GORIZIA
Gorizia (IPA:ɡoˈriʦʦja; Gorica in sloveno, [ɡɔˈɾiːʦa],Gurìze in friulano standard, Guriza in friulano goriziano, Görz in tedesco, Gorisia in bisiacco) è un comune italiano di 34 017 abitanti della regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia.
Capitale della Contea di Gorizia e Gradisca, nel 1910 contava circa 30.000 abitanti.
Non evacuata all’inizio delle ostilità,
Gorizia divenne ben presto la città simbolo del fronte dell’Isonzo, per 29 mesi a ridosso delle prime linee, sede di comandi e servizi logistici, popolata di truppe e progressivamente spopolata
di civili, sottoposta a pesanti bombardamenti che complessivamente distrussero dal 30 al 50% del tessuto urbano.
La guerra per la città iniziò nel luglio
1914, con il richiamo e l’invio di diverse migliaia di goriziani al fronte serbo o quello russo, mentre furono arrestati una sessantina di cittadini accusati di essere filo-russi o filo-serbi,
quasi tutti di nazionalità slovena, tra cui il vice-presidente della Giunta provinciale Aloiz Franko e il giornalista e politico Andrej Gabršček.
Molti degli arrestati furono rilasciati in breve tempo, altri internati nella Monarchia asburgica.
L’anno della neutralità italiana vide anche il rimpatrio dei regnicoli, che nel 1910 erano 1100.
Molti rientrarono in Italia per non trovarsi in caso di guerra nella condizione di sudditi di uno Stato nemico, un flusso che crebbe all’avvicinarsi della prospettiva del conflitto e raggiunse il culmine nei giorni precedenti l’intervento italiano. Non massiccio per dimensioni quantitative ma politicamente significativo il fenomeno del fuoruscitismo irredento, collegato anche alle chiamate alle armi, che vide espatriare in Italia esponenti di spicco della borghesia liberal-nazionale e molti studenti, diversi di idealità mazziniane.
Varie le motivazioni, dall’intento di contribuire alla causa irredentista a quello di evitare la chiamata alle armi o di «scampare» i pericoli della guerra.
Parte di essi si arruolò nell’esercito
italiano; i volontari furono
nel complesso oltre un centinaio, compresi gli ex-combattenti nell’esercito austriaco, fatti prigionieri in Russia ed in seguito arruolatisi nel Corpo di spedizione italiano in Estremo
Oriente.
Entrata in guerra l’Italia, l’iniziale
avanzata delle sue truppe si arrestò dinanzi alla testa di ponte di Gorizia, lasciando in mano austriaca la città, difesa in particolare dalla 58ª divisione di fanteria del generale Erwin
Zeidler.
Sciolto il consiglio comunale, Gorizia
venne amministrata da un commissario governativo, il conte Alfredo Dandini, mentre in breve lasciarono la città sia la Giunta provinciale guidata da mons. Luigi Faidutti che
l’arcivescovo mons. Sedej.
Dopo il 23 maggio scattarono gli
internamenti di buona parte – oltre 160 già nel luglio 1915 – dei regnicoli non
rimpatriati; di questi nell’estate 1915 donne, bambini e anziani vennero espulsi tramite la Svizzera verso l’Italia. Contemporaneamente furono internati i
cittadini austriaci di sentimenti irredentisti o ritenuti «politicamente inaffidabili» (politisch
unverlässichen), mentre vennero
sciolte le società politiche, culturali e sportive reputate focolai di irredentismo; il numero
degli internati o
confinati durante la guerra superò il centinaio, tra cui il podestà Giorgio Bombig e diversi esponenti dell’élite liberal-nazionale.
La popolazione, già diminuita per i
richiami alle armi, calò in poche settimane a 15.500, scesi a 9000 dopo la prima battaglia dell’Isonzo e risaliti a 15.000 a fine settembre.
I goriziani fuggivano durante le fasi acute dei combattimenti verso la valle del Vipacco o Trieste, per rientrare nei momenti di pausa; quanti erano privi di mezzi di sostentamento, tuttavia, venivano inviati dalle autorità verso l’interno dell’Impero asburgico, dove vissero come profughi.
Nel novembre 1915 si ebbe il bombardamento massiccio della città – prima relativamente risparmiata dalle artiglierie italiane – che fece precipitare il numero degli abitanti a poco più di 5000;
i rientri durante la pausa invernale dei combattimenti lo fecero risalire a 12.400 nel marzo 1916, di cui gran parte ancora presente nel luglio 1916.
Gli abitanti ben presto si adattarono alle
condizioni di vita di una città in prima linea, contrassegnate dal coprifuoco e dai tanti divieti emanati dai comandi, dalla chiusura di molte attività, dalla penuria generi alimentari e non,
dagli scoppi di granate e shrapnel, da pallottole vaganti (nel complesso i civili deceduti per cause belliche furono oltre 400); col tempo i goriziani impararono a conoscere i luoghi più
pericolosi e quelli al riparo dai proiettili nemici ed a rifugiarsi in occasione dei bombardamenti più intensi in cantine ed altri locali sotterranei, dove si trasferirono anche uffici e
servizi.
La VI battaglia dell’Isonzo portò alla
conquista della città tra l’8 e il 9 agosto e contestualmente alla fuga della maggioranza degli abitanti, che all’arrivo delle truppe italiane erano circa 3200; di questi 450 vennero subito
trasportati come profughi in Italia,
altri internati immediatamente.
Ai piedi del Monte Calvario si incontra
la prima tappa di questo itinerario, il sottopassaggio ferroviario intitolato ad Aurelio
Baruzzi, il primo italiano ad entrare
a Gorizia e
ad issare
la bandiera tricolore la mattina dell'8 agosto
1916.
Su questo sottopasso, il 7 agosto 1916, il
sottoufficiale romagnolo riuscì assieme ad altri suoi commilitoni ad intrappolare circa trecento militari austro-ungarici ed a requisire diverse armi (tra cui due cannoni).
Da subito il Comando Supremo la considerò una manovra straordinaria e per questo motivo fu deciso di apporre un'epigrafe e dedicare a Baruzzi questo luogo.
Questo gesto valse all’eroe lughese la concessione della massima decorazione militare, diventando la più giovane Medaglia d’oro al Valor Militare della Grande Guerra.
Qualche settimana dopo un censimento sommario registrò la presenza di 2652 civili, di cui 1984 tra donne e bambini. Dei presenti, 414 erano sloveni e 27 tedeschi, prova che non erano rimasti solo gli abitanti di sentimenti filo-italiani.
Gli internati da parte italiana furono
110, la maggior parte nelle settimane successive la conquista; particolarmente colpiti gli sloveni accusati di anti-italianità.
La linea del fronte si spostò poco ad est
di Gorizia, che continuò ad essere bombardata, questa volta dagli austriaci. Ad amministrare la città il Segretariato generale per gli affari civili nominò commissario civile il maggiore dei
carabinieri Giovanni Sestilli, che aveva nel generale Giovanni Cattaneo, comandante la Piazza di Gorizia, il suo interlocutore per le questioni legate alla presenza delle truppe (assegnazione
degli alloggi, organizzazione della difesa della città). Neanche le autorità italiane evacuarono Gorizia, ma favorirono le partenze di chi non poteva o non voleva rimanere. Nella primavera del
1917 Cattaneo promosse l’istituzione di una colonia marina a Montenero di Livorno per allontanare donne e bambini: partirono circa 430 persone, in maggioranza bambini, accompagnati da un certo
numero di madri e adulti.
Nell’ottobre 1917 i civili rimasti erano 1850;
la rotta di Caporetto ne provocò lo sgombero totale tra il 27 e il 28 ottobre;
solo 40-50 persone sfuggirono
all’evacuazione, organizzata e condotta con rigore.
Tornata in mano austriaca, spopolata,
semidistrutta, saccheggiata dalle truppe italiane in ritirata, da quelle austriache vittoriose e dagli abitanti delle retrovie, per la città iniziò un difficile percorso di ricostruzione, frenato
dalla mancanza di risorse – finanziarie, materiali ed umane – e condizionato dalla crisi alimentare ed economica dell’Impero.
Lentamente la città si ripopolò grazie al
rientro dei profughi e all’afflusso di residenti in paesi del circondario distrutti, tanto che alla fine del conflitto gli abitanti erano circa 7-8000.
Il crollo dell’Impero vide il formarsi di
due comitati provvisori, uno italiano e uno sloveno, che rivendicarono il possesso di Gorizia alle rispettive nazioni di riferimento, una situazione di incertezza che si concluse il 6 novembre
con l’arrivo delle prime avanguardie dell’esercito italiano, che preannunciavano l’inclusione della città nel Regno d’Italia.
Nella battaglia di Gorizia (9-10 agosto 1916) persero la vita 1 759 ufficiali e circa 50 000 soldati di parte italiana; dalla parte austriaca morirono 862 ufficiali e circa 40 000 soldati, quindi con un altissimo numero di morti.
In questo clima venne composta la nota canzone popolare O Gorizia tu sei maledetta, scritta da un anonimo militare ed entrata poi a far parte della tradizione anarchica e antimilitarista.
Chi fosse stato sorpreso a cantare questa canzone veniva accusato di disfattismo e fucilato.
La versione originale venne trascritta da Cesare Bermani
«[...] O, Gorizia, tu sei maledetta |
(Ritornello della popolare cantata durante la Grande guerra dai militi italiani) |
La presa di Gorizia fu anche decantata dai contemporanei, come testimonia il poema La Sagra di Santa Gorizia di Vittorio Locchi, pubblicato per la prima volta nel 1918, ebbe numerose ristampe.
LUOGHI DA VISITARE A GORIZIA
A Gorizia si respira l'atmosfera sospesa tipica di una città di confine:
nella piazza Transalpina, fino al 2004 fisicamente divisa da un muro, si passeggia con un piede in Italia e uno in Slovenia.
Grazie alla sua particolare posizione geografica, Gorizia è sempre stata influenzata culturalmente dall’incrocio tra diverse civiltà: quella latina, quella slava e quella germanica.
Posta al confine orientale, ha sempre giocato un ruolo centrale nella Mitteleuropa.
Oggi le sue strade, la sua architettura e
i suoi parchi testimoniano la grande storia di questa città.
Il castello medioevale è il cuore e il
simbolo della città:
da qui la vista spazia sulle dolci distese di colli e su tutta Gorizia, dove convivono in modo armonioso architetture medievali, barocche e ottocentesche.
La borghesia asburgica amava passeggiare
tra le vie del centro, non a caso la città veniva chiamata "Nizza asburgica".
Fra i molti palazzi storici emergono
Palazzo della Torre, Palazzo Attems Petzenstein e Palazzo Werdenberg, sede della Biblioteca Statale Isontina.
La storia della comunità ebraica di
Gorizia è raccontata invece nel Museo Sinagoga Gerusalemme sull'Isonzo di via Ascoli.
Tra parchi incantevoli, come il Parco
Piuma sul fiume Isonzo, il Parco del Palazzo Coronini Cronberg (con alberi di tutto il mondo) e il Giardino Viatori, molto spazio ha anche la cultura: tanti i musei da visitare, anche particolari
e curiosi, come i Musei Provinciali con il Museo della moda e delle arti applicate, il Museo della Grande Guerra e la Collezione Archeologica, Il Museo del Medioevo Goriziano all'interno del
castello.
Sulle alture della città, in località
Oslavia, si trova l'imponente Ossario di Oslavia, che raccoglie le spoglie di soldati italiani ed austro-ungarici caduti durante la Prima Guerra Mondiale.
All'Aeroporto Friuli Venezia Giulia - Ronchi dei Legionari (TRS), a 20 km dalla città, atterrano voli diretti da Milano, Roma, Napoli, Genova, Torino, Londra, Monaco di Baviera e Belgrado, oltre ai voli stagionali da/per destinazioni turistiche.
Per arrivare al parcheggio di via Giustiniani