SAGRADO ( GORIZIA )


Venerdì al Milleluci di Sagrado spettacolo sulla Grande guerra ...

Sagrado e il ponte sull'Isonzo

Sagrado (GO) - Storia e Memoria di Bologna



SAGRADO, LA STORIA


Il toponimo Sagrado, comune in provincia di Gorizia, deriva da sagratum “sagrato di una chiesa”.

 

Il paese di Sagrado si sviluppa tra le prime pendici del Carso e il fiume Isonzo dove si concentra un patrimonio di testimonianze storiche e di paesaggi naturali.

La sua preistoria ricalca probabilmente quella degli altri insediamenti dell’ area, legati alla storia dei castellieri, villaggi fortificati risalenti all’età del Bronzo.

La sua importanza nei tempi antichi è dovuta alla presenza di un guado.

Dopo la dominazione romana, nel secolo VI si stanziarono i Longobardi che rafforzarono castellieri e fortezze.

Le prime notizie scritte risalgono al 1177, quando in un documento vengono citate le ville di Sagrado, Peteano e Sdraussina come donazioni al Patriarca d’Aquileia a differenza del Monte S. Michele e di altre località del Carso che restarono alla Contea di Gorizia.

Queste vicende segnarono l’inizio di un’e poca di conflitti e rivendicazioni fra la Contea e il Patriarcato e, successivamente, tra la Repubblica di Venezia e l’Impero asburgico.

Ancora oggi è visibile un cippo, testimonianza di quel labile confine.

Nella seconda metà del Cinquecento il paese divenne feudo dei Conti della Torre.

Agli inizi del Novecento il paese era un vivace centro economico e di traffico grazie alla presenza della stazione ferroviaria e del ponte sull’Isonzo.

In questo periodo si svilupparono l’industria della seta e la lavorazione della pietra.

Divenne famoso il centro per cure elettroterapiche presso lo stabilimento Alimonda, un edificio costruito alla fine dell’Ottocento.


Fra il 1915 e il 1917 il paese e le sue frazioni divennero uno dei più sanguinosi teatri di guerra;

in questo periodo scomparve la frazione di San Martino del Carso e Sdraussina venne distrutta.

Numerose sono le testimonianze del conflitto sparse sul territorio.

L’area monumentale del monte S. Michele ospita un piccolo ma interessante la Chiesa dopo i bombardamenti.

SAGRADO,CASTELNUOVO,CASTELVECCHIO e laGRANDE GUERRA


MUSEO DEDICATO ALLA GRANDE GUERRA.


 

Dal 1922, l'altura del Monte San Michele (m. 275) è diventata un "Museo all’aperto".

La visita al piazzale panoramico, su cui sorgono numerosi cippi, e alle quattro cime del monte consente la visione di un eccezionale panorama sui luoghi in cui si combatté la Grande Guerra sul fronte del Carso.

Numerosi i reperti e i monumenti che si incontrano nel percorrere il sentiero delle cime, tra cui alcune trincee in parte ripristinate e un ricovero austriaco in caverna (Schönburgtunnel).

Nel tempo è stato allestito anche un piccolo spazio espositivo al chiuso denominato "Museo del S. Michele", al cui interno è possibile visitare cimeli e visionare documentazione fotografica della Grande Guerra. 


CASTELNUOVO STORIA

 

 

Castelnuovo è caratterizzato dalla presenza della suggestiva Villa della Torre Hohenlohe posizionata a dominare le pendici carsiche digradanti verso l'Isonzo in prossimità di Sagrado.

Rimane ignoto l'anno della sua costruzione, ma certamente essa va collegata alla dinastia dei conti della Torre Hofer Valsassina, nobili di origine lombarda che a partire dal XIII sec. acquisirono notevole potere politico ed economico nel territorio del Goriziano.

La prima data che lega i della Torre a Castelnuovo è il 1566, anno in cui Francesco III, ambasciatore degli Asburgo presso la Serenissima e la Santa Sede, compera i terreni di Sagrado dai nobili Strassoldo che ne erano feudatari.

Fu proprio sotto Raimondo della Torre che venne costruita la grande villa chiamata tutt'ora Castelnuovo.

Fino al 1849 Sagrado rimase alla famiglia della Torre, poi passò alla famiglia dei principi Hohenlohe Waldenburg in seguito al matrimonio di Teresa della Torre con il principe Egone.

Nel 1770 Raimondo IX disegno l'aspetto architettonico della villa e del parco che acquistarono le forme attuali.

La collina fu trasformata in parco e il giardino di fronte alla villa fu terrazzato e organizzato con aiuole geometriche.

La villa venne modificata secondo lo stile classico: alla pianta rettangolare allungata corrisponde una facciata simmetrica rispetto ad un asse mediano.

Nel giardino sorgevano diversi edifici, alcuni ancora esistenti come il tempietto, dedicato a Valburga, defunta moglie di Raimondo IX della Torre.

Nel 1904 tutto il possedimento di Castelnuovo fu acquistato dal poeta triestino Spartaco Muratti.

Nello stesso periodo nella barchessa veniva curato un allevamento di cavalli per lo stato austriaco.

Nel corso della grande guerra del '15 - '18 la villa, al riparo della quota 143, divenne punto di smistamento, ricovero ed ammassamento truppe;

vi si insediò pure un posto di medicazione e ancora oggi sulle pareti del salone a piano terra rimangono i graffiti dei militari. 

La villa e gli edifici circostanti vennero bombardati e tutta la proprietà subì danneggiamenti pesanti tanto da indurre il dr. Muratti a liberarsi della proprietà che fu venduta nel 1920.

La ricostruzione avvenne negli anni venti ad opera dei proprietari che qui abitarono successivamente e che cercarono di ridare all'insieme un aspetto molto simile al precedente apportando qualche modifica al parco. 

SAGRADO,CASTELNUOVO,CASTELVECCHIO e laGRANDE GUERRA

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Parco Ungaretti di Sagrado

PARCO UNGARETTI DI SAGRADO


Castelvecchio - Sagrado, Friuli-Venezia Giulia

CASTELVECCHIO


Amici di Castelnuovo

Amici di Castelnuovo


CASTELNUOVO È CARATTERIZZATO DALLA PRESENZA DELLA SUGGESTIVA 

VILLA DELLA TORRE HOHENLOHE


PARCO UNGARETTI DI SAGRADO


Il territorio di San Martino del Carso (Comune di Sagrado), teatro di durissime battaglie, è stato uno dei luoghi dove ha combattuto Giuseppe Ungaretti e che lo hanno ispirato per la sua prima raccolta di poesie, "Il porto sepolto", pubblicato la prima volta nel 1916. Figura di riferimento nel panorama letterario e storico italiano del '900, Ungaretti viene ricordato anche attraverso un Parco che porta il suo nome.
Questo luogo si trova nella località di Castelnuovo, in una villa circondata da vigneti che un tempo sono stati i campi di battaglia.

La stessa villa è stata sede per un periodo del comando militare italiano come testimoniano i graffiti di soldati recentemente portati alla luce.

Il Parco Ungaretti, di proprietà dell'Associazione Amici di Castelnuovo di Sagrado, è stato restaurato su progetto dell'Architetto Paolo Bornello.

L'intento è accompagnare il visitatore alla scoperta della relazione esistente tra paesaggio carsico, Grande Guerra e Giuseppe Ungaretti.

Gli spazi sono caratterizzati da tre aree principali: la prima è quella della Torre, situata a ridosso dell'antico muro di contenimento del giardino, formata da una struttura portante in tronchi di legno grezzo alta 10 metri che sorreggono una struttura cubica in acciaio cor-ten (acciaio patinato) con due lati in vetro dove sono incise le poesie di Ungaretti.
La seconda area è quella del Recinto Sacro, una piccola collina dove sono posizionati 10 blocchi di pietra carsica che racchiudono una stele in acciaio cor-ten arrugginito.

Sia le pietre che la stele portano incise le poesie di Ungaretti.
Infine si trova il Sacrario, un labirinto di pali in legno grezzo alti 6,10 metri, posizionati su una griglia di 6x6 metri in modo da obbligare il visitatore ad attraversarli senza indicazione di direzione.Al centro si trova una lastra di ottone con inciso il ritratto di Ungaretti in età matura (opera di Franco Dugo) sorretta da due pali con incise le poesie di Ungaretti.


1978 - 1987 SARTI & C DAL 1987 FAM. TERRANEO LEOPOLDO

 

A distanza di centinaia di anni, la villa di Castelnuovo vive come allora circondata da vigneti e dal suo bosco di querce e cipressi secolari, testimoni della vita trascorsa tra glorie e tragedie.

Nel suo interno sono state collocate al piano terra due mostre permanenti mentre al primo piano è possibile ammirare degli affreschi di fine '600 inizio '700 recentemente ritrovati e in via di restauro.

L'area di Castelnuovo venne investita completamente dal primo conflitto mondiale; ancor oggi si possono trovare innumerevoli testimonianze che permangono ancora su questa porzione di territorio.

Nell'imminenza del conflitto, l'esercito imperiale austriaco s'apprestò alla difensiva, predisponendo una linea avanzata di piccoli posti situati in basso lungo la sinistra orografica dell'Isonzo mentre un sistema più articolato venne realizzato sul culmine della dorsale carsica, e quindi anche in prossimità della Villa.

Nel giugno del 1915 le truppe italiane forzarono il settore nei pressi di Sagrado approcciando alle pendici delle alture retrostanti.

Dal primo balzo offensivo e le successive I, II, III, IV e V battaglia dell'Isonzo gli attaccanti si impegnarono in cruenti e sanguinosissimi scontri che li portarono a raggiungere in diversi tratti le alture carsiche.

In questo lasso di tempo Castelnuovo venne coinvolto direttamente nei combattimenti e diversi reparti si dissanguarono per espugnare queste quote, tra i quali la brigata Bologna, la Siena, la Sassari, la Brescia, i Bersaglieri e i volontari 22 ottobre.

Le linee contrapposte si assestarono poco oltre la villa e questa, al riparo della quota 143, divenne punto di smistamento, ricovero ed ammassamento truppe; vi si insediò pure un posto di medicazione.

Da questo nodo del fronte carsico, le truppe italiane provenienti da Sagrado potevano essere indirizzate verso il Bosco Cappuccio, verso la Trincea delle Frasche o più a sud verso la Trincea dei Morti; da qui passò Filippo Corridoni ed i suoi volontari milanesi e da qui transitò la Brigata Sassari per andare alla conquista della Trincea delle Frasche nelle battaglie dell'autunno del 1915 che infiammarono il Carso (III, IV e V battaglia dell'Isonzo).

A fine novembre il fronte si staticizzò definitivamente sulle posizioni raggiunte; si assistette ad una riorganizzazione generale e ad un progressivo miglioramento logistico della struttura militare.

Nei pressi della villa, ospitante il comando della 25° divisione, sorse un vero e proprio villaggio di guerra e diverse postazioni d' artiglieria vennero allestite in preparazione delle future offensive.

Dal giugno al dicembre del 1915, sul fronte del Carso e Isonzo si contarono sul fronte italiano 54.000 morti, 160.000 feriti e 21.000 dispersi.

Le fonti militari austriache nello stesso periodo contarono la perdita di 151.000 soldati.

La V° battaglia (primavera del 1916) fu soprattutto dimostrativa e non portò a sostanziali cambiamenti.

Solo nell'agosto del 1916 con la VI° battaglia dell'Isonzo, detta anche battaglia di Gorizia, il sistema difensivo austroungarico cedette con la presa da parte italiana del Sabotino e del San Michele;

in questo settore la nuova linea di combattimento si spostò oltre Doberdò, al di là del vallone del Carso.

La villa proseguì in retrovia, la sua funzione logistica e di nodo per i rifornimenti indirizzati alla nuova linea del fronte. Più di un anno dopo, con la rotta di Caporetto (24 ottobre 1917), la struttura venne precipitosamente abbandonata dai reparti della III Armata italiana in fuga per evitare l'accerchiamento delle forze austrotedesche da Nord. 

CRONISTORIA

 

Nella località dominata ancora oggi Carso di Castelnuovo si svolsero le seguenti sanguinose battaglie:

23 giugno - 7 luglio 1915: I° Battaglia dell'Isonzo

18 luglio - 3 agosto 1915: II° Battaglia dell'Isonzo

a)Prima fase dal 18 al 23 luglio

b) Seconda fase dal 24 luglio al 3 agosto 4 agosto - 18 ottobre 1915:

Riordino delle truppe in vista dell'offensiva autunnale 18 ottobre - 4 novembre 1915: III° Battaglia dell'Isonzo

a) Prima fase dal 18 al 26 ottobre: Muore Filippo Corridoni

b) Seconda fase dal 27 ottobre al 4 novembre 10 novembre - 2 dicembre: IV° Battaglie dell'Isonzo

a) Prima fase dal 10 al 14 novembre

b) Seconda fase dal 15 novembre al 2 dicembre: Muore Giacomo Venezian 9 marzo - 15 marzo 1916:

   V° Battaglia dell'Isonzo

CASTELVECCHIO E LA SUA STORIA

 

(ricerca ed intervista all’ enol. Gianni Bignucolo di Cristina Burcheri ,2002)

“ Le pietre del Carso, gli scogli affioranti dall'arido mare costituito alla caratteristica terra rossa, le trincee e le doline che come crateri dividono colline e declivi, i neri cipressi, dritti e orgogliosi come bandiere alla memoria dei tanti morti sprofondati proprio su quella terra, rossa di ferro e di sangue versato, le querce cinquecentenarie ed impassibili, la brezza che fresca giunge dal mare poco lontano, la bora che impetuosa spazza terra, uomini e animali... di tutto – scrive la giornalista Cristina Burcheri - questo Giovanni Bignucolo si è innamorato e in questa terra di sfide ha ingaggiato la sua personale "battaglia" creando, proprio tra quelle colline del Carso goriziano, la tenuta Castelvecchio.

Siamo andati a trovarlo qualche settimana fa arrivando da San Martino del Carso inerpicandoci su fino alla sommità del colle che, appena sopra Sagrado, custodisce l'Azienda Agricola Castelvecchio.

Accolti con un sorriso sincero e una stretta di mano forte Giovanni Bignucolo (direttore ed enologo) ci fa notare immediatamente due caratteristiche sostanziale di Castelvecchio: l'incredibile posizione e la roccia su cui la tenuta si fonda.

Castelvecchio - o Castelnuovo se vogliamo dargli l'indicazione geografica precisa - è un punto strategico straordinario, la vista è veramente strepitosa. "In una giornata particolarmente limpida - ci spiega Giovanni Bignucolo - si può abbracciare con lo sguardo tutto la regione, dal mare alle montagne di Piancavallo e, se si è particolarmente fortunati, anche il campanile di san Marco di Venezia.

E' stato infatti l'osservatorio del generale Cadorna." e noi, di fronte a questo spettacolo, non abbiamo ragione di dubitare! siamo quindi attratti da una grande "lastra" di roccia appesa lungo una parete del portico nella corte. "Questa - spiega l'enologo con un giustificato orgoglio - è la nostra roccia, la terra ed il sasso su cui noi lavoriamo e coltiviamo la vite: la roccia carsica" .

Incuriositi chiediamo spiegazioni.

"Ciò che facciamo qui per creare un impianto è principalmente scavare una trincea che viene riempita dal terreno arido, rossastro e difficile che è tipico di questa zona - spiega Giovanni Bignucolo - negli anni Settanta sono stati piantati i primi vigneti ed oggi abbiamo circa 40 ettari vitati su una tenuta di un centinaio di ettari totali che sono distribuiti tra il parco, la zona delle arnie (una cinquantina) , il pascolo delle pecore (che forniscono un apporto organico naturale anche al terreno dei vigneti), la coltivazione degli ulivi!

(circa 400 da cui si ricava un olio delicato e profumatissimo) e degli alberi da frutto, e zone lasciate a bosco, intoccabile riserva naturale la fauna della zona, oasi di ripopolamento per i caprioli".

Ma l'acqua dove si trova?

"Il clima del Carso è ideale per la vite, la brezza del mare dà struttura al vino ma qui il problema fondamentale è l'acqua che esiste ma nelle profondissima caverne carsiche, negli invasi e che scorre nei misteriosi fiumi sotterranei di cui tanto si parla - spiega l'enologo - attraverso un elaborato (e costoso) sistema di pompe che permette di irrigare i vari vigneti (poco più di 140 Km di tubazioni) con un metodo sia "a pioggia", il primo ideato dalla Montedison in collina dopo quelli realizzati nel deserto di Israele ed in California e ora con il modernissimo con le tubazioni sotterranee (un'altra ventina di Km di tubazioni), poste a 20 cm sotto la superficie che oltre a dare un'irrigazione ideale permette anche di trasferire alle radici ! delle piante le sostanze nutritive di cui abbisognano.

Dove c'è un terreno difficile la vite si concentra di più è dà il massimo"!

 

STUDI ARCHEOLOGICI

 

Nell'antico fortilizio di Sagrado, posto ai piedi del Carso, attualmente rimangono solo alcuni tratti della cinta muraria incorporata in costruzioni recenti, ed una torre a base quadrata dell'altezza di circa 10 metri che si erge presso la fornace di laterizi.

La denominazione Castelvecchio potrebbe far risalire la costruzione originale alla linea difensiva longobarda collegata con San Michele e Gabria sulle alture del Carso e con i castelli di Lucinico, Farra, Mossa e Cormòns, linea che giungeva fino a Cerò di Sotto e Cerò di Sopra nel Collio.

I resti oggi esistenti non dovrebbero appartenere alla costruzione originaria, bensì ad una ricostruzione del XIV-XV secolo.

Non risulta che fin'ora siano state compiute ricerche e sondaggi riguardanti questa fortificazione che un tempo doveva essere di notevole importanza. Considerevole, infatti, appare la distanza, 180 metri circa, fra la torre esistente ed una similare demolita durante la prima guerra mondiale; entrambe potrebbero aver fatto parte di un anello difensivo continuo, oppure aver avuto la funzione di avamposti del castello.

Attualmente, gli unici elementi di un certo interesse a livello di reperti, risultano essere alcuni frammenti ceramici, la cui datazione va dalla tarda romanità al periodo rinascimentale.

Dagli reperti sono stati rinvenuti in terreno rimaneggiato all'interno di una cavità carsica denominata "Grotta del Proteo", sita a pochissima distanza da Castelvecchio e sicuramente utilizzata anche per scopi militari in diversi periodi, specie in considerazione dell'esistenza di una sorgente d'acqua all'interno della grotta.

I pochi reperti fittili medioevali rinvenuti, sono costituiti da alcuni frammenti del bordo e del corpo di vasellame grezzo appartenente a tegami da fuoco di varie misure, foggiati con un impasto argilloso a fitti inclusivi; i frammenti sono anneriti, come il solito, dal prolungato uso di tali recipienti in cucina.

Data la scarsità dei reperti e le loro piccole dimensioni, uno studio approfondito del cocciame medioevale di Castelvecchio di Sagrado appare di difficile attuazione; però anche in questo caso, attraverso i confronti eseguiti, si trova una sufficiente rispondenza tipologica con i fittili coevi rinvenuti presso il castello di Monte Quarin di Cormòns, nella fortezza di Gradisca e presso la Rocca di Monfalcone.

 

ORIGINI DI SAGRADO.

DAGLI STRASSOLDO A FRANCESCO III DELLA TORRE

 

Si fa risalire al XII secolo il primo insediamento umano nel luogo che si sarebbe, secoli dopo, chiamato Sagrado.

Allora il passaggio sull'Isonzo era garantito solamente dalla barche - non esistevano ponti - ed i barcaioli sceglievano per l'attraversamento delle acque allora molto più agitate ed insidiose di oggi, punti tranquilli che prendevano il nome di "passi della barca".

Verso la fine del XIV secolo i barcaioli vivevano a Sagrado poveramente in modeste capanne lungo le sponde dell'Isonzo sopravvivendo con la pesca, la gabella (il "ripatico") che ogni passeggero doveva pagare per il transito veniva invece riscossa dai conti di strassoldo che erano i proprietari del "passo".

Insieme al misero insediamento abitativo erano sorti anche un piccolo cimitero ed una piccola cappella dedicata a Sant'Anna un usata per un cristiano riposo agli annegati nelle acque del fiume che la corrente, nella curva, gettava a riva.

Diversi etimologi italiani hanno dedotto che il nome "Sagrado" deriverebbe proprio da quel "sagrato" adiacente alla chiesetta di Sant'Anna, con - sacrato al riposo dei trapassati.

Il luogo adiacente alla cappella - spiega Glauco vittori nella sua storia di Sagrado (1951) - veniva chiamato "el sagrato" e da ciò riteniamo che il cimitero, le vicine capanne dei barcaioli e poi anche il paese stesso passassero tra la popolazione per "el sagrato", "el sagrà".

Da qui a Sagrado il passo è breve.

Una seconda teoria sull'origine del nome di "Sagrado" ci giunge come derivazione dalla voce slava "Za Grad" che vorrebbe significare una località "presso il castello".

Nel Cinquecento Sagrado era proprietà dei conti Strassoldo i quali affidarono l'amministrazione dell'insediamento e del passo alla nobile famiglia Del Borgo.

l Del Borgo vissero lungamente a Sagrado: fino alla morte di Francesco che, sposato con una contessa della Torre morì nel 1556 senza lasciare eredi.

Dalle fonti (discordanti) Sergio Vittori dedusse che "metà Sagrado andò a Francesco III della torre per eredità e l'altra metà venne acquistata sempre da lui da Franco Del Borgo".

Gli Strassoldo mantennero solo il "passo della barca".

Francesco III della Torre (1519 - 1566) fu una personalità di grande rilievo: un acuto diplomatico, un raffinato oratore e un fedele difensore dei diritti e asburgici fino ai tempi di Napoleone,delle pretese di casa d'Austria.

"Così, dopo circa 140 anni alle dipendenze della Serenissima Repubblica di Venezia - spiega Sergio Vittori -, il territorio di Sagrado di Sagrado, di proprietà dei conti della Torre, divenne territorio imperiale".

Terminate le violentissime incursioni dei Turchi e sotto i della Torre Sagrado affrontò le luttuose vicende (nel primo decennio del '500) della guerra tra la Serenissina e Vienna che si conclusero nel 1533 quando il Congresso di Gradisca stabilì che Sagrado sarebbe dovuta passare in possesso dei Veneti i quali in cambio avrebbero ceduto all'Austria dei possedimenti in Friuli.

Lo "scambio" non avvenne mai e Sagrado continuò a far parte d! ei territori asburgici fino ai tempi di Napoleone. 

 


 

RAIMONDO IX DELLA TORRE

 

La fortuna e la storia di Sagrado è stata per secoli legata alla nobile famiglia della Torre.

Sull'origine della casata la tradizione, riportata in diversi testi inerenti la storia di questi terriori, narra che i della Torre discenderebbero da un "vir illustris ex stirpe regum Franciae" ovvero da un illustre uomo di stirpe regale di Francia.

Il Vittori riporta che i della Torre, nella prima metà del secolo XIII, si impadronirono di Milano che governarono fin quando, nel 1277, ne furono cacciati dai loro acerrimi rivali: i Visconti.

Ancor prima di impossessarsi della città i della Torre furono conosciuti per la loro grande magnanimità grazie al valoroso Pagano II, due volte console di Milano, presente al giuramento di Pontida e promotore infaticabile della ricostruzione della città dopo la calata dell'imperatore tedesco Federico Barbarossa.

Dopo la cacciata da Milano i della Torre si stabilirono in Friuli dove diversi salirono alla dignità di patriarchi d'Aquileia.

Nelle guerre della prima metà del Cinquecento si distinse il conte Nicolò, sotto i vessilli di Carlo V, imperatore di Germania. Da questi avi discesero quindi i "Signori di Sagrado" che si stabilirono in cima al colle.

Si occuparono di queste terre isontine specialmente Francesco III, Raimondo VI, Gianfilippo ed Uldarico. Particolarmente attaccato ai possedimenti sull'Isonzo fu anche Raimondo IX della Torre (1749 - 1817) goriziano di nascita e sagradino per passione.

Raim fu un uomo di studio formandosi nell'università di Bologna prima nell'Accademia Teresiana di Vienna e viaggiando in tutta Europa in seguito.

Nel 1791 l'imperatore Leopoldo II gli affidò il riordinamento della Contea di Gorizia che eseguì talmente bene da ottenere (si dice suo malgrado) anche un compito simile nelle terre di Istria e Dalmazia.

Svolta egregiamente la missione ed affidato ad altri il governo delle nuove province Raimondo si ritirò nella sua tranquilla dimora di Castelnuovo, per non abbandonarla più.

Conservando la struttura già esistente Raimondo ristrutturò ed abbellì la villa padronale sistemando anche il colle circostante dotandolo di ameni terrazzi e giardini e fontane.

Una storia racconta che l'arciduca Ranieri, governatore del Lombardo - Veneto, meravigliato dalla bellezza del parco e del palazzo chiese a Raimondo il perchè di tante spese - da lui giudicate quantomeno frivole - per sistemare una dimora.

Allora Raimondo rispose che piuttosto di alimentare guerre e creare campi di battaglia preferiva dilapidare le sue sostanze "a domar gli scogli della collina a vantaggio suo e per far la guerra all'ozio ed ai vizi".

Il conte morì a Sagrado, compianto da tutti, nel 1817.

 

ARCADIA ROMANO SONZIACA

 

L'Arcadia Romana è stata fondata a Roma alla corte della regina Cristina di Svezia nel 1689.

Sorsero gruppi in varie città denominati "colonie". Nel 1780 Giuseppe de Coletti fondò a Gorizia la colonia Arcadica RomanoSonziaca che in seguito si trasferì a Trieste.

Negli uffici della direzione della Biblioteca si conservano i ritratti di sette fondatori e dell’imperatore Francesco II d’Asburgo che consentì il passaggio della Biblioteca al Comune.

L'archivio dell'Arcadia, che termina l'attività nel 1809 e la cui eredità culturale viene raccolta dalla Società di Minerva, è conservato nell'Archivio Diplomatico.(Pompeo de Brigido, Giacomo Gabbiati, Ferdinando dell’Argento, Raimondo della Torre, Antonio Sigismondo de Hohenwart, Guidobaldo Cobenzl, Gian Paolo Polesini , Francesco II d’Asburgo).

 

TEMPIETTO DI VALBURGA

 

Pensando alla pianura isontina ed alle colline carsiche l'architetto Paola Tommasella, in diverse sue pubblicazioni sul tema dei parchi e dei giardini storici, si è soffermata sulla villa di Castelnuovo a Sagrado e sul parco che attorniava l'abitazione padronale.

Il parco che si estende sul pendio antistante la villa di tipico impianto veneto (unico esempio dell'entroterra goriziano) e - spiega l'architetto Tommasella - "la sua configurazione segue le tendenze formali settecentesche e ricorda, per la disposizione simmetrica imperniata sull'asse del viale, alcune sistemazioni delle grandi ville laziali, come villa Aldobrandini".

La struttura del giardino, la costruzione dei recinti e la messa a dimora di molte piante furono seguite dallo stesso Raimondo IX della Torre Hoffer impegnandolo dal 1780 fino al 1817.

Il Pilcher racconta che Raimondo IX fece di Sagrado "una delle più deliziose villeggiature della provincia: egli voleva trasformare lo sterile monte in un parco con ameni terrazzi e giardini intorno alla sua villa.

Ricostruire il palazzo stesso, produrre fontane, zampilli d'acqua, ed abbellire la nobile sede con serre, bagni, monumenti...".

Nel giardino Raimondo IX fece costruire nel 1812 anche un tempietto circolare (tuttora esistente) in onore della memoria della moglie Valgurga. Quando la Grande Guerra infuriò su questi territori spazzò via tutto: lo splendido giardino con il suo patrimonio arboreo cantato dai versi degli arca! di.

Oggi rimane la magnolia davanti alla villa, il tasso nel giardino e le due querce secolari sul fondo retrostante davanti una delle due cantine dell'azienda.

Il tremendo conflitto non distrusse però il "tempietto dell'Arcadia" dove Raimondo della Torre - o meglio l'arcade poeta Filoresio Leoneo, così si faceva nominare in queste circostanze letterarie - e Federico della Torre (Tirsi Pirgio) accoglievano gli arcadi a Castelnuovo ricreando quell'atmosfera bucolica ideale per comporre versi di ispirazione pastorale.

L'Arcadia Romano Sonziaca, fondata a Gorizia nel 1780 dal Coletti (Coribante Tebanico) - probabilmente insieme a Guido conte di Cobenzl (Eurimante Epidaurico) che ne fu il custode - presidente e Sigfrido di Attimis che spesso accolse i pastori - poeti nel'ex palazzo Kienburg - fu un cenacolo che, sotto l'emblema pastorale dela zampogna, produceva versi e composizioni poetiche che lo studioso Spartaco Muratti   non faticava a definire " un vulcano di versi brutti e stentati che oggi farebbero ridere o sbadigliare per lo sforzo che rivelano e la vacuità del soggetto". Sicuramente i versi non troppo aulici erano mitigati dalla bucolica bellezza dell'ambiente “.

 

LA GRANDE GUERRA A CASTELVECCHIO: LA PRIMA BATTAGLIA

 

La Prima battaglia dell’Isonzo. (23-06 / 07-07-1915)

“Il 21 giugno –prosegue la ricerca di C. Burcheri- il Comando Supremo diramava l’ordine di attacco al campo trincerato di Gorizia, stabilendo quali primi obiettivi da raggiungere il Monte Kuk di Plava e le alture del sistema Oslavia-Podgora sulla destra dell’Isonzo.

Mentre la 2° Armata assolveva questi compiti, impegnandosi con vigore e l’intendimento di riuscire ad ogni costo, la 3° Armata doveva progredire il più possibile verso il ciglione carsico, tra Sagrado e Monfalcone, eseguendo tentativi di forzamento dell’Isonzo fra Sagrado e Mainizza.” 

La pagina di Gianni Pieropan, tratto dalla sua opera guida sulla grande guerra sul fronte italiano, ci illumina sugli obiettivi del primo grande attacco italiano di massa, la battaglia che passerà alla storia come la Prima delle dodici dell’Isonzo.

Il Carso rappresenta la direttiva principale del piano di Cadorna, la linea che, una volta scardinata, aprirà la strada per Gorizia, Trieste e i grandi obiettivi prefissi.

Il 23 giugno inizia l’offensiva delle truppe italiane.

Il 23 giugno i corpi XI, X e VII schierati da Mainizza a Monfalcone balzano all’attacco.

Il terreno non è dei più agevoli: 

Il territorio che circonda la storica Villa, la quale per un periodo fu sede del comando militare italiano, conserva ancora vive le tracce e i segni di quelle aspre battaglie, ed all'interno della Villa stessa sono stati recentemente scoperti interessantissimi graffiti tracciati dai soldati al fronte.

Il poeta Andrea Zanzotto, che di Ungaretti fu amico ed allievo prediletto, ha scritto di recente nella prefazione del libro di Lucio Fabi dedicato all'esperienza bellica del poeta soldato:

"E' di particolare interesse l'indicazione precisa dei luoghi dove si sono formate parecchie delle più note poesie ungarettiane e anche il corredo degli itinerari di guerra aiuta a comprendere meglio l'opera del poeta.

Chi vorrà ripercorrere quei luoghi non potrà non sentire l'attualità ancora bruciante e quindi l'insegnamento vitale dell'esperienza di Ungaretti".

Il Parco de "Il Porto Sepolto", il primo in Italia dedicato a Giuseppe Ungaretti - ideato, curato e diretto da Gianfranco Trombetta con la collaborazione dell'Associazione Amici di Castelnuovo, di Mirella e Leopoldo Terraneo e con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia - intende proprio suggerire un percorso di memoria e meditazione sui primi celebri versi del poeta attraverso i luoghi che furono teatro della terribile tragedia della guerra, ora finalmente restituiti alla pace ed all'umana operosità in un contesto paesaggistico di rara bellezza.

Il Parco, la cui progettazione architettonica è stata curata dall’architetto Paolo Bornello, include la realizzazione di alcuni percorsi a completamento di quelli esistenti allo scopo di individuare tre piccole aree, chiamate Torre, Recinto Sacro e Sacrario, realizzate con materiali grezzi (ferro, pietra, legno).

Le poesie collocate all’interno del Parco sono tratte da “Vita di un uomo” di Giuseppe Ungaretti per gentile concessione dell’erede e della case editrice Mondadori.

Gli allestimenti sono stati progettati come fossero elementi tipici del parco e si integrano funzionalmente con gli edifici storici esistenti della Villa e della Barchessa.

Un cammino di storia, poesia, architettura ma anche di arte, grazie alla statua in bronzo a grandezza naturale del giovane poeta-soldato realizzata dallo scultore Paolo Annibali posizionata ad accogliere il visitatore all’inizio del Parco, e dal ritratto del poeta in età matura, inciso su grande lastra in metallo ad opera di Franco Dugo. 

 

GRAFFITI

 

Dal giugno all'agosto del '16, sul Carso di Castelnuovo si svolsero furiosi combattimenti.

Con la presa della trincea delle Frasche, la guerra si spostò verso il San Michele e lungo il Vallone, ma Castelnuovo rimase retrovia di rifornimento per le truppe che avanzavano e posto di medicazione per gli intrasportabili.

Nel salone principale della Villa sono stati recuperati i graffiti coperti per anni dagli intonaci.

Alcuni sono perfettamente leggibili, mentre altri sono di difficile interpretazione.

Rappresentano, senza dubbio, una testimonianza commovente che fa rivivere l'identità di coloro che attraverso una semplice firma chiedevano di essere ricordati.

I graffiti indicano nomi, cognomi, paesi e date di nascita, reparti di appartenenza, stati d'animo, descrizioni di battaglie, disegni e caricature.

L'Associazione Amici di Castelnuovo è un'associazione privata senza fini di lucro costituita con lo scopo di conservare e valorizzare il patrimonio artistico, storico e culturale dell'originario insediamento in Castelnuovo, nella consapevolezza che in assenza di iniziative costanti, rigorose e coordinate di restauro e pubblicazione questo prezioso e ricco bene della memoria rischia di andare disperso o perduto.

L'Associazione intende sostenere la proprietà nella meritoria opera di salvaguardia e rilancio dell'antica Villa e del parco che la circonda e organizzare in proprio iniziative coerenti con il conseguimento di generali finalità di promozione turistica, sociale e culturale dello storico insediamento sul Carso di Sagrado. 


INFORMAZIONI
c/o Azienda Agricola Castelvecchio
via Venezian
I-34078 Sagrado (GO)

Orari
Da lunedì a venerdì: 9.00-17.00
Sabato e domenica: su prenotazione

Ingresso gratuito

PER MAGGIORI INFORMAZIONI
Associazione Amici di Castelnuovo
Via Castelnuovo, 2
I-34078 Sagrado (GO)
Tel. +39 0481 99742
info@amicidicastelnuovo.it


UNA BRIGATA UCCISA DAI GAS


 Pietro Storari racconta gasmortimortiassaltiorrori a Bosco Cappuccio, Sagrado (GO) il 29 giugno 1916

 

Il 29 giugno 1916 è uno dei tanti giorni segnati in nero della prima guerra mondiale.

Quel giorno gli austro-ungarici usano per la prima volta i gas asfissianti.

Siamo sul Carso, al San Michele.

Si calcola che quel giorno morirono subito 2 mila soldati italiani e altre migliaia morirono nei giorni successivi o rimasero invalidi.

Dai gas viene investito anche il 121° fanteria di Pietro Storari.

Il 29 Giugno 1916 giorno del mio onomastico, il nemico dopo improvviso ed intenso bombardamento lanciò con getti a mano i gas asfissianti sulla linea tenuta dalla brigata regina (Monte Cappuccio) e parte su tratto occupato dal 121° Regg. Fanteria.

Ciò fu compiuto in attimo e dette immediatamente l'assalto. Dato le perdite quasi totali degli uomini della Brigata Regina il nemico riuscì ad occupare momentaneamente la trincea di Monte Cappuccio. Sulla linea tenuta dal 121° non riuscì perché ben munita di mezzi di difesa contro i gas asfissianti.

Di fatti si accesero subito fuochi con legna ed altri apparati Nicolaidi appositamente preparati, riuscendo in pari tempo a disperdere i gas barbaramente lanciati sullo spuntar del mattino del 29 Giugno.

Dovette però subito abbandonare il Monte Cappuccio (posizione presa alla Brigata Regina) e ritornare sulla posizione di partenza poiché l'artiglieria nostra con tiri di sbarramento faceva strage.

Il 9° e 10° Fanteria componenti la Brigata suddetta perdettero quasi tutti i presenti.

Il cimitero di Staranzano nel 1917 (Fondo Arturo Busto)

I cadaveri erano in gran parte di color verdastro dal potente gas che improvvisamente li aveva colpiti, quelli che rimasero tramortiti fra i quali un Maggiore furono barbaramente massacrati con mazze ferrate, delle quali di una ne sono in possesso che la tengo per ricordo di guerra.

I camion militari continuarono due giorni a trasportare i cadaveri nel vicino camposanto militare situato a Sagrado alle falde del M.S.Michele.
Passai così il mio 24° Onomastico in vista della morte ed in mezzo a dolorosa strage.

Gli attacchi continuarono da ambo le parti ma senza successi di sorta.


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