PROGRAMMA MANIFESTAZIONI ORGANIZZATE CON L' ASSOCIAZIONE REGINA ELENA ODV



CELEBRAZIONI A GENOVA E A NAPOLI NEL DECENNALE DELLA BEATIFICAZIONE DI MARIA CRISTINA DI SAVOIA


 In occasione del decennale della beatificazione, avvenuta il 25 gennaio 2014 nella Reale Basilica di Santa Chiara in Napoli, dove è sepolta nella Real Cappella dei Borbone, la beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie, verrà ricordata:

  • nel giorno della sua memoria liturgica, mercoledì 31 gennaio 2024, alle ore 17.00 presso il Santuario della Madonnetta a Genova, con una solenne Santa Messa presieduta dal Rettore Padre Eugenio Cavallari, O.A.D., Priore Generale emerito degli Agostiniani Scalzi, seguita alle ore 18.00 da un concerto del Gruppo vocale Ars Antiqua;
  • giovedì 1° febbraio 2024, alle ore 19.00 presso la Real Basilica di Santa Chiara a Napoli.

Infanzia e prima educazione

Maria Cristina nacque a Cagliari il 14 novembre 1812, mentre i genitori, Vittorio Emanuele I di Savoia e Maria Teresa d’Asburgo Lorena, erano in esilio.

Fu subito consacrata alla Madonna dalla regina sua madre, consacrazione che fu poi rinnovata da Maria Cristina stessa, appena fu in grado d’intendere e volere.
Nel 1815 le quattro principesse, Maria Beatrice, le gemelle Marianna e Maria Teresa e Maria Cristina raggiunsero Torino insieme alla madre, dove il re aveva fatto ritorno un anno prima, essendo mutate le condizioni politiche.

Le principesse crescevano a corte in un ambiente molto religioso, guidate dalla regina e dal padre confessore, l’olivetano Giovan Battista Terzi.

Maria Cristina, come le sorelle, si formò una cultura consona ad una principessa, unita a una spiritualità profonda.

L’esilio a Nizza e la residenza a Genova
Quando ebbe nove anni, suo padre, re Vittorio Emanuele I, dovette rinunciare al trono: dopo un periodo d’esilio a Nizza, si stabilì con tutta la famiglia a Moncalieri, dove morì dopo tre anni, nel 1824.
Nei due anni successivi, Maria Cristina partecipò insieme alla madre ed alla sorella Marianna ai riti d’apertura del Giubileo del 1825 a Roma.

Al ritorno si stabilì a Genova, riducendo le sue attività alla formazione e alla conduzione della casa. Quand’ebbe vent’anni le morì anche la madre: suo unico conforto rimase padre Terzi.

Sposa per ragion di Stato
Ritornò a Torino per disposizione del re Carlo Alberto, dove però le incomprensioni in cui si venne a trovare a corte la fecero molto soffrire.

Lì sorse in lei il desiderio di diventare suora di clausura, ma il suo direttore spirituale la dissuase: sapeva infatti che Carlo Alberto che l’aveva destinata come sposa al re di Napoli Ferdinando II.

Maria Cristina, dunque, lei accettò la richiesta di matrimonio e la ragion di Stato come volontà di Dio.
Il rito religioso avvenne a Genova il 21 novembre 1832, nel santuario di Maria SS. dell’Acqua Santa. Il 26 novembre, gli sposi s’imbarcarono per Napoli, dove giunsero il giorno 30: sotto una pioggia torrenziale, furono accolti da una folla festante ed entusiasta.

Una vita di preghiera e carità
Maria Cristina iniziò il suo regno accanto al ventiduenne Ferdinando, che già regnava da tre anni.

A corte leggeva ogni giorno la Bibbia e l’Imitazione di Cristo e la sua religiosità fu ben presto conosciuta nel palazzo e dal popolo.

Quando era per strada in carrozza e incontrava un sacerdote con il Viatico per qualche ammalato, faceva fermare la carrozza, scendeva e si inginocchiava a terra, anche nel fango delle strade di allora. Fece in modo che a tutti a corte potessero partecipare alla Messa nei giorni festivi.
La carità verso i bisognosi, l’occupò in pieno: si dice che padre Terzi avesse presso di sé un baule pieno di ricevute di chi aveva avuto un beneficio.

Provvide, d’accordo con il re, che una parte del denaro destinato ai festeggiamenti per il loro matrimonio, venisse usato per dare una dote a 240 giovani spose e al riscatto di un buon numero di pegni depositati al Monte di Pietà.

L’attesa di un erede
Dopo tre anni di sposa, la mancanza di un figlio che non veniva, faceva molto soffrire Maria Cristina, che pregava incessantemente per questa ragione: finalmente, nel 1835, si accorse di aspettare un bambino.
Passò gli ultimi mesi di gravidanza nella reggia di Portici per stare più calma, ma aveva una sorta di presentimento.

All'avvicinarsi del parto, scriveva alla sorella, duchessa di Lucca: «Questa vecchia va a Napoli per partorire e morire».

La morte
In effetti, il futuro re Francesco II nacque il 16 gennaio e già il 29 Maria Cristina era morente per complicazioni sopravvenute. Prendendo in braccio il tanto atteso erede e porgendolo al re suo marito, disse: «Tu ne risponderai a Dio e al popolo… e quando sarà grande gli dirai che io muoio per lui».
Il 31 gennaio 1836, in piena comunione con Dio, si addormentò per sempre fra la costernazione generale.

Era poco più che ventitreenne ed era stata regina per appena tre anni.
I solenni funerali furono celebrati l’8 febbraio, ma il suo corpo rimase fino al 31 gennaio 1858 nella stanza dei depositi reali, insieme ai resti degli altri esponenti della famiglia dei Borboni. Le autorità ecclesiastiche, a fronte della fama di santità che già in vita aveva circondato la regina Maria Cristina, disposero la ricognizione del corpo e la sua traslazione nella cappella dedicata a san Tommaso Apostolo nella Basilica di Santa Chiara a Napoli.

Il processo di beatificazione
In seguito, anche per via delle grazie che il popolo di Napoli attribuiva alla sua intercessione, per la “Reginella santa” s’iniziarono le pratiche per la beatificazione.

Il Cardinale arcivescovo di Napoli, il Venerabile Sisto Riario Sforza, nel 1852 avviò il Processo sulla fama di santità, virtù e miracoli. In seguito, con l’introduzione della Causa a opera del Beato papa Pio IX il 9 luglio 1859, iniziò la fase romana, ossia il Processo apostolico. Il 6 maggio 1937 papa Pio XI firmò il decreto con cui Maria Cristina veniva dichiarata Venerabile.
Tuttavia, negli anni seguenti, la causa subì un rallentamento a causa della seconda guerra mondiale, che causò anche il bombardamento di Napoli e la distruzione della chiesa e del monastero di Santa Chiara.

In seguito, fu proclamata la Repubblica in Italia e re Umberto II di Savoia andò in esilio.
Nel 1958, in seguito ai lavori di restauro del complesso di Santa Chiara, fu disposta una ricognizione del corpo della Venerabile: fu trovato intatto e riconoscibile, nonostante il trascorrere del tempo e la situazione d’incuria in cui era stato rinvenuto. A quel punto, Umberto II domandò di riattivare la causa.
Uno sviluppo notevole si ebbe con la costituzione dei Convegni di Cultura Maria Cristina, che si resero nuova parte attrice della causa: a quel punto, venne nominato anche un nuovo postulatore.

Il miracolo per la beatificazione
Tra le numerose grazie attribuite all'intercessione della Venerabile Maria Cristina, venne presa in esame dal nuovo postulatore una della quale fu possibile rinvenire la documentazione processuale, conservata nell’Archivio della Postulazione generale dei Frati Minori.
Si trattava dell’asserita guarigione di Maria Vallarino, malata dal giugno 1866, da tumore maligno cirrosi al secondo stadio alla mammella destra e tumore incipiente anche alla mammella sinistra. La datrice di lavoro della donna, la marchesa Antonia Carrega, la fece visitare da due specialisti di Genova, che le diedero diagnosi negativa.
Dopo aver rifiutato un’operazione che comunque non avrebbe risolto la situazione, Maria si affidò all'intercessione della regina Maria Cristina: ingerì un frammento di tessuto a lei appartenuto e invocò il Signore: «Gesù, o buon Gesù, glorificate questa vostra Serva».

Il male regredì subito e, dopo una settimana, fu dichiarato scomparso. Maria Vallarino morì 39 anni dopo e non ebbe alcuna recidiva.

L’esame del miracolo e la beatificazione
La “Positio super miraculo”, che riportava i documenti dei processi svolti negli anni 1872-1888 presso la Curia di Genova, venne esaminata dai Medici nella Consulta del 29 ottobre 2009, dai Teologi nel Congresso del 26 maggio 2012 e infine dai Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi il 9 aprile 2013. Infine, il 2 maggio 2013, papa Francesco autorizzava la promulgazione del decreto che dichiarava miracolosa e ottenuta per intercessione della Venerabile Maria Cristina di Savoia la guarigione esaminata.
Il rito della beatificazione si è svolto il 25 gennaio 2014 nella Basilica di Santa Chiara a Napoli, presieduto dal cardinal Angelo Amato come delegato del Santo Padre. La memoria liturgica della nuova Beata è stata quindi fissata al 31 gennaio, il giorno esatto della sua nascita al Cielo.

PREGHIERA
O Dio, che hai ornato
di sollecita e sapiente carità
la beata Maria Cristina,
perché con la sua testimonianza
contribuisse all’edificazione del tuo regno,
concedi anche a noi, sul suo esempio,
di operare il bene
attingendo alla vera ricchezza del tuo amore.
Per sua intercessione ottienici la grazia . . .
che con fiducia invochiamo.
Per Cristo nostro Signore.


Comunicare notizie di grazie e favori a:
Postulazione della Causa
Via Santa Maria Mediatrice, 25
00165 Roma
e-mail: postgen@ofm.org


I 1.500 anni di Santa Maria in Portico



Al via dal 1° febbraio, con la Messa presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis nella parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli, le celebrazioni per il XV centenario dell’apparizione della miracolosa immagine, venerata come Romanae Portus Securitatis.

Le antiche cronache parlano di una luce che apparve il 17 luglio del 524 nel luogo dove S. Galla, matrona romana, assisteva i poveri. 

Chiamato Papa Giovanni I, questi vide la luce mentre due angeli ponevano nelle sue mani l’icona.

Le celebrazioni inizieranno il 1° febbraio, giorno in cui la comunità fa memoria del patrocinio di S. Maria in Portico su Roma.

I romani, infatti, fecero un voto alla Madonna nel 1656 per la liberazione dalla peste e nel 1703 per chiedere la liberazione da uno sciame sismico.

La piccola icona della Vergine con in braccio Gesù Bambino è custodita dai Chierici Regolari della Madre di Dio dal 14 agosto 1601, quando fu affidata da Clemente VIII al fondatore S. Giovanni Leonardi.

Il Cardinale De Donatis, che per l’occasione ha composto una preghiera per onorare la Vergine, e Padre Antonio Piccolo, Rettore generale dell’Ordine della Madre di Dio, sottolineano che “è bello pensare che questo Giubileo della Chiesa di Roma e dell’Ordine prepari e affianchi quello più grande della Chiesa universale che si svolgerà nel 2025: Maria attirandoci a sé, coinvolgendoci nel suo meditativo silenzio, ci prepara a incontrare e imboccare la Strada della salvezza, il Figlio Gesù che ella ci porge come dono del Padre celeste”.

 

Ai piedi dell’icona sostarono in preghiera anche due giovani sacerdoti, monsignor Angelo Giuseppe Roncalli e don Giovanni Battista Montini, divenuti rispettivamente Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI. C’è in archivio la locandina di un congresso mariano organizzato nel 1924, per i 1.400 anni dell’apparizione, dal beato Alfredo Ildefonso Schuster il quale invitò a predicare monsignor Roncalli e don Montini.


ISTITUTO DELLA REALE

CASA DI SAVOIA

 

E’ MORTO IL RE, VIVA IL RE!



L’Istituto della Reale Casa di Savoia annuncia con cordoglio il richiamo a Dio del Capo di Casa Savoia, S.A.R. il Principe di Napoli Vittorio Emanuele.

Porgendo alla Consorte del Principe scomparso i sensi del più profondo cordoglio ed assicurando la propria vicinanza anche nella preghiera, l’Istituto proclama, secondo la Tradizione, “E’ morto il Re, viva il Re!”.

Il richiamo a Dio del Capo di Casa Savoia impone il silenzio e la preghiera, la partecipazione al lutto, al funerale ed alla tumulazione, nella speranza che questi ultimi si rivelino degni del Principe Ereditario e della Tradizione Sabauda, della quale il Principe di Napoli è stato continuatore dal 18 marzo 1983.

L’annuncio della dipartita riporta alla mente tanti ricordi dinastici, collettivi e personali, e pensieri per il presente ed il futuro, perché come hanno sempre proclamato in Francia; “E' morto il Re! Viva il Re!”.

La stessa formula era stata stampata sui manifesti dell'U.M.I. dopo la morte in esilio di Re Umberto II.

Muoiono i Principi, ma non i Princìpi.

Chi fu insignito nell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro subito dopo il decesso di Re Umberto II fece un giuramento pubblico nell’Abbazia di S. Maurizio d'Agauno, promettendo fedeltà al Capo di Casa Savoia, cioè a S.A.R. il Principe di Napoli Vittorio Emanuele, figlio e successore del defunto Sovrano.

Lo stesso giuramento costituiva il primo atto dei nuovi Consultori del Regno.

La formula è stata confermata dopo l’accordo ginevrino del 1992 e con le celebrazioni del 5 e 6 giugno 1996 in Francia. Questi giuramenti furono fatti ad una persona che, purtroppo, non c'è più.

La legge dinastica prevede il passaggio automatico ed immediato delle prerogative al figlio primogenito. In questo caso, non ci possono essere dubbi, visto che i Principi di Napoli hanno trasmesso la vita ad un unico figlio, Emanuele, detto “Emanuele Filiberto”, nostro Presidente d’Onore sin dalla fondazione dell'Istituto nel lontano 8 febbraio 2002, durante l’iniquo esilio.

Dopo il periodo di lutto del quale deciderà la durata, l’erede potrà subito fare le sue scelte, essendo da oltre un decennio dirigente de facto delle strutture della Reale Casa di Savoia ed almeno in un caso anche de jure (presiede l’Aicods). Non avrà dunque bisogno di tempo per capire, studiare ed organizzarsi per proporre un programma di riflessioni e d’azione concreta.

L'IRCS non sarà azionista “dormiente” in una situazione nuova nella quale, con un atteggiamento aperto e leale, chiedono unità, sobrietà, condivisione, trasparenza, ruoli precisi e programmi pluriennali condivisi pubblicati.

 

“E’ morto il Re! Viva il Re!”.


MONTE LUNGO, 8/12/1943

 

NEL 60° DALL'INIZIO DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE


Dopo l’8 settembre 1943 e l’aggressione nazista, il Principe Ereditario, Umberto di Savoia, propugnò da subito la ricostituzione delle forze armate italiane, allo scopo di concorrere attivamente e direttamente alla liberazione del suolo patrio.

Il Regio Esercito venne dunque ricostituito partendo da un piccolo nucleo armato, denominato Primo Raggruppamento Motorizzato, poi ribattezzato “C.I.L.” (Corpo Italiano di Liberazione) il 17 Aprile 1944, e infine, nel settembre dello stesso anno, riorganizzato su 4 divisioni (“Cremona”, “Forlì”, “Foligno” e “Legnano”).

Purtroppo, la Commissione Alleata di Controllo vietò al Principe Ereditario di assumere il comando del C.I.L. e cercò anche d’impedirgli di partecipare alle operazioni militari.

La stessa commissione vietò perentoriamente anche la partecipazione del Principe di Piemonte alla guerriglia partigiana.

La collaborazione del nostro contingente armato era necessaria agli anglo-americani che, inesperti di guerra in montagna e all’oscuro della reale conformazione del terreno, si trovavano costretti a combattere in una zona geografica ricca di rilievi montuosi.

La collaborazione non fu facile, perché alla diffidenza degli alleati si sommava il loro senso di superiorità e d’autosufficienza.

I nostri reparti vissero situazioni d’approvvigionamento critiche, in termini di viveri, vestiario e armamento.

A queste si aggiungeva la situazione psicologica, certo non facile.

La volontà di dimostrare che il soldato italiano poteva confrontarsi con successo e prevalere anche in condizioni così critiche spronò al sacrificio e diede ottimi risultati.

Fu il valore umile e tenace dei soldati del Regio Esercito che cambiò l’atteggiamento degli alleati nei nostri confronti. Gradualmente, i fatti di-mostrarono il nostro valore in battaglia e la nostra affidabilità, ma l’espansione della nostra forza armata, oltre la consistenza già vista, fu sempre negata dagli alleati, per motivi politici e di prestigio militare.

Le stesse ragioni che, nella maggior parte dei casi, impedirono alle nostre forze armate di entrare per prime nelle città libera­te, anche quando il merito fu proprio del Regio Esercito. Furono decine di migliaia i Caduti del C.I.L. che sacrificarono la loro vita in nome di quel giuramento al Re e alla Patria al quale rimasero sempre fe-deli.

Deciso a rimanere il più possibile vicino ai suoi soldati, Umberto di Savoia fu sovente presente al fronte e, ogni volta che ne ebbe l’occasione, si espose personalmente. Ricordiamo, ad esempio, il volo di ricognizione che volle effettuare poco prima della battaglia di Monte Lungo (Caserta). Ecco quanto scrisse in proposito il generale americano Clark, comandante della V Armata americana, dalla quale dipendevano i reparti italiani: “il 7 Dicembre 1943, alla vigilia dell’attacco di Monte Lungo, il Principe Umberto credette essere Suo do-vere offrirsi per un volo di ricognizione sulle linee nemiche, data la sua pericolosità ed importanza e dato che questa avrebbe salvato migliaia di vite italiane e americane, come infatti ebbe poi a verificarsi”.

 Per questa azione il Principe fu menzionato dal bollettino di guerra alleato e proposto dal generale americano Walker per un’alta decorazione militare americana, la Silver Star, che non gli venne conferita per ragioni d’opportunità politica e che, comunque, il Principe aveva già rifiutato, affermando che, invece, avrebbe dovuto essere conferita a tanti eroici combattenti italiani e americani.

 Per lo stesso atto eroico il Principe fu decorato con due medaglie al valore dal comando del reggi-mento polacco che combatteva a fianco dei soldati italiani e americani. Recentemente, queste decorazioni furono affidate dalla Principessa Marina, a nome dell’attuale Capo di Casa Savoia, alla chiesa dei polacchi in Roma.

In un’altra occasione, saputo che in zona si preparava un contrattacco tedesco, Um­berto di Savoia si erse sopra un costone, esponendosi al tiro nemico e, nonostante le invocazioni di mettersi al riparo che gli provenivano dai militari alleati, prese nota della collocazione delle posizioni nemiche, determinando l’insuccesso dell’iniziativa germanica.

Umberto di Savoia fu costretto ad abbandonare l’esercito nel Giugno 1944, a causa della sua nomina a Luogotenente Genera­le del Regno. Il valore militare di Umberto II fu riconosciuto persino dal ministro Stefano Jacini (governo Parri), che il 14 settembre 1945 inviò al Luogotenente Generale “il distintivo della vittoriosa campagna di liberazione 1943 - 45, alla quale V.A.R. ha partecipato direttamente”, aggiungendo che “le truppe, che hanno visto V.A.R. sulla linea di combattimento dal Volturno a Bologna, saranno fiere di vederLa fregiarsi di questo umile segno, che ricorda l’opera svolta per la rinascita della Patria”. La battaglia di Monte Lungo, primo atto militare italiano nella guerra di liberazione d’Italia dai nazisti, rimase sempre nel cuore di Re Umberto II.

Nel Suo messaggio dell’8 dicembre 1973, il Sovrano diceva:

Nel trentesimo anniversario del combattimento che indicò quale fosse la strada per la resurrezione della Patria, sono con voi, amati e carissimi compagni d’arme, unito nel reverente e commosso ricordo di tanti Caduti che, con il loro eroismo, illuminarono quell’ora oscura e dolorosa.

Ogni Italiano sia degno del sacrificio compiuto da quei prodi e ne tragga sprone perché sì alto patrimonio di gloria non sia disperso, ma sempre più vivificato e di monito alle nuove generazioni”.

 

Il 15 maggio 2003, prima di recarsi a Ro­ma per la Sua prima visita ufficiale, l’Erede legittimo di Re Umberto II ha voluto, con la Famiglia, recarsi subito al Sacrario Militare di Monte Lungo, nel ricordo di Suo Padre e per rendere omaggio ai Caduti. Ricevuto calorosamente dalle centinaia di persone presenti, ha deposto una corona d’alloro e conversato con alcuni reduci della guerra di liberazione.

 

 

A Roma, nella sala soprannominata "Piccola Sistina" della Basilica di S. Maria degli Angeli, dove la Principessa Jelena Petrovic Njegosh del Montenegro sposò il Principe di Napoli Vittorio Emanuele di Savoia, il 10 marzo 1994 si riunì l’assemblea generale dell’Associazione Internazionale Regina Elena, convocata dal Presidente Internazionale, Gr. Uff. Dr. Ing. Barone Roberto Ventura, che propose l’elezione come proprio successore di S.A.R. il Principe Sergio di Jugoslavia.
Erano presenti S.A.R. il Principe Enrico d’Assia, che portò i messaggi di S.M. il Re dei Bulgari Simeone II e di S.A.R. il Principe e Langravio Maurizio d'Assia, il Presidente emerito della delegazione italiana, Gr. Uff. Amm. Sq. Antonio Cocco, il Presidente della delegazione italiana Alessandro Cremonte Pastorello e tanti soci.
Dopo la relazione del Delegato generale internazionale, sempre confermato dal 1985, fu eletto all'unanimità il nipote di Re Umberto II e della Regina Maria Josè.
L'incontro si concluse con un pranzo all'Harry's Bar di Via Veneto, durante il quale il Barone Ventura ricevette le insegne di Commendatore nell'Ordine di S. Gregorio Magno.
 
In occasione dei primi 30 anni dalla sua elezione a Presidente Internazionale, l'associazione porge a S.A.R. il Principe Sergio di Jugoslavia i migliori auguri per queste “Nozze di perla” e Lo ringrazia per la Sua devozione, la Sua disponibilità e fedeltà ai valori sanciti fin dalla fondazione del Sodalizio e alla “squadra”.
È seguita l'elezione a Presidente Internazionale Onorario di S.A.R. la Principessa Reale Maria Pia di Savoia. 
 
Le celebrazioni per l'anniversario giubilare sono state rimandate, a causa del richiamo a Dio del Principe di Napoli Vittorio Emanuele.

In assenza di proclamazione del lutto da parte della famiglia, il Centro Studi Vittorio Emanuele II si è riunito a Napoli e a Torino domenica 11 febbraio, vigilia della nascita del Principe Vittorio Emanuele di Savoia.

Dopo aver commemorato l’augusto defunto, vista la partecipazione di quasi tutti i Principi sabaudi ai funerali del Principe di Napoli, all’unanimità dirigenti e soci hanno deciso di annoverare tra i soci onorari tutti i Principi sabaudi ed i loro discendenti che lo gradiranno.

Il Centro Studi ha realizzato numerose attività, in Italia ed all’estero, sin dal 2019. Fra queste, in particolare, con il Coordinamento Sabaudo e su organizzazione dell’Associazione Internazionale Regina Elena, l’unica mostra dedicata in Italia al padre della Patria, in occasione del bicentenario della sua nascita. Inaugurata il 4 marzo 2020 presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi della Fondazione Ordine Mauriziano, la mostra è rimasta aperta al pubblico fino al 30 agosto ed ha accolto tanti visitatori, malgrado il lockdown dovuto alla pandemia di Covid 19, imposto dal 9 marzo al 18 maggio.

Gli approfondimenti in mostra, ripresi dopo la riapertura fino al 25 luglio a cura di storici e professionisti, hanno dato l’opportunità ai partecipanti di implementare le loro conoscenze e di avvicinare dei particolari poco conosciuti.

Nel 2021 la mostra nazionale a Stupinigi è stata dedicata all’Arciduchessa Maria Adelaide, consorte di Re Vittorio Emanuele II, per il bicentenario della nascita dell’ultima Regina di Sardegna.
A questi eventi, che hanno registrato oltre 42.000 visitatori paganti, hanno partecipato i pronipoti del fondatore del Regno d’Italia S.A.R. il Principe Sergio di Jugoslavia e S.A.I. e R. l’Arciduca Martino d’Asburgo Lorena.

Sei altre esposizioni hanno sfidato con successo la pandemia, dalla Savoia a Collegno a Valdieri.


IL CIPPO DELLA REGINA ELENA A ROMA

 

A Villa Savoia, i lavori di riqualificazione della vegetazione hanno riportato alla luce il “cippo”. E’ una stele con un’altezza di circa 2 metri

e un corpo centrale della forma di un parallelepipedo di 90 centimetri di lato. Il lato rivolto verso la valle dove ora sorgono gli impianti sportivi dell’Acqua Aceta riporta la seguente iscrizione:

 

Pridie - kal - apriles - an - MDCCCCII

Victorio - Emanuele - III - rege

Helena - regina - augusta

fausto - omine - adstantibus

clivum - apud - Antemnas

arboribus - conseri

nascentemque - silvam

Helenae - reginae - nomine - nuncupari 

in spem civilis - utilitatis - et - cultus decretum - est

 

“Prima del giorno antecedente le calende di Aprile del 1902 (31 marzo 1902), regnanti il Re Vittorio Emanuele III e l’augusta Regina Ele-

na, con il favorevole auspicio dei presenti, fu stabilito che sul collepresso Antenne fossero piantati alberi e che il bosco nascente fosse

dedicato al nome della Regina Elena, nella speranza fosse di pubblica utilità e luogo di cultura”. Traduzione del Barone Francesco Ventura


L’ISTITUTO DELLA REALE CASA DI SAVOIA (IRCS)

CELEBRA IL RITORNO DEI PRINCIPI DALL’ INIQUO ESILIO

 

Come ogni 15 marzo, il benemerito ed attivo Istituto della Reale Casa di Savoia

(IRCS) celebrerà oggi, in Italia e all’este ro, il ritorno in Patria da Napoli dall’esilio del figlio e del nipote di Re Umberto II: il Principe di Napoli Vittorio Emanuele ed il Principe Emanuele Filiberto di Savoia. Altre cerimonie significative si svolgeranno oggi:

 

- S. Messa in suffragio dei 43 Conti, Duchi e Re di Casa Savoia (1003-1983) e del Principe Vittorio Emanuele di Savoia;

- Anniversario dei bombardamenti su Venafro e della distruzione di Cassino, per rendere onore ai Caduti ed a tutte le vittime pellegrinaggio a Mignano Monte Lungo, a cura dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv.

 

Medaglia coniata dall’Istituto della Reale Casa di Savoia (IRCS) per il ritorno in Patria

 

 

con la data dalla partenza da Napoli e del ritorno nella città partenopea


L’ORDINE DELLA CORONA D’ITALIA

Re Vittorio Emanuele II, con Regio Decreto 20 febbraio 1868, in occasione del matrimonio del Principe ereditario Umberto di Savoia, Principe di Piemonte (futuro secondo Re d’Italia Umberto I dal 9 gennaio 1878 al 29 luglio 1900) con la Principessa Margherita di Savoia-Genova, istituì l'Ordine della Corona d'Italia, con l'intento di consacrare la memoria del consolidamento del Regno.

 

L'Ordine venne destinato agli italiani ed agli stranieri per segnalate benemerenze verso la nazione.

 

Il primo conferimento di onorificenze avvenne il 22 aprile 1868, giorno delle nozze di Sua Altezza Reale il Principe Reale Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, con Sua Altezza Reale la Principessa Margherita di Savoia-Genova.

 

L'Ordine si divideva in cinque classi: Cavalieri di Gran Croce, Grandi Ufficiali, Commendatori, Ufficiali, Cavalieri. La decorazione dell'Ordine è una croce patente d'oro ridondata, smaltata di bianco, orlata d'oro, accantonata da quattro nodi di Savoia o nodi d'amore, caricata in cuore da uno scudetto circolare smaltato d'azzurro con la corona ferrea in oro e nel retro, sempre su eguale scudetto circolare

smaltato d'oro, l'aquila antica di Savoia, di nero, con le ali spiegate, coronata, con il cuore lo scudetto di Savoia, di rosso alla croce d'argento. Il nastro dell'Ordine è di rosso al palo di bianco.

 

In esilio, Re Umberto II continuò a conferire l’Ordine, seppur in numero limitatissimo, fino al richiamo a Dio il 18 marzo 1983, nel giorno dell'anniversario dello Statuto (prima domenica di giugno) e nel giorno del proprio genetliaco (15 settembre). I relativi diplomi di nomina

così iniziavano: Sua Maestà Umberto II, Re d'Italia, IV Gran Maestro dell’Ordine della Corona d'Italia, in quanto il Sovrano non ha mai abdicato. Dopo la sua morte, l’Ordine non è più stato conferito dal suo figlio e successore, S.A.R. il Principe di Napoli Vittorio Emanuele.



RICORDO DI MAURA AIMAR

Coordinamento Sabaudo <coordsabaudo@gmail.com>

25 febbraio 2024 alle ore 09:01

Ccn: massimomanzin86@gmail.com

Cari Amici,

sono lieto di invitarVi all'inaugurazione della mostra nazionale annuale dell'Associazione Internazionale Regina Elena Odv e del Coordinamento Sabaudo, che si terrà presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi lunedì 4 marzo 2024 alle ore 16.

Alla cerimonia nel salone d'onore della Palazzina della Fondazione Ordine Mauriziano seguiranno un ricordo di Maura Aimar e la consegna della prima edizione del premio a Lei intitolato, alla presenza del Centro Studi Principe Oddone.

 

Per motivi organizzativi, è necessaria la prenotazione con nome e cognome di tutti i partecipanti entro il 29 febbraio 2024.

Cordiali saluti.

Milo Ferrua

Stupinigi è un museo, senza servizi alberghieri.

 

Però ci sono molti alberghi a Torino e a Nichelino.


La Palazzina di Caccia di Stupinigi è una residenza originariamente adibita alla pratica dell'attività venatoria. Fu eretta per i Savoia tra il 1729 e il 1733, su progetto dell'architetto Filippo Juvarra. Questo sito fa parte del circuito delle residenze sabaude in Piemonte ed è stato proclamato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1997.

Situata nella località di Stupinigi, alla periferia sud-occidentale di Torino, la Palazzina di Caccia dista circa 10 chilometri dal centro storico della città. Originariamente, il castello apparteneva alla linea Acaja della Casa di Savoia, signori del Piemonte fino al 1418. Successivamente, fu venduto al marchese Rolando Pallavicino nel 1493. Nel 1563Emanuele Filiberto lo acquisì quando la capitale ducale fu spostata da Chambéry a Torino

Il nuovo palazzo fu progettato da Filippo Juvarra per essere utilizzato come palazzina di caccia per Vittorio Amedeo II, re di Sardegna. I lavori iniziarono nel 1729, e in soli due anni, la costruzione era sufficientemente avanzata per ospitare la prima battuta di caccia nel 1731. Juvarra coinvolse un team di decoratori, molti dei quali provenienti da Venezia, per realizzare gli interni. Durante i regni di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, la palazzina e il suo parco formale furono continuamente ampliati. La struttura finale conta 137 stanze e 17 gallerie, coprendo una superficie di 31.050 metri quadrati

La Polissena d'Assia-Rotenburg, moglie di Carlo Emanuele III, apportò ulteriori miglioramenti. Lo scopo originale della residenza di caccia è simboleggiato dal cinghiale di bronzo posizionato sulla sommità della cupola centrale e dalle teste di segugi che decorano le vasi sulla linea del tetto. L'edificio ha una pianta a croce di Sant'Andrea, con quattro ali angolari che si estendono dalla sala principale di forma ovale. Le estensioni hanno portato alla creazione di padiglioni separati collegati da lunghe gallerie angolari e un lungo cortile ottagonale circondato da ali, esteso verso due ulteriori cortili d'ingresso. Stupinigi era la location preferita per celebrazioni e matrimoni dinastici dei membri della Casa di Savoia. Nel 1773, qui Maria Teresa, principessa di Savoia, sposò Carlo Filippo, conte d'Artois, fratello di Luigi XVI e futuro Carlo X di Francia. Oggi, il Palazzo di Stupinigi ospita il Museo di Arte e Ammobiliamento, un museo delle arti e degli arredi, alcuni dei quali originali della palazzina, mentre altri provengono dalle ex residenze della famiglia Savoia a Moncalieri e Venaria Reale

Contatti

Piazza Principe Amedeo, 7, 10042 Nichelino (TO)

+39 0116200634

biglietteria.stupinigi@ordinemauriziano.it

 

 

Ecco alcune opzioni di alloggio a Nichelino, una località nei pressi di Torino:

  1. Hotel Parisi: Situato a Nichelino, a soli 10 minuti di auto dal Centro Espositivo Lingotto di Torino, l'Hotel Parisi è un elegante hotel di design. Offre camere climatizzate con TV satellitare e connessione Wi-Fi gratuita. Il ristorante Sant'Andrea propone piatti della cucina piemontese, preparati con ingredienti locali. L'hotel si trova a soli 2 km dall'autostrada A55 Tangenziale Sud, a 8 km dal centro di Torino e a 10 minuti di auto dal Parco Naturale di Stupinigi. Potrete usufruire di un parcheggio gratuito di fronte all'hotel e di un garage privato in loco.
  1. Hotel Original: Situato nel quartiere Mirafiori, è l'hotel più vicino alla fabbrica Fiat ed è facilmente raggiungibile dall'uscita sud della tangenziale di Torino. Offre camere climatizzate con connessione Wi-Fi gratuita e una colazione a buffet dolce e salata. Le camere presentano un elegante design in stile Liberty con pavimenti in legno o in cotto.
  1. Hotel Residence Sestriere: A 1,7 km dalla stazione ferroviaria Lingotto e dal Lingotto Fiere, offre sistemazioni climatizzate con bagno privato. Alcune camere vantano un angolo cottura e un balcone. La sede della Fiat è situata a 2 km, nei pressi della metropolitana Lingotto. Da qui potrete raggiungere il centro di Torino in 6 fermate di metropolitana
  1. Hotel Bengasi: Questo hotel offre sistemazioni a Moncalieri, a pochi chilometri da Nichelino. Tutte le camere sono dotate di aria condizionata e TV a schermo piatto. L'aeroporto più vicino è quello di Caselle Sandro Pertini, a 20 km


Storia

Il Palazzo Carignano è sorto per volontà di Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano, su progetto del padre teatino Guarino Guarini che ne ha iniziato la costruzione nel 1679. È uno dei più suggestivi ed imponenti palazzi del Seicento italiano, con facciata sinuosa e rivestimento in semplice mattone, preziosamente e originalmente lavorato.

L’edificio era sorto nell’area adibita a scuderie dal principe Tommaso, capostipite del ramo cadetto Savoia-Carignano, ed aveva in origine una pianta a C aperta sui giardini; l’attuale struttura quadrangolare è dovuta all’aggiunta del corpo di fabbrica ottocentesco costruito per ospitare il Parlamento italiano, e terminato nel 1871, dopo lo spostamento della capitale a Roma. Il salone centrale ellittico situato nella parte seicentesca, già destinato alle feste, era stato trasformato nel 1848 in aula del Primo Parlamento Subalpino.

Oggi il Palazzo ospita due diversi musei, oltre alla sede della Direzione Regionale Musei.
Al piano terreno gli Appartamenti dei Principi di Carignano riaperti al pubblico nel 2011 grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo. L’Appartamento di Mezzogiorno con le meravigliose boiseries dorate è aperto stabilmente, mentre saltuariamente è proposta al pubblico la visita dell’Appartamento di Mezzanotte e dei suoi saloni, affrescati da Stefano Maria Legnani detto il Legnanino, il valente pittore che lavorò nel Palazzo fra fine Sei e inizio Settecento.
Al piano nobile è ospitato il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.

 

Visita Palazzo Carignano

Orari

lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica
dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso 17.00)

martedì
chiuso

Ingresso con visite accompagnate in gruppo, max 25 persone.
L’acquisto del biglietto può essere effettuato online su www.museiitaliani.it oppure tramite l’App Musei Italiani.
In occasione della prima domenica del mese a ingresso gratuito (visita libera), la prenotazione è obbligatoria per tutti i visitatori e viene effettuata tramite l’acquisto anticipato online del biglietto.

Per informazioni: drm-pie.carignano-prenotazioni@cultura.gov.it; 011 5641711.


ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE REGINA ELENA ODV

 

Convegno “I custodi del patrimonio e delle tradizioni della Valle Gesso” a Valdieri Premio nazionale del Patrimonio all’Ing. Marco Fino

Domenica 3 marzo a Valdieri, l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv, con il Patrocinio del Comune e dell’Ente di gestione delle Aree Protette Alpi Marittime, ha organizzato il convegno “I custodi del patrimonio e delle tradizioni della Valle Gesso” nella Sala Alberto Bianco di Villa Bianco, magnifico edificio progettato in stile Liberty nel 1908 dall’Ing. Cesare Arnaud, dove nei giorni successivi all’8 settembre 1943 si ritrovarono molti esponenti della Resistenza cuneese legati a Dante Livio ed Alberto Bianco, in vista dell’organizzazione delle prime Bande Partigiane. La villa, ubicata in Piazza Regina Elena, oggi ospita la sede del Parco naturale delle Alpi Marittime. Nonostante la fitta e prolungata nevicata la conferenza ha riscosso un grande successo.

 

L’evento è stato dedicato alla memoria dei guardaparco Cesare Ferrero, deceduto all'età di 89 anni nel dicembre

2021 e Mauro Rabbia, travolto da una valanga il 13 febbraio 2010.

Emanuel Parracone, Sindaco di Valdieri dal 2006 al 2016, nel suo ruolo di moderatore, ha pronunciato il seguente discorso: “E’ un onore organizzare con l’Associazione Internazionale Regina Elena, presente a Valdieri da oltre 35 anni, questa importante iniziativa per ricordare l’impegno dei due guardaparco nel custodire e nel promuove re il patrimonio storico e naturale della Valle Gesso. Sono

felice inoltre di poter partecipare alla consegna del premio al neo Direttore del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, che tiene alto l’onore cuneese nel capoluogo sabaudo.

Ringrazio vivamente il Sodalizio con il quale collaboro da più di 20 anni per l’impegno e la considerazione che riserva da sempre alla nostra Valle e che ha voluto essere presente malgrado la forte nevicata odierna con amici di Torino, Roma e Modena”.

 

Il Presidente del Coordinamento Sabaudo ha concluso invitando tutti i presenti all'inaugurazione della mostra nazionale “Ritratti Sabaudi: le albumine”, organizzata dall'Associazione Internazionale Regina Elena Odv in collaborazione con il Coordinamento Sabaudo e la Fondazione Ordine Mauriziano, che sarebbe stata inaugurata il giorno seguente alla Palazzina di Caccia di Stupinigi e visitabile fino al 7

aprile.

 

Il Presidente Milo Ferrua ha quindi consegnato il LIX Premio Nazionale del Patrimonio dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv all’Ing. Marco Fino, Direttore del Museo di Scienze Naturali di Torino.

Sotto la direzione di Marco Fino, lo scorso 13 gennaio 2024 il museo ha riaperto le porte al pubblico dopo dieci anni di chiusura: nell’agosto 2013 un incendio aveva infatti danneggiato parte dell’edificio che lo ospita in Via Accademia Albertina n.15 a Torino.

 

Nel suo discorso l’Ing. Fino ha ricordato che il Museo di Scienze Naturali di Torino, la cui sede è l’antico Ospedale San Giovanni Bosco, edificato tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo per volere del Duca di Savoia Vittorio Amedeo II, custodisce un patrimonio di inestimabile valore che conta ben sette milioni di reperti. Le ricerche scientifiche a Torino vennero sostenute dalla Dinastia Sabauda e nel 1750 Re Carlo Emanuele III affidò almedico e botanico Vitaliano Donati le cattedre di Botanica e Storia Naturale all'Università, nonché la direzione dell’Orto Botanico. Egli su incarico della Corona compì numerosi viaggi a scopo scientifico portando nel Capoluogo Sabaudo una moltitudine di reperti provenienti da ogni parte del globo. Nel 1761 fece giungere da Alessandria d’Egitto, insieme a centinaia di altre antichità, tre sculture che raffigurano le DeeIside-Hator, Sekhmet e il Faraone Ram-ses II: esse andarono a costituire il primo 

nucleo del Museo Egizio.

 

Il Direttore del Museo delle Scienze Naturali ha concluso ricordando l’elefante indiano Fritz, donato nel 1826 al Re di Sardegna Carlo Felice da Muhammad ʿAli Pascià, il fondatore dell’Egitto moderno, il quale ricevette cento pecoremerinos.

L’animale visse nel parco della Palazzina di Caccia di Stupinigi e fu molto amato dai torinesi.

Unito da un profondo legame di affetto al suo guardiano, quando egli morì non riuscì ad accettare il suo successore e un giorno lo uccise con un colpo di proboscide. Questo triste avvenimento portò alla sua soppressione la sera dell’8 novembre 1852. Il corpo di Fritz venne 

conservato con la pratica della tassidermia ed è esposto al Museo delle Scienze

 

Naturali, dove i torinesi continuano ad ammirarlo in gran numero.

Il Museo di Scienze Naturali di Torino Il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, venne istituito nel 1978 con la Legge regionale n. 37 ed è uno tra i più amati dai torinesi. Ha sede nei locali del seicentesco ex Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista, progettato dal

celebre architetto Amedeo di Castellamonte e al suo interno conserva le collezioni, provenienti da tutto il mondo, sono frutto delle raccolte storiche dell’Università del capoluogo Sabaudo e delle acquisizioni della Regione e del museo stesso.

 

La sua mission è quella di scoprire, interpretare e diffondere la conoscenza del mondo naturale attraverso un ampio programma di ricerca scientifica, educazione e mostre, perseguendo l’obiettivo di conservare il patrimonio naturale e sensibilizzare il pubblico sulla necessità di salvaguardare e utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali.

 

Le esposizioni trattano diversi campi scientifici: zoologia; entomologia; botanica; mineralogia; geologia e paleontologia.

Il percorso espositivo si sviluppa su tre aree: Museo Storico di Zoologia, Arca delle Esplorazioni e Sala delle Meraviglie.

 

Nella sezione zoologia sono esposti esemplari naturalizzati e scheletri di animali provenienti da ogni parte del globo e giunti a Torino grazie al lavoro dei più celebri zoologi. I reperti sono collocati in grandi armadi storici e sono suddivisi in base ai cinque continenti; il pubblico ha la possibilità di ammirare marsupiali come il vombato e il koala e gli uccelli del Paradiso, provenienti dall'Oceania, numerose specie di pinguini dall'America, il condor delle Ande, il giaguaro e l’alligatore del Mississippi e un ippopotamo proveniente dal Capo di Buona Speranza comprato dall'entomologo e ornitologo Franco Andrea Bonelli a Londra nel 1823, solo per citarne alcuni. Grande

 

spazio è stato riservato anche alle specie del nostro Paese, tra le quali la marmotta, l’ermellino e il camoscio.

In armadi storici recentemente trasferiti da Palazzo Carignano è custodita la collezione degli scheletri del Museo

 

di Anatomia acquistata dall’Università degli Studi di Torino. Si tratta di una raccolta di decine di scheletri per evidenziare l’adattamento dell’animale al nuoto, al volo, al salto e all’arrampicata.

Al centro delle collezioni troneggia l’elefante Fritz: l’esemplare in pelle vera dell’animale è affiancato dal suo scheletro.

 

L’Arca delle esplorazioni è l’area dedicata ai viaggi naturalistici che nel tempo hanno contribuito all’arricchimento delle collezioni. Tra le meraviglie che si possono ammirare ci sono l’Arca progettata dall’architetto Andrea Bruno alla fine degli anni Novanta e lo scheletro di una balenottera spiaggiata in Liguria a metà dell’Ottocento,lungo il litorale di Bordighera.

La terza sala del museo, detta “delle Meraviglie”, propone una ricca selezione di reperti di proprietà della Regione Piemonte e dell’Università, tra i quali grandi modelli di mastodonte e rinoceronte, testimoni della vita di alcuni milioni di anni fa in Piemonte. Nella primavera del 1880, durante gli scavi per la realizzazione della linea ferroviaria nell'area di Dusino San Michele, nel segmento tra San Paolo Solbrito e Villafranca d'Asti, vennero infatti trovati i resti fossili in eccellente stato di conservazione di un rinoceronte bicorne, che all'incirca 3 milioni di anni prima abitava quella terra.

 

La sezione entomologica è di straordinaria importanza scientifica ed ospita gli esemplari giunti grazie alle campagne di raccolta di illustri entomologi torinesi o ex conservatori, fra i quai Achille Casale, Pier Mauro Giachino,

 

Mauro Daccordi, Pierluigi Scaramozzino, Guido Pagliano. Si possono ammirare circa 15.000 esemplari tipici di numerose specie di insetti, tra le quali coleotteri, imenotteri, lepidotteri, ortotteri ed emitteri.

Le collezioni vegetali del museo, avviate nel 1983 ammontano a circa 85 mila unità e consistono in raccolte di campioni essiccati, di piante vive e di immagini scientifiche. Grandi protagonistico sono anche i cristalli con i lorovivaci colori, tra questi la rodocrosite, l’azzurrite, il quarzo ematoide, fino ad alcuni gioielli veri e propri nel campo del collezionismo mineralogico provenienti dalla Val d’Ala e dalle miniere di Brosso e Traversella.

 

Nella biblioteca sono custoditi circa di 12 mila volumi, tra i quali 6 mila testi di pregio riguardanti le scienze naturali ed i viaggi di esplorazione scientifica, stampati tra il 1500 ed il 1850, frutto dell'acquisto, ad opera del museo,

 

della collezione degli eredi del Marchese Spinola nel 1982. Sono inoltre consultabili numerose raccolte di riviste,

 

tra queste la collezione completa della rivista inglese di giardinaggio illustrata Curtis's Botanical Magazine, caratteristica per le sue splendide riproduzioni di tavole di fiori colorate a mano. Completano questa straordinaria

 

raccolta i resoconti di viaggio nelle Indie Occidentali di fine Cinquecento curati dall’editore belga Théodore de Bry e i 38 volumi della Description de l'Égypte realizzati da viaggiatori francesi dopo la spedizione Buonaparte in Egitto.

Il pubblico visitando questo museo ha la possibilità di fare un’esperienza appassionante alla scoperta della straordinaria diversità del mondo naturale.

 

Il nuovo percorso espositivo si è arricchito di installazioni multimediali, tra i quali due videomapping: il primo è proiettato in loop, tutti i giorni, su uno schermo gigante di 15x6 metri al fondo della sala Arca delle Esplorazioni, il secondo è invece proiettato direttamente sul corpo dell’elefante Fritz, permettendo ai visitatori di scoprire i suoi organi interni.

 

Nella parte storica del museo è stato collocato un totem dotato di Intelligenza Artificiale generativa che permette al pubblico di 

dialogare con l’avatar di Sir Alfred Russel Wallace, il padre della biogeografia.


Auguri di pasqua 2024

Il 27 marzo 2024 alle ore 14, alla presenza del Sindaco Giuseppe Tellini e del Parroco Monsignor Angelo Del Zotto, Direttore della scuola, l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha donato dei materiali didattici laboratoriali ai bambini della Scuola Materna “Regina Margherita” di Palmanova, in occasione del tradizionale scambio di auguri per la S. Pasqua.

La consegna è stata effettuata dalla Prof. Emanuela Serra, referente Social Media e Comunicazione della Delegazione nazionale ai rapporti istituzionali e alla comunicazione, per la quale ricopre anche l’incarico di Vice Delegato nazionale.

I bambini hanno accolto con gioia gli ospiti, insieme alla coordinatrice Francesca Cugini, che ha ringraziato l’Associazione per l’attenzione che da oltre 26 anni dimostra verso la Scuola dell’Infanzia, ricambiando gli auguri e i doni con lieti canti.

Il Sindaco Giuseppe Tellini ha rivolto i saluti e gli auguri di Buona Pasqua all’Associazione, che ha ringraziato per l’attenzione dimostrata verso la Scuola “Regina Margherita”, una real-tà parrocchiale che, soprattutto negli ultimi an-ni, è cresciuta in maniera significativa non solo accogliendo i piccoli della scuola dell’infanzia, ma anche creando una sezione nido.

 

La Prof. Serra ha portato, a sua volta, i saluti e gli auguri di Buona Pasqua del Presidente na-zionale, Cav. Gr. Cr. Ilario Bortolan, e di tutti i soci del sodalizio.


COMITATO PER IL 7° CENTENARIO DELLA MORTE DI MARCO POLO

 

Il 25 aprile 2024 , a Venezia, l’Associazione Internazionale Regina Elena concluderà le attività del suo Comitato per il 7° centenario della morte di Marco Polo, istituito nel 2021 in occasione dei 750 anni dall'inizio del viaggio in Cina del giovane veneziano.

Il Regno armeno di Cilicia (1078-1375), detto “Piccola Armenia”, fu creato dagli esuli armeni che fuggivano dall'invasione dei Selgiuchidi, nell'attuale Turchia meridionale. Fu alleato dei Crociati e si promosse come baluardo della Cristianità in Oriente.  

Laiazzo è il nome medievale della piccola città di Ayas, oggi Yumurtalık, nella provincia di Adana(Turchia), sul Golfo d’Alessandretta.

Con la caduta di San Giovanni d’Acri (1291) e l’insabbiamento del porto di Tarso, divenne il centrodegli scambi commerciali tra Occidente ed Oriente.

Lì pisani, genovesi e veneziani fondarono colonie.

E’ da Laiazzo che nel 1271 Marco Polo partì per il suo viaggio in Cina, che durerà quasi un quarto disecolo. Scrisse nel capitolo 19 de Il Milione: «... Ancora sappiate che sopra il mare è una villa ch'è nome Laias, la quale è di grande mercatantia; e quivi si sposa tutte le spezierie che vengono di là entro, e li mercatanti di Vinegia e di Genova e d'ogni parti quindi le levano, e li drappi di là e e tutte altre care cose.

E tutti li mercatanti che voglio andare infra-terra, prende via da questa villa».

La battaglia di Laiazzo fu combattuta sul mare vicino alla città nel 1294 e si concluse con la vittoria della flotta genovese sui veneziani. In seguito al divieto del 1322 di Papa Giovanni XXII (Jacques Duèse,

1316-34) che impose ai veneziani di no commerciare con l’Egitto, il commercio veneto si spostò a Laiazzo.

Il divieto papale aVenezia decadde con Clemente VI (Pierre Roger Rosiers-d’Égle-tons, 1342-52) nel 1344 e Laiazzo uscì dalle rotte commerciali.

 

Passò varie volte da Armeni e Mamelucchi musulmani e fu definitivamente presa da questi ultimi nel 1347.




MONTE CASSINO

 

Come ogni 21 marzo l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha organizzato il suo pellegrinaggio annuale a Montecassino nella festa di S. Benedetto e per rendere omaggio a tutti i Caduti nei anni anniversario della terza battaglia del 15 marzo 1944.

La pandemia non ha permesso di svolgere tutto il programma ma il sodalizio ha ricordato i terribili fatti d’armi e tutti gli italiani che hanno donato la vita per l’indipendenza, la libertà e la pace a Mignano Montelungo (CE) ed a Venafro (IS).

Un pensiero particolare è stato rivolto all’eroico comandante del II Corpo d’Armata polacco, Generale Anders, che morì nel 1970 in esilio a Londra e volle essere sepolto tra i suoi soldati nel cimitero polacco di Montecassino.

Questo doveroso ricordo fa seguito alla “Targa per la Pace” a lui attribuita il 16 gennaio 2020, presso l’ambasciata polacca a Roma, in apertura delle celebrazioni del cinquantenario della sua dipartita.

Situata nell'omonima piana, fra i fiumi Rapido e Gari, ai piedi del monte su cui sorge la celebre Abbazia, l’antica Casinum, città confederata con i Volsci, divenne colonia romana nel 309 a.C. e, in seguito, un centro militare di particolare rilevanza.

Nel 529 Benedetto da Norcia, dopo aver trascorso tre anni in totale solitudine in un eremo di Subiaco, fondò l’Abbazia distrutta più volte: dai Longobardi alla fine del VI secolo, dai Saraceni nell’ 883, dal terremoto nel 1349, saccheggiata dal Generale Championnet nel 1799 e

rasa al suolo dai bombardamenti del 1944 (la cripta con il sepolcro di S. Benedetto e di S. Scolastica si è in parte salvata).

L’Abbazia è risorta in tutto il suo splendore. Sorse sulla base d’una preesistente fortificazione romana e qui il Santo Patriarca Patrono d’Europa scrisse la sua “regola” che s’irradiò in tutto il mondo occidentale, creando le premesse per la nascita dell’Europa moderna. Montecassino fu, prima del Mille e durante il Medioevo, un importantissimo centro di cultura e di diffusione del monachesimo occidentale. I suoi monaci portarono la religione cattolica in Inghilterra, Danimarca e Scandinavia, ed a loro si deve la conservazione e la sopravvivenza di gran parte del pensiero e della letteratura antica.

Il museo custodisce opere d'oreficeria in oro ed argento, con smalti, pietre preziose e coralli, reperti di grande pregio artistico e messali miniati ed una quadreria. Nell'archivio e nella biblioteca sono conservati documenti di fondamentale importanza sia per la storia dell'Abbazia sia per la cultura italiana ed europea.

Cassino - Linea Gustav: due termini che si sono fusi indissolubilmente e che significano la storica battaglia, che in realtà ne annovera tre (17 gennaio, 15 febbraio e 15 marzo del 1944).

I tedeschi erano comandati dal Feldmaresciallo Kesserling, che si ferma a Cassino, i britannici erano guidati dal Maresciallo Alexander, incorporati nella V Armata americana del Generale Clark, i francesi erano agli ordini del Generale Juin, i neozelandesi con il Generale Freyberg ed i polacchi con il Generale Anders.

Il 17 gennaio gli inglesi furono bloccati sul Garigliano, gli americani a S. Angelo in Theodice; solo i francesi riuscirono a sfondare Monte Cifalco.

Lo sbarco di Anzio-Nettuno non portò gli esiti sperati.

Freyberg creò un corpo neozelandese ed indiano che il 15 febbraio, dopo tre ore di bombardamenti e con l’azione dell’artiglieria pesante, causò la distruzione di Montecassino e l'occupazione delle sue rovine da parte dei tedeschi. Il 15 marzo la terza battaglia vedrà un massiccio attacco aereo, con la distruzione di Cassino.

La Linea Gustav è sfondata, la Statale viene conquistata, ma alcuni tedeschi creano nuove difficoltà e solo in maggio i francesi sull’Ausente, i britannici ed i canadesi sul Rapido ed i polacchi a  Montecassino riusciranno a far crollare il fronte tedesco ed a far abbandonare il Monastero e la città. 

I numerosi Caduti di tutto il mondo riposano, onorevolmente ricordati, nei famosi sacrari militari ubicati nella città e nel Cassinate.

Il Cimitero polacco, a Montecassino, custodisce 1.052 salme del glorioso II Corpo d’Armata Polacco, comprese quelle del Generale Anders e del Cappellano, Arcivescovo Gawline, deceduti nel 1970 ed ivi trasferiti per loro espresso desiderio.


TRIESTE, LA MESSA DEL PAPA SARÀ PER DIECIMILA FEDELI

Papa Francesco si recherà a luglio a Trieste per chiudere la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, l'appuntamento della CEI a cadenza pluriennale per approfondire e rilanciare il messaggio sociale cristiano e guidare l'azione dei credenti nelle varie categorie del mondo del lavoro.

 

 

L’arrivo all'aeroporto attorno alle 8, la tappa in Porto vecchio e la funzione in piazza Unità alle 11

 

L’arrivo in città già intorno alle 8.30, con la visita ai delegati della 50.a Settimana sociale dei cattolici d’Italia al Generali Convention Center. Poi l’incontro in una piazza cittadina – è in fase di valutazione quella di Sant'Antonio – con alcune realtà rappresentative. Infine, alle 11, la Santa Messa in piazza dell’Unità, con 10 mila fedeli. Inizia a delinearsi il programma della prima vi-sita a Trieste di Papa Francesco, fissata per il prossimo 7 luglio.

La macchina organizzativa si è ovviamente già messa in moto. Molti dettagli devono ancora essere de-finiti, tenendo in considerazione anche lo stato di salute del Pontefice che potrebbe far emergere qual-che esigenza in più. L’impianto por-tante dell’agenda di quella giornata è comunque pressoché definito. Il piano della sicurezza verrà esami-nato in Prefettura, nell'ambito appunto del Comitato per l’ordine e la sicurezza. Dal 24 giugno sulla piazza prenderanno il via le operazioni di montaggio del palco.

 

Francesco arriverà a Trieste al termine di un lungo cammino a Nord Est, che il 28 aprile lo porterà a Venezia e il 18 maggio a Verona.

 

L’arrivo in città già intorno alle 8.30, con la visita ai delegati della 50.a Settimana sociale dei cattolici d’Italia al Generali Convention Center. Poi l’in-contro in una piazza cittadina – è in fase di valutazione quel-la di Sant'Antonio – con alcune realtà rappresentative. Infine, alle 11, la Santa Messa in piazza dell’Unità. Inizia a delinearsi il programma della prima visita a Trieste di Papa Francesco, fissata per il prossimo 7 luglio.

La macchina organizzativa si è ovviamente già messa in moto. Molti dettagli devono ancora essere definiti, tenendo in considerazione anche lo stato di salute del Pontefice che potrebbe far emergere qualche esigenza in più. L’impianto portante dell’agenda di quella giornata è comunque pressoché definito.

Il piano della sicurezza verrà esamina to in Prefettura, nell'ambito appunto del Comitato per l’ordine e la sicurezza.

L’ARRIVO DEL PONTEFICE

Quella domenica il Santo Pa­dre raggiungerà il Trieste Air­port intorno alle 8. Al vaglio ci sono poi due possibilità: che raggiunga Trieste in automobile o, cosa più probabile tenendo conto che in piena estate l’ingresso alla città a quell'ora è già congestionato, che venga fatto salire a bordo di un elicottero diretto in Porto vecchio. Nel vecchio scalo, ad esempio nella zona della Saipem, ci so-no gli spazi adeguati a far atterrare un mezzo di quel tipo. A quel punto, ad attenderlo ci sarà la “papamobile” che lo accompagnerà prima al centro congressi e poi agli altri appuntamenti della mattinata, fino al suo arrivo in piazza Unità.

GLI INCONTRI

Lasciato il Generali Convention Center, il Pontefice per incontrare alcune realtà cittadine raggiungerà una delle cinque piazze scelte per la rassegna “Le piazze della Democrazia”, che si inserisce nell’ambito delle iniziative previste per la 50.a Settimana sociale dei cattolici in Italia in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio. La cinque giorni  che da indiscrezioni potrebbe essere inaugurata davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella  si chiuderà appunto con la presenza di Papa Francesco.

Per una serie di questioni lega­te anche alla sicurezza, è molto probabile che la piazza desti-nata agli incontri con il Santo Padre sarà, come dicevamo, quella di Sant'Antonio.

Lì il Papa raccoglierà le voci, le testimonianze di alcuni cittadini che potrebbero essere, ad esempio, rappresentanti del mondo della scienza, del volontariato, dei giovani, dei migranti, della multi religiosità di Trieste.

LA SANTA MESSA

Con un percorso ancora da stabilire, alle 11 Bergoglio arriverà in piazza dell’Unità per la Santa Messa – che presiederà ma non celebrerà che si concluderà alle 12 con l’Angelus.

Le persone non potranno usci-re dalla piazza durante tutta la permanenza del Pontefice, che poi da lì lascerà Trieste.

Non è escluso che spostandosi dal centro congressi verso il centro città, o dopo aver lascia-to piazza dell’Unità, uscendo quindi da Trieste, il Santo Pa­dre si fermi in piazza della Libertà, diventata luogo simbolo delle problematiche migratorie. Ma questi passaggi resta-no ancora da definire.

L’ACCESSO DEI FEDELI ALLA SANTA MESSA

Da quando è stato annunciato l’arrivo del Papa, in molti stanno contattando la Diocesi per avere informazioni in merito ai posti disponibili per la Santa Messa in piazza dell’Unità. La Diocesi ci tiene a precisare che per ora non sono state ancora definite le modalità, e che non appena sarà possibile verranno date le dovute indicazioni sui canali ufficiali della stessa Diocesi.

Per ora si sa che i posti a disposizione saranno 10 mila, di questi 4 mila con seduta.

L’accesso alla Santa Messa che previa prenotazione sarà per tutti gratuito avverrà esibendo ai varchi di ingresso un cartoncino stampato con un sistema anti contraffazione, irriproducibile, che avrà un colore diverso a seconda del settore della piazza assegnato.

PIAZZA UNITÀ

Dal 24 giugno sulla piazza prenderanno il via le operazioni di montaggio del palco. Sarà disposto spalle al Municipio e vedrà un assetto iniziale, più semplice e idoneo al concerto in programma per il 4 luglio 2024, circola il nome di Gianni Morandi, e uno successivo per consentire la celebrazione della Santa Messa del 7 luglio.

 Dietro alla fontana dei Quattro Continenti verrà allestito un retropalco, con uno spazio per i celebranti, una sorta di sacrestia.

 L’organizzazione vede impegnati in prima persona dei professionisti delegati dalla CEI che si stanno interfacciando con il Comune per alcuni aspetti logistici.

Già dalla serata del 6 luglio 2024, per consentire la bonifica dell’area da parte delle forze dell’ordine e a garanzia della massima sicurezza che la presenza del Santo Pa­dre impone, la piazza sarà blindata con accesso interdetto.

LA SICUREZZA

I provvedimenti da adottare in termini di sicurezza verranno esaminati in Prefettura, alla presenza ovviamente dei delegati CEI e di chi segue nei detta-gli la sicurezza del Pontefice.

Dei tavoli tecnici in Questura definiranno poi la messa a Terra dei diversi provvedimenti. «Ci stiamo preparando ad assi-curare dei servizi molto artico-lati e dettagliati vista l’importanza della visita del Santo Pa­dre – spiega il questore Pietro Ostuni –, con un rafforzamento della vigilanza anche per tutti gli obiettivi sensibili>>.

I VOLONTARI

Ad oggi sono 159 i volontari arruolati dalla Diocesi a suppor-to delle diverse attività in programma per la 50.a Settimana sociale dei cattolici d’Italia. Il numero è destinato a salire, tenendo conto che mancano tre mesi all'appuntamento.

 

 

Chi volesse mettersi a disposizione può scrivere a settimana.so-ciale@diocesi.trieste.it.