione per aprirsi la strada verso il monte Sei Busi, sopra il paese di Redipuglia. Ricognizioni aeree confermarono accampamenti e truppe in marcia nella valle del Vippacco dirette al fronte dell’Isonzo. Inoltre l’allagamento andava aumentando.
Il Comando Supremo, preso atto della mancata occupazione di Sagrado, con l’ordine di operazioni n.7 in data 11 giugno ore 23, prescrisse di 'vincere la resistenza con adeguato concentramento di forze e di mezzi, specialmente tecnici'.
Alla 3^ armata venne ordinato di mantenere contegno difensivo sulla fronte M.Fortin - Sagrado (XI Corpo d’armata), e procedere alla espugnazione delle posizioni nemiche sulla fronte Sagrado-Monfalcone (VII Corpo d’armata).

Cadorna ordinò pure che una robusta linea difensiva venisse organizzata lungo la linea M.Quarin- Collina di Medea -Versa- destra del Torre e dell’Isonzo (X Corpo d’armata).

Isonzo, il terreno delle grandi battaglie


L'Isonzo ha le sorgenti nel massiccio del Mangart e, con direzione generalmente verso sud, dopo 130 chilometri di corso tortuoso sfocia in Adriatico vicino a Monfalcone.
Il bacino del fiume si sviluppa per circa tre quarti in territorio montano, fra le gole continue e pareti a picco delle Alpi Giulie, da un lato, e le propaggini del massiccio del Canin e di monte Maggiore dall'altro.

Nella prima parte del percorso, l'Isonzo riceve le acque del Coritenza a destra e del Tolminca e Idria a sinistra; gli unici slarghi dell'alveo sono presso le conche di Plezzo, Caporetto e Tolmino, poco oltre il fiume si insinua di nuovo tra pareti a picco.
Nel tratto Doblar - Plava, l'approccio alle sue rive è meno faticoso per la presenza di campi coltivati e di sentieri; a Salcano, presso Gorizia, il fiume sbocca in pianura e corre liberamente sino al mare dopo aver lambito il piede del pianoro del Carso.
L'Isonzo costituiva per gli Austriaci una linea naturale di difesa, solidamente appoggiata al campo trincerato di Predil in Carnia e di Gorizia; le sponde del fiume sono sempre coperte da una doppia linea di colline, poco elevate ma scarsamente praticabili, la corrente si mantiene sempre impetuosa, e bastano poche piogge per creare piene improvvise.
Nel corso alto e medio sino a Salcano, non vi erano possibilità di guadi sicuri e ampi per operazioni militari importanti, ciò spinse il nostro Comando Supremo a tentare lo sfondamento delle linee nemiche nei settori della 2a e 3a Armata che erano appunto schierate, grosso modo, da Tolmino al mare.


VIDEO CHE SPIEGANO LA GRANDE GUERRA


I MUSEI STORICI DELLA GRANDE GUERRA’


La “Grande Guerra” svoltasi tra gli anni 1915 - 1918 è stata una delle prove più dure e rappresentative del valore dell’Esercito italiano.

Oggi, a più di ottant’anni dalla fine di tale conflitto restano ancora numerose tracce di esso nei territori dove si svolsero i combattimenti: si tratta di edifici ed opere murarie come forti, trincee, camminamenti, caverne e gallerie attrezzate, cimiteri dismessi, lapidi e iscrizioni nella pietra, e , inoltre, cippi per indicare le sepolture di soldati, armi ed oggetti di ogni genere ..

La memoria collettiva - sostenuta da sentimenti di pietà e di rispetto per i combattenti caduti in quei luoghi - cerca di sottrarre all’incuria e alla definitiva scomparsa nel flusso del tempo tali tracce, trasformandole in oggetti di interesse escursionistico, divulgativo ed educativo, soprattutto per le nuove generazioni ed al più ampio pubblico.

E’ un modo di straordinaria efficacia per “raccontare la guerra”, dove l’emozione prodotta dall’area monumentale si congiunge con l’intervento di natura didattica dell’esposizione museale.

Viene reso evidente, così, il punto di vista delle diverse parti in causa, delle nazioni e dei popoli coinvolti nel conflitto, operando nei fatti il superamento di un ormai inadeguato approccio nazionalistico o populistico, in favore del dialogo internazionale e della costruzione di una comune cultura europea, mostrando come si possa, oggi, raccontare la guerra con uno spirito di pace e collaborazione internazionale.

A titolo indicativo riportiamo una serie di schede di musei storico-militari dedicati alla alla Grande Guerra 1915-18, evidenziandone gli aspetti salienti e più utilizzabili in ambito didattico.

 

Si rimanda in ogni caso ai siti sull’argomento disponibili su internet :

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:

 


LINK DEL RIASSUNTO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE





ARCHIVIO BOLLETTINI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915 - 1918



CONSIDERAZIONI:                                                              L'EUROPA E L'ITALIA PRIMA

 E DOPO IL GRANDE CONFLITTO

L'EUROPA È DIVISA IN DUE GRANDI BLOCCHI DI POTENZE IN ATTRITO TRA LORO PER INTERESSI ECONOMICI E MIRE ESPANSIONISTICHE, SIA NEL VECCHIO CONTINENTE, SIA PER IL POSSESSO DELLE COLONIE AFRICANE ED ASIATICHE.

 

I RAPPORTI TRA L'ITALIA E L'ALLEATO AUSTRIACO, NONOSTANTE GLI ACCORDI, NON ERANO PARTICOLARMENTE FELICI.

LA GIOVANISSIMA ITALIA, RIUNITA SOLO QUALCHE DECENNIO PRIMA, AMBIVA AD ANNETTERE ANCHE I TERRITORI TRENTINI E GIULIANI AGENDO DA AMPLIFICATORE DEGLI SPIRITI RISORGIMENTALI.

LA NOBILE E DECADENTE AUSTRIA, ALL'APICE DELLA SUA POTENZA, GUARDAVA CON SOSPETTO E SNOBISMO ALLO SCOMODO ALLEATO ED AVEVA MIRE ESPANSIONISTICHE NELLA PENISOLA BALCANICA.

 

FU A CAUSA DEL CONTRASTO TRA INGHILTERRA E GERMANIA CHE IL GOVERNO ITALIANO ASSUNSE, DI FATTO, UN ATTEGGIAMENTO INDIPENDENTE NEI CONFRONTI DEI PROPRI ALLEATI INIZIANDO UNA POLITICA DI AVVICINAMENTO A FRANCIA ED INGHILTERRA.

GRAZIE A QUESTE ABILI MOSSE POLITICHE, L'ITALIA EBBE IL BENESTARE DALL'"INTESA" PER L'OCCUPAZIONE DELLA LIBIA.

 

LA SITUAZIONE PORTÒ, NEL PRIMO DECENNIO DEL NOVECENTO, AD UNA GRANDIOSA CORSA AGLI ARMAMENTI, SCATENANDO TRA L'ALTRO UN NOTEVOLE BOOM ECONOMICO. LA GERMANIA ARRIVÒ A DISPORRE DEL PIÙ POTENTE ED AGGUERRITO ESERCITO DEL MONDO.

28 GIUGNO 1914

LA MICCIA CHE FECE ESPLODERE IL CONFLITTO, FU IL MORTALE ATTENTATO DI SARAJEVO ALL'EREDE AL TRONO AUSTRIACO, MA I MOTIVI PRINCIPALI POSSIAMO SINTETIZZARLI IN

CONTRASTO ANGLO-GERMANICO: PER LA POLITICA IMPERIALISTICA DI GUGLIELMO II CHE MINACCIAVA GLI INTERESSI COLONIALI INGLESI

CONTRASTO FRANCO-GERMANICO: PER IL DESIDERIO FRANCESE DI RIPRENDERSI I TERRITORI DELL'ALSAZIA E DELLA LORENA

CONTRASTO AUSTRO-RUSSO: PER LA POLITICA ESPANSIONISTICA NEI BALCANI A DANNO DEI POPOLI SLAVI, DEI QUALI LA RUSSIA SI CONSIDERAVA LA NATURALE PROTETTRICE

CONTRASTO AUSTRO-SERBO: PER L'ANNESSIONE DELLA BOSNIA E DELLA ERZEGOVNIA

CONTRASTO AUSTRO-ITALIANO: PER IL DESIDERIO ITALIANO DI RIUNIRE LE TERRE IRREDENTE

L'INVASIONE DELLA SERBIA, RIFIUTATASI DI ACCETTARE PESANTI CONDIZIONI, FU INEVITABILE.

 

POCO DOPO LA GERMANIA DICHIARÒ GUERRA ALLA RUSSIA E ALLA FRANCIA SUA ALLEATA. DOPO L'AGGRESSIONE DEL BELGIO, ANCHE L'INGHILTERRA SI UNÌ AGLI ALLEATI E, A CATENA, IL LONTANISSIMO GIAPPONE CHE MIRAVA AI POSSEDIMENTI TEDESCHI IN ORIENTE.

 

L'ITALIA, TEMPOREGGIANDO CON CAVILLI POLITICI CHE NON LA OBBLIGAVANO, NON ESSENDO AGGREDITI MA AGGRESSORI, A SCHIERARSI CON GLI SCOMODI E TEORICI ALLEATI GERMANICI, MANTENNE FINO L'ANNO SUCCESSIVO LA PROPRIA SCALPITANTE NEUTRALITÀ.

 

I MOVIMENTI IRREDENTISTI SI FACEVANO SEMPRE PIÙ VIVI E, RITENENDO SCIOLTO IL VINCOLO CON GLI ALLEATI, IL 24 MAGGIO 1915 DICHIARÒ GUERRA ALL'IMPERO AUSTRO-UNGARICO. L'INTERVENTO FU DI GRAN VANTAGGIO PER L'INTESA FRANCO-RUSSO-INGLESE IN QUANTO SOTTRASSE NUMEROSE TRUPPE AUSTRIACHE DAI FRONTI EUROPEI.

 

E' DA TENERE PRESENTE, TUTTAVIA, CHE LA PARTECIPAZIONE AL CONFLITTO, IN ITALIA, ERA PARTICOLARMENTE SENTITA SOLO DAGLI INTELLETTUALI (G.D'ANNUNZIO) MA VISTA CON MOLTO DISTACCO DALLE POPOLAZIONI, SPECIE CONTADINE.

 

SOLO DOPO LA DISFATTA DI CAPORETTO, 24 OTTOBRE 1917, L'ITALIA INTERA PRECIPITA NEL TERRIBILE INCUBO ACCORGENDOSI DI COLPO CHE IL RISORGIMENTO, E CON ESSO LE GUERRE DI STAMPO ANCORA MEDIOEVALE, È FINITO PER SEMPRE E SI TROVA COINVOLTA IN UNA GUERRA TOTALE.

 

SONO USATE TUTTE LE PIÙ MODERNE TECNOLOGIE. FANNO LA LORO COMPARSA, PER LA PRIMA VOLTA, I CARRI ARMATI, LE BOMBE A GAS, I SOMMERGIBILI E GLI AEROPLANI CHE BOMBARDANO LE GRANDI CITTÀ DELLA PIANURA COME PADOVA E VENEZIA (DISTRUTTO IL SOFFITTO DEL TIEPOLO NELLA CHIESA DEGLI SCALZI).

 

LA GEOGRAFIA DELL'EUROPA CHE NE USCÌ FU COMPLETAMENTE STRAVOLTA CON LA CREAZIONE DI NUOVI STATI.

 

L'ITALIA PAGÒ UN TRIBUTO DI 600.000 MORTI E UN NUMERO INDESCRIVIBILE DI FERITI E MUTILATI E ALTRETTANTO GLI ALTRI CONTENDENTI. LA CRISI ECONOMICA E DEMOGRAFICA SI TRASCINÒ PER ANNI E CONDUSSE POI AL FASCISMO. LA I GUERRA MONDIALE FU QUINDI UNA SVOLTA EPOCALE, DALLE ENORMI RIPERCUSSIONI PSICOLOGICHE E FILOSOFICHE.

 

SEGNÒ LA FINE DEL MONDO ROMANTICO E ILLUMINISTA EVOLUTOSI SULLE STRUTTURE MEDIOEVALI E, AL TEMPO STESSO, L'INIZIO DELLA GLOBALIZZAZIONE CONTEMPORANEA.

 

PER QUEL CHE CI RIGUARDA ANALIZZEREMO IN DETTAGLIO SOLAMENTE GLI AVVENIMENTI PRINCIPALI CHE RIGUARDANO IL TERRITORIO CHE C'INTERESSA, DOVE LE TRACCE DI QUESTO IMMANE DRAMMA SONO TUTTORA MOLTO VIVE E PROFONDE.

 

IL FRONTE SULL'ALTIPIANO DEL VEZZENA FU IL FULCRO DELLA PRIMA BREVE FASE DEL CONFLITTO, DENOMINATA "LA GUERRA DEI FORTI".

 

LA SECONDA FASE VIDE UN'IMPONENTE OFFENSIVA NEL MAGGIO 1916, LA "STRAFEXPEDITION" (SPEDIZIONE DI PRIMAVERA O PUNITIVA), DA PARTE AUSTRIACA. LO SCOPO ERA DI PUNIRE L'ITALIA PER IL PRESUNTO TRADIMENTO E CERCARE L'INVASIONE DELLA PIANURA VENETA ACCERCHIANDO IL FRONTE DEL CARSO. TRA ALTERNE VICENDE CHE SPOSTARONO IL FRONTE DELL'ALTIPIANO DI ASIAGO FINO ALLE SOGLIE DELLA PIANURA, I COMBATTIMENTI SI ATTESTARONO SUL TRISTEMENTE NOTO MONTE ORTIGARA, SUL MONTE ZEBIO E SUL MONTE PASUBIO.

 

DOPO LA ROTTA DI CAPORETTO E L'ARRETRAMENTO AL FIUME PIAVE, IL MONTE GRAPPA DIVENNE IL CARDINE PRINCIPALE DI TUTTA LA FASE FINALE DELLA GUERRA FINO ALLA VITTORIA A SEGUITO DELLA BATTAGLIA DI VITTORIO VENETO (24.10.1918).

 

 

L'ARMISTIZIO FU FIRMATO NELLA VILLA GIUSTI A PADOVA IL 3 NOVEMBRE 1918.

PERFINO QUESTA DATA FU MOTIVO DI POLEMICA E IMBROGLI E LA FINE EFFETTIVA DELLA GUERRA SI EBBE IL 4 NOVEMBRE.