REGNO D'ITALIA (1861-1946)
POI REPUBBLICA ITALIANA (DAL 1946)
Regno d'Italia (1861-1946) 1861-1922: età liberale
1861-1866
Nel corso della seconda guerra di indipendenza (1859) Giuseppe Garibaldi occupa la Lombardia mentre le truppe franco-piemontesi in decisive battaglie sconfiggono le truppe austriache.
Scoppiano insurrezioni nell'Italia centrale, in Toscana, ove al granduca Leopoldo II subentra una Reggenza assunta dal conte Carlo Boncompagni nominato da Vittorio Emanuele II, poi nelle Legazioni pontificie e nei Ducati padani che chiedono l'annessione al Regno di Sardegna e ottengono l'invio di Commissari regi, Diodato Pallieri a Parma, Luigi Carlo Farini a Modena, Massimo D'Azeglio nelle Legazioni, mentre i moti nelle Marche e nell'Umbria vengono stroncati. In questo contesto interviene l'armistizio di Villafranca, deciso da Napoleone III, che porta alla cessione della Lombardia, salvo Mantova, al Regno di Sardegna, mentre i Savoia debbono ritirare i Commissari regi dall'Italia centrale, ove, senza intervento armato dell'Austria, dovevano tornare i sovrani spodestati.
Quando il governo sabaudo, guidato ora da Alfonso Ferrero La Marmora (subentrato nel luglio a Camillo Cavour che si era dimesso) richiama i Commissari regi le popolazioni dell'Italia centrale eleggono Governi provvisori cui vengono delegati i pieni poteri per impedire il ritorno dei sovrani spodestati e per preparare l'annessione al Regno di Sardegna.
Cavour, tornato al governo nel marzo 1860, promuove, con l'appoggio britannico, i plebisciti dell'11 e del 12 marzo che sanciscono l'annessione della Toscana, dell'Emilia e della Romagna allo Stato sabaudo.
Nell'aprile successivo Nizza e la Savoia vengono cedute alla Francia.
Nell'Italia meridionale, dopo le annessioni dell'Italia centrale, insorge Palermo con una rivolta rapidamente domata.
Ne consegue la preparazione della spedizione dei Mille, affidata a Giuseppe Garibaldi, che nel maggio 1860 occupa la Sicilia orientale.Garibaldi ne assume la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II e nel mese di luglio conquista il resto dell'Isola.
Le truppe garibaldine risalgono la penisola, occupano Napoli il 7 settembre e sconfiggono definitivamente l'esercito borbonico nella battaglia del Volturno (1-2 ottobre).
Nel frattempo le truppe sabaude occupano le Marche e l'Umbria, sconfiggendo le truppe del papa.
Marche e Umbria, con voto plebiscitario proclamano la loro annessione al Regno di Sardegna. Anche l'Italia
meridionale vota per l'annessione e, con l'incontro di Teano tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, il 26 ottobre, si conclude l'impresa dei Mille. Poco dopo muore Cavour.
Il 17 marzo Vittorio Emanuele II viene proclamato re d'Italia. Il 18 febbraio 1861 si inaugura a Torino il primo Parlamento italiano: lo Statuto albertino, concesso da Carlo Alberto nel 1848,
diventa la carta fondamentale del nuovo Stato.
Il dibattito sull'organizzazione dello Stato, che includeva posizioni centralistiche e posizioni federative e regionalistiche, vede l'affermarsi della soluzione centralistica, nella linea risorgimentale dell'unità e indipendenza nazionale.
Il nuovo Stato si modella sulla legge cavouriana del 1853 in un ordinamento per ministeri e si incardina a livello territoriale sulla figura del prefetto, sul modello dei dipartimenti francesi, ancorché derivante dalla figura dell'intendente, che rappresenta in ogni provincia il governo centrale ed esercita il controllo politico ed economico sulle amministrazioni provinciali e comunali e su tutte le amministrazioni periferiche dello Stato.
Dopo una prima fase in cui rimangono in vigore alcune norme di Stati preunitari e operano varie
amministrazioni stralcio, viene affrontata la complessa questione dell'unificazione amministrativa e giudiziaria che ha in un complesso di norme del 1865 il risultato più rilevante.
1866-1870
A seguito della terza guerra di indipendenza (1866) il regno d'Italia ottiene la cessione del Veneto e di Mantova dall'Austria. Mentre falliscono i tentativi di Garibaldi (1862 e 1867) per
conquistare Roma, prevale la linea diplomatica che comporta il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, nel 1864, in cambio dell'impegno di Napoleone III a ritirare le sue truppe da
Roma.
Quando le truppe francesi vengono ritirate per la guerra franco-prussiana, il governo italiano decide di
intervenire a Roma con un'azione di forza.
1870
Il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrano a Roma dalla breccia di Porta Pia; con un successivo plebiscito anche Roma e il Lazio vengono annesse all'Italia e, nel 1871, Roma è proclamata
capitale d'Italia.
1871-1900
In base allo Statuto albertino l'Italia è una monarchia costituzionale, ma di fatto – anche in considerazione delle forti personalità politiche che guidano i governi e del peso che andranno ad
assumere i partiti politici – si instaura un processo, per altro non lineare e non privo di contrasti, di attuazione di una forma di monarchia parlamentare. Con Vittorio Emanuele II, il Quirinale
diventa sede del sovrano e della Real casa.
La Destra governa il paese fino al 1876, quando subentra la Sinistra che rimane al potere fino alla crisi di fine secolo con i suoi esponenti più rappresentativi, tra cui Agostino Depretis e Francesco Crispi.
Viene ampliata la base elettorale; un nuovo Codice penale (1889, codice Zanardelli) abolisce la pena di morte: Il nome di Crispi si lega a numerose riforme, tra la fine degli anni Ottanta e i primi degli anni Novanta, che riorganizzano l'amministrazione centrale, con un rafforzamento dei poteri del governo e importanti interventi innovativi in settori quali la sanità e l'assistenza pubblica.
Diventano elettivi i sindaci delle città maggiori; alla figura amministrativa del segretario generale dei
ministeri subentra la figura politica del sottosegretario di Stato; si procede al riordinamento del Consiglio di Stato e all'istituzione di una sezione per la giustizia amministrativa; viene
istituita la Giunta provinciale amministrativa, come organo di controllo sugli atti della provincia, del comune e delle istituzioni pubbliche di beneficenza e come organo con funzioni di giudice
amministrativo.
Nel 1895 il Partito dei lavoratori italiani diventa Partito socialista italiano.
A seguito del divieto pontificio (non expedit, 1874) i cattolici non possono partecipare alla vita politica, ma sviluppano un'ampia attività sociale, costituendo leghe sindacali e cooperative: si costituiscono due linee, una detta degli “integralisti”, l'altra dei “moderati”, per intervenire comunque nel dibattito politico.
L'Italia aderisce alla Triplice alleanza con Germania e Austria (1882); avvia una politica coloniale, con l'acquisizione della Baia di Assab e poi di Massaua che porta a dichiarare l'Eritrea colonia italiana, riconosciuta a seguito di gravi insuccessi militari con il trattato di Addis Abeba (1896), in base al quale l'Italia riconosce l'indipendenza dell'Impero d'Abissinia.
Nei primi anni Novanta la conflittualità sociale ha i suoi momenti più aspri con i moti della Lunigiana (1893) e il movimento dei Fasci siciliani (1894).
La crisi più grave, comunque, si determina a seguito della dura repressione operata dal gen. Bava Beccaris nel 1898 a Milano per i tumulti generati dall'aumento del costo del pane.
Il nuovo governo del gen.
Pelloux avvia una politica reazionaria proponendo una serie di leggi eccezionali, non approvate. Segue un
governo moderato, ma il biennio segnato da una politica repressiva si conclude con l'assassinio del re Umberto I a Monza, il 29 luglio 1900.
1900-1914
Dall'inizio del 1900 al 1914 la scena politica è dominata dalla figura di Giovanni Giolitti che consolida una prassi di governo liberale, riconosce il diritto di sciopero, mantiene neutrale il
governo nei conflitti di lavoro e attua una serie di riforme di carattere sociale e di decentramento amministrativo; nel 1912 viene approvato il suffragio universale maschile.
Si avvia un processo di industrializzazione e nel 1906 i sindacati operai si uniscono nella Confederazione generale del lavoro (CGL) di orientamento socialista riformista mentre i sindacalisti rivoluzionari e anarchici confluiscono nell'Unione sindacale italiana (USI).
Successivamente anche la classe padronale si organizza, costituendo la Confederazione italiana dell'industria (1910) e la Confederazione generale dell'agricoltura (1911). Giolitti cerca di stabilire rapporti con l'ala riformista del Partito socialista; nelle elezioni del 1913 stabilisce un'alleanza preventiva con i candidati cattolici (patto Gentiloni, dal nome del presidente dell'Unione elettorale cattolica): i risultati delle elezioni favoriscono le organizzazioni di massa dei socialisti e dei cattolici, che nei primi anni del secolo avevano costituito il movimento della Democrazia cristiana ad opera del sacerdote Romolo Murri. Le lotte sociali, dopo un primo sciopero generale nel 1904, culminano nella “settimana rossa” (7-14 giugno 1914), con agitazioni di carattere insurrezionale in molte città. In politica estera Giolitti cerca di riavvicinarsi alla Francia; avvia la conquista italiana della Libia (1911-1912).
A seguito della pace di Losanna (1912) l'Italia ottiene la Libia e il possesso temporaneo del Dodecaneso, poi trasformato in colonia del Dodecaneso e, quindi, in Governo delle isole italiane dell'Egeo, con una riduzione territoriale, mantenendo però Zara.
La prevalenza della corrente intransigente nel PSI (Lazzari, Serrati, Mussolini) si mostra ostile sia all'impresa libica che alla politica filogiolittiana della corrente riformista (Bissolati).
Si afferma, intanto, l'influenza del nazionalismo, Associazione nazionalista italiana, contraria sia al
parlamentarismo che al socialismo e fautrice di un governo forte, impegnato in una politica imperialista (Corradini, Rocco, Federzoni).
1914-1922
Quando nel 1914 scoppia la guerra che vede da una parte la Germania e l'Austria-Ungheria e dall'altra la Francia, la Russia e l'Inghilterra, l'Italia – legata alle potenze centrali dalla Triplice
alleanza – dichiara la sua neutralità (3 agosto 1914), provocando le proteste degli interventisti nazionalisti e di alcuni settori liberali e degli interventisti democratici (da Bissolati a
Salvemini), repubblicani e esponenti dell'interventismo rivoluzionario (tra cui Mussolini per questo espulso dal PSI).
Favorevoli alla neutralità i liberali di Giolitti, i socialisti e gran parte del mondo cattolico. Il governo Salandra aveva aperto trattative con l'Intesa, stipulando nell'aprile del 1915 il Patto di Londra, e nel maggio successivo l'Italia esce dalla Triplice alleanza. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria-Ungheria. Al termine di una guerra durissima, il 4 novembre 1918 le truppe italiane entrano a Trento e a Trieste.
Tra il gennaio 1919 e l'agosto 1920 si riunisce a Parigi la Conferenza della pace che ridisegna l'assetto europeo dopo il crollo dell'Impero austro-ungarico e dell'Impero ottomano, stabilendo altresì la costituzione della Società delle nazioni, con sede a Ginevra.
L'Italia ottiene il Trentino, il Tirolo meridionale (Alto Adige), il Friuli (Gorizia), Trieste e l'Istria: viene instaurato un Governo civile e militare per le nuove province.
Non vengono riconosciute le pretese italiane sulla Dalmazia e nei Balcani, né le aspirazioni coloniali in Africa. Al confine orientale dell'Italia si costituisce il Regno di Jugoslavia. Si determina nel paese la sensazione di una vittoria mutilata su cui si innesta la cosiddetta impresa di Fiume, ad opera di un gruppo di militari ribelli guidati da Gabriele D'Annunzio: occupata la città dalmata nel settembre 1919, ne viene proclamata l'annessione all'Italia.
Dopo difficili trattative e tensioni con la Jugoslavia, il governo italiano nel Natale 1920 occupa
militarmente la città, che nel 1924 viene annessa all'Italia.
L'Italia, pur essendo uscita vittoriosa dalla guerra, entra in una fase di grave crisi politica e sociale, connessa al crollo dell'industria, non più sostenuta dalle spese di guerra, alla
disoccupazione, alla svalutazione della lira e all'aumento dei prezzi.
Una serie di agitazioni popolari, nel 1919-1920 (biennio rosso), attraversa tutti i settori del lavoro dipendente e culmina nell'occupazione delle fabbriche ad opera degli operai aderenti alla FIOM (Federazione italiana operai metallurgici, membro della CGL), che si conclude con un concordato tra le parti deludente per gli operai.
Nel PSI si confrontano l'ala riformista e la corrente massimalista, mentre nel 1921 si stacca dal PSI la corrente di estrema sinistra che dà vita al Partito comunista (PCd'I).
Nel 1919 si costituisce il Partito popolare italiano (PPI) sotto la guida del sacerdote Luigi Sturzo, ove confluiscono gli aderenti del sindacato cattolico, Confederazione italiana del lavoro (CIL).
Si allarga ampiamente la base del movimento nazionalista cui aderiscono settori delle forze armate e delle associazioni combattentistiche. Il 23 marzo 1919 si costituisce a Milano il movimento dei Fasci italiani di combattimento, ispirato da Mussolini, in cui confluiscono socialisti rivoluzionari e nazionalisti, con ampi consensi della piccola borghesia urbana e rurale.
Nel novembre 1921 il movimento si trasforma in Partito nazionale fascista (PNF), ampiamente finanziato dagli industriali e dagli agrari. La classe dirigente liberale, messa in crisi dalla crescita elettorale dei partiti di massa (elezioni politiche del 1919, con il sistema proporzionale) e dall'estensione dei conflitti sociali, non riesce a governare la situazione.
Dopo un triennio di violenze operate soprattutto contro le sedi del partito socialista, le milizie fasciste,
guidate da un quadrunvirato (Balbo, De Vecchi, De Bono, Bianchi), convergono sulla capitale (marcia su Roma, 1922) e ottengono dal re, che rifiuta di firmare lo stato di assedio, l'incarico di
governo per Mussolini.
1922-1943: lo Stato fascista
Il primo governo Mussolini include i nazionalisti (che poi confluiscono nel PNF), i liberali e i popolari (estromessi nel 1923). Nel 1923 viene abolito il sistema proporzionale e si instaura un
sistema maggioritario che assegna i 2/3 dei seggi alla maggioranza (legge Acerbo).
Le squadre fasciste vengono organizzate in Milizia volontaria sicurezza nazionale (MVSN) e inquadrate tra le forze armate, nel 1923. A seguito dell'assassinio del deputato socialista riformista Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), i deputati dell'opposizione abbandonano la Camera in segno di protesta (secessione dell'Aventino).
Forte dell'appoggio del sovrano, che gli riconferma l'incarico, Mussolini il 3 gennaio 1925 dichiara in
Parlamento di assumere su di sé la responsabilità politica, morale e storica di quanto era avvenuto e imprime una svolta decisamente autoritaria alla crisi.
Si apre così una fase di sospensione della tradizione liberale e parlamentare del paese, che -stravolgendo lo Statuto albertino, mai formalmente abrogato – porta gradualmente all'instaurazione di
un regime dittatoriale, mediante l'approvazione di un complesso organico di leggi.
Rielaborando anche istituti che erano stati introdotti per le esigenze di guerra, vengono approvate, dopo le leggi fascistissime del 1925-1926 che conferiscono un ampio potere regolamentare al governo e, in particolare, un ruolo preminente al presidente del consiglio ora denominato capo del governo, leggi che sopprimono la libertà di stampa e di riunione, i partiti politici, il diritto di sciopero e la pluralità delle associazioni sindacali, l'elettività dei sindaci e dei presidenti delle province.
Nel 1926 viene approvato il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e vengono riorganizzati i servizi di polizia con un forte potenziamento della polizia politica e delle neo costituite zone OVRA (organizzazione vigilanza repressione antifascismo).
Muta il sistema elettorale che annulla la libera espressione del diritto di voto.
Già nel 1922 era stato istituito il Gran consiglio del fascismo, che secondo la riforma del 1928, deve esprimere l'indirizzo politico del PNF e del governo e assume competenze in materia costituzionale pesantemente vincolanti anche per la Corona (competenza in materia di successione al trono).
Mussolini viene proclamato duce del fascismo.
Per quanto attiene all'organizzazione dello Stato, Mussolini modifica la disciplina del pubblico impiego, accentua in maniera sostanziale i poteri della pubblica sicurezza e del capo della polizia, che organizza un pervasivo sistema di controllo politico sugli antifascisti e sugli stessi fascisti.
Le leggi di polizia vengono armonizzate al nuovo Codice penale (codice Rocco), approvato nel 1930, che introduce i reati politici; viene istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e introdotta la pena di morte.
Gli antifascisti vengono arrestati o destinati al confino o costretti a emigrare all'estero. La lotta clandestina sul territorio nazionale è condotta soprattutto dai comunisti e dal movimento Giustizie e libertà, mentre prevale l'emigrazione all'estero per altre forze politiche.
Vengono riorganizzati la scuola e, soprattutto, i rapporti di lavoro e il sistema produttivo attraverso l'ordinamento corporativo, destinato - senza giungere a effettivo compimento - a costituire con il partito unico un cardine dello Stato fascista.
Nel corso degli anni si procede ad includere in tutti gli organi collegiali della pubblica amministrazione rappresentanti del PNF.
In parallelo all'ordinamento periferico del Ministero dell'interno (prefetture e questure), si costituisce un'organizzazione territoriale basata sulle Federazioni provinciali del PNF, dotate di propri uffici politici, con poteri sempre più ampi, che fa capo al Direttorio del PNF.
Vengono istituite numerose organizzazioni collaterali al PNF, Opera nazionale dopolavoro, Opera nazionale balilla, Gioventù italiana del littorio, Opera nazionale combattenti, ecc., che contribuiscono all'organizzazione capillare della società anche per quanto attiene al lavoro, alle attività sociali e di organizzazione del tempo libero e sportive.
Viene altresì organizzata una articolata struttura per la propaganda in Italia e all'estero e si organizza un
sistema di censura cinematografica e teatrale.
Nel periodo fascista trova, tuttavia, ampio sviluppo l'istituzione di enti pubblici, affidati spesso a tecnici, con funzioni nel settore dell'economia, della previdenza e assistenza, della
salute, della cultura. Viene emanata una importante legge bancaria e, nel 1942, il un nuovo codice civile.
Il governo fascista conclude con la Santa Sede i Patti lateranensi (febbraio 1929) che includono il concordato con cui si pone fine alla questione romana; viene creato lo Stato Città del Vaticano
e si procede al riconoscimento della religione cattolica come unica religione dello Stato, insegnata nelle scuole.
Il Parlamento viene esautorato fin dall'inizio e la Camera dei deputati perde la sua configurazione a seguito della trasformazione in Camera dei fasci e delle corporazioni (1939).
In politica estera, ad un primo atteggiamento sostanzialmente ostile alla Germania (1934-1935), segue un diverso orientamento quando Mussolini decide di invadere l'Etiopia (1935-1936).
La Società delle Nazioni impone le sanzioni all'Italia e ciò favorisce un avvicinamento alla Germania. Conquistata l'Etiopia, viene costituita l'Africa orientale italiana (Etiopia, Somalia, Eritrea) di cui Vittorio Emanuele III viene proclamato imperatore.
Nel 1936 il governo italiano invia truppe e aiuti in Spagna per collaborare con i falangisti, mentre parallelamente volontari antifascisti italiani partecipano nelle Brigate internazionali alla guerra di Spagna contro i fascisti.
Nell'ottobre 1936 vengono firmati accordi italo-tedeschi (asse Roma-Berlino). Nel 1938 Hitler viene in visita in Italia ed è ricevuto anche dal sovrano.
Nello stesso anno viene istituito il grado di Primo maresciallo dell'Impero conferito sia al re che al duce.
Dopo l'occupazione italiana dell'Albania (1939) viene firmato il patto d'acciaio tra Italia e Germania, che trasforma l'asse in strumento di guerra.
L'Albania viene accorpata al territorio della madrepatria e Vittorio Emanuele II diventa anche re
d'Albania.
Nel 1938-1939 il governo fascista promuove le leggi razziali, con cui si avvia una politica di discriminazione e persecuzione nei confronti degli ebrei.
Quando scoppia la guerra, nel 1939, tra la Germania nazista e le potenze occidentali, l'Italia dichiara lo stato di non belligeranza.
Entra in guerra il 10 giugno 1940, occupando la Francia.
La guerra si estende in Africa e nei Balcani. Nell'aprile del 1941, a seguito dell'occupazione italo-tedesca della Jugoslavia, si costituisce il regno del Montenegro sotto protettorato italiano; la Slovenia viene divisa in due parti, una delle quali assegnata all'Italia; viene creato lo Stato di Croazia per il duca Aimone di Savoia Aosta, con il governo fascista di Ante Pavelic, e Zara diventa capoluogo del Governatorato della Dalmazia che include anche le province di Spalato e di Cattaro.
L'Italia occupa la Grecia, la cui capitolazione è imposta dai tedeschi; Corfù, occupata dagli italiani, è
governata come entità autonoma dalla Grecia. La condotta di guerra dell'Italia è fortemente subordinata a quella tedesca.
Il 14 agosto 1941 il presidente americano Roosvelt e il premier inglese Churchill, firmano la Carta atlantica, una dichiarazione congiunta sul principio di libertà dei popoli.
L'attacco dei giapponesi, alleati alla Germania nazista, alla flotta americana nella baia di Pearl Harbour
nelle Hawaii (7 dicembre 1941), determina l'entrata in guerra degli Stati Uniti, al fianco dell'Inghilterra, della Francia e della Russia.
1943 luglio-1946 giugno: dalla caduta del regime fascista al referendum
istituzionale
Gli anglo-americani sbarcano, tra il 9 e il 10 luglio 1943, in Sicilia ed entrano a Palermo senza trovare particolare resistenza. Vi organizzano un Governo militare alleato (Allied Military
Government of Occupied Territories, AMGOT, poi solo AMG) per il conseguimento di vari obiettivi: sicurezza per le forze occupanti e per le linee di comunicazione, ristabilire l'ordine e le
normali condizioni di vita per la popolazione civile, assistenza e utilizzazione delle risorse economiche del territorio occupato per le forze occupanti, efficiente governo del territorio in
funzione degli obiettivi politico-strategici volti a sconfiggere i tedeschi, eliminare il regime fascista e liberare i prigionieri politici.
Tra l'ipotesi di un governo diretto, preferito dagli americani, e quello di un governo indiretto, preferito dagli inglesi, prevale quest'ultimo e, pertanto, resta in funzione l'apparato amministrativo italiano, tuttavia sotto il controllo dell'AMGOT: l'amministrazione militare del territorio si svolge attraverso un Quartier generale (Headquarters), i locali ufficiali degli affari civili (CAO, Civil Affairs Officiers) in collaborazione con gli ufficiali di polizia civile (CPO, Civil Police Officiers), con la polizia militare (MP, Military Police) e le unità combattenti del luogo.
La scelta dei prefetti è affidata alla decisione dei governi alleati. Il gen. Alexander, in virtù
dell'autorità conferitagli dal comandante in capo delle Forze alleate, gen. Eisenhower, si insedia quale governatore militare della Sicilia e annuncia la sospensione dei poteri del Regno
sull'isola.
Il governo fascista, indebolito dai bombardamenti e dalle privazioni di guerra, incapace di reagire agli scioperi di marzo a Torino e a Milano, minacciato dallo sbarco alleato in Sicilia, perde
il sostegno della popolazione e la fiducia di parte dei gerarchi.
Nella riunione del Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943, viene votata su sollecitazione di Grandi, Bottai e Ciano, la sfiducia al duce che, su ordine del re, viene arrestato.
Si forma così il governo Badoglio che nell'arco di “quarantacinque giorni” scioglie il PNF e libera una parte degli oppositori del regime che si trovavano in carcere o al confino, rimanendo tuttavia al fianco della Germania che procede all'invio di truppe sul suolo italiano.
Solo l'8 settembre, in seguito alla divulgazione dell'armistizio (firmato il 3 settembre, a Cassibile), il governo Badoglio dichiara la cessazione delle ostilità nei confronti degli anglo-americani e si limita a ordinare di reagire a eventuali attacchi di altra provenienza.
Il 9 settembre, il re e il governo abbandonano la capitale rifugiandosi a Brindisi, mentre gli americani sbarcano a Salerno; l'esercito italiano rimane sui vari fronti senza alcun coordinamento centrale, esposto alle rappresaglie dei tedeschi.
I tedeschi assumono il controllo dei territori non occupati dagli anglo-americani e occupano Roma, che viene dichiarata “città aperta”.
Con ordinanza di Hitler del 10 settembre 1943 vengono costituite la Zona d'operazioni Prealpi (Bolzano, Trento
e Belluno) e la Zona d'operazioni Litorale Adriatico (Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana) sotto la diretta amministrazione tedesca.
Il 12 settembre i tedeschi liberano Mussolini che, il 23 settembre, instaura con l'aiuto della Germania la Repubblica sociale italiana (RSI), con centro a Salò sul lago di Garda.
Vengono rese molto più dure le leggi razziali e agli ebrei - equiparati a stranieri di nazionalità nemica - viene imposto l'internamento e la confisca dei beni.
Mussolini cerca di ricostituire l'esercito e organizza gruppi di milizie, la Guardia nazionale repubblicana (GNR) che subentra alla MVSN, le Brigate nere, squadre d'azione varie per continuare la guerra a fianco della Germania e combattere i primi nuclei armati del movimento partigiano, coordinati dal Comitato di liberazione nazionale (CLN), cui aderiscono tutti i partiti antifascisti: Partito comunista (PCI), Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), Partito d'azione (PdA), Democrazia cristiana (DC), Partito liberale (PLI), Democrazia del lavoro.
Il CLN assume poteri istituzionali e conduce la guerra di liberazione contro i nazi-fascisti a fianco degli
alleati: si articola in CLN-Centrale e CLN-Alta Italia, mentre si costituiscono a livello territoriale, CLN regionali e provinciali. Il 13 ottobre, quando gli alleati entrano in Napoli, già
liberata da un'insurrezione popolare e il fronte si è stabilizzato a Cassino, il governo Badoglio dichiara guerra alla Germania. Inizia la cobelligeranza italiana al fianco degli alleati.
Il regime di occupazione in Sicilia permane anche dopo la firma dell'armistizio di Cassibile (3 settembre 1943, reso noto l'8), ma la presenza del re e del governo italiano a Brindisi consente la
costituzione del Regno del sud in continuità con il Regno d'Italia: Brindisi, Bari, Taranto e Lecce sono formalmente sottratte al GMA.
L'11 febbraio 1944 il gen. Alexander sancisce la fine dell'amministrazione alleata in Sicilia e il ritorno del governo italiano nell'isola sotto la supervisione della Commissione alleata di controllo che in realtà era già operante dal novembre del 1943 e che esercita una attività di controllo sulla condotta del governo italiano, cui può anche impartire disposizioni.
Tale organismo manterrà i suoi poteri di supervisione sul governo italiano ancora per qualche anno in Italia, sostanzialmente fino al trattato di pace.
Nel gennaio 1944 gli alleati sbarcano ad Anzio e Nettuno, mentre a maggio riescono a sfondare il fronte a Cassino; nel febbraio 1944 il governo italiano si sposta a Salerno.
Qui si forma un secondo governo Badoglio dopo la “svolta di Salerno”, ovvero dopo la proposta avanzata da
Palmiro Togliatti, esponente del PCI appena rientrato da Mosca, volta a trovare un compromesso tra i partiti antifascisti, la monarchia e Badoglio al fine di consentire un governo con tutte le
forze rappresentate nel CLN, collocando in tal modo il PCI nel nuovo quadro politico.
Il 4 giugno 1944 viene liberata Roma e il governo lascia Salerno e torna nella capitale. Accantonata per il momento dai partiti del CLN la questione istituzionale, conseguente alla compromissione
del re con il regime fascista, si dà vita ad una Luogotenenza del Regno affidata al principe Umberto.
Con d.l.lgt 25 giugno 1944, n. 151, si stabilisce che la scelta della forma istituzionale sarà affidata, dopo la liberazione del territorio nazionale, ad una Assemblea costituente che dovrà deliberare una nuova costituzione; finché non sarà entrato in vigore un nuovo Parlamento i provvedimenti aventi forza di legge saranno deliberati dal Consiglio dei ministri e sanzionati e promulgati dal luogotenente generale del Regno.
Al CLN-Alta Italia, che di fatto e non senza difficoltà coordina la lotta partigiana contro i nazi-fascisti, era stata conferita la rappresentanza del governo italiano nei territori occupati dai tedeschi.
Nel settembre il fronte si stabilizza lungo la linea gotica (da Rimini al Tirreno) e prosegue, nella RSI, la lotta partigiana che diventa più dura via via che i tedeschi sono costretti a ritirarsi sempre più a nord.
Già dal 1944 viene avviato per la parte dell'Italia liberata un complesso processo di epurazione e di condanna
per i reati fascisti più gravi e di collaborazionismo con i nazi-fascisti che si protrarrà fino al 1947: la farraginosità delle norme e una sostanziale mancanza di volontà politica, unite ad un
impegno di pacificazione (amnistia Togliatti, nel 1946), rendono di fatto inefficace l'epurazione.
Nella RSI, che a sua volta pretende di rappresentare la continuità dello Stato, con il processo di Verona Mussolini fa condannare e giustiziare i membri del Gran consiglio del fascismo che
avevano votato contro di lui.
Nell'aprile 1945 gli alleati riescono a sfondare la linea gotica e ad attraversare il Po, mentre l'insurrezione generale del movimento partigiano sostiene e talora precede la liberazione di varie città.
Il 25 aprile le forze tedesche e fasciste sono costrette alla capitolazione.
Mussolini, che aveva tentato la fuga in Svizzera travestito da ufficiale tedesco, viene catturato dai
partigiani e fucilato il 28 aprile.
Il trattato di pace verrà firmato il 10 febbraio 1947: l'Italia deve rinunciare alle colonie africane, all'Albania, al Dodecaneso, all'Istria, Fiume e Zara e alle località di confine, Briga e
Tenda. Mantiene invece l'Alto Adige, mentre si apre la questione di Trieste, rivendicata sia dall'Italia che dalla Jugoslavia. Nel 1946 viene creato il Territorio libero di Trieste, sottoposto
all'amministrazione anglo-americana (Zona A: Trieste e dintorni) e all'amministrazione jugoslava (Zona B: da Capodistria a Cittanova).
Con d.lgs.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, si decide che verrà affidata alla consultazione popolare non solo l'elezione dell'Assemblea costituente che deve scrivere il testo della nuova costituzione,
ma anche la scelta della forma istituzionale.
Nel mese di maggio il re Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio Umberto (re di maggio) per
orientare l'elettorato verso la monarchia.
Il 2 giugno 1946 l'elettorato, che include ora anche le donne, è chiamato a pronunciarsi sulla scelta tra Monarchia e Repubblica e ad eleggere l'Assemblea costituente.
Prevale la Repubblica, sia pure con uno scarto limitato di voti, e il 10 giugno la Corte di cassazione proclama ufficialmente la nascita della Repubblica italiana; dal giorno della proclamazione dei risultati del referendum e fino all'elezione del Capo provvisorio dello Stato, le relative funzioni sono esercitate dal presidente del Consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi.
L'Assemblea costituente elegge il 28 giugno 1946 Enrico De Nicola Capo provvisorio dello Stato; durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento a norma della nuova costituzione, il potere legislativo resterà delegato al Governo ad eccezione delle leggi elettorali e delle leggi di approvazione dei trattati, le quali saranno deliberate dall'Assemblea.
Repubblica italiana (dal 2 giugno 1946)
A seguito della proclamazione della Repubblica, l'Assemblea costituente elegge il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, e avvia i lavori per l'elaborazione del testo della nuova Costituzione, che verrà approvato il 22 dicembre 1947, con entrata in vigore dal 1° gennaio 1948.
La Costituzione repubblicana stabilisce nella prima parte i principi fondamentali; definisce quindi le
funzioni del Parlamento, del Governo e del Presidente della Repubblica, l'Ordine giudiziario e i compiti della Corte costituzionale.
Dal 1° gennaio 1948 la sede della Presidenza della Repubblica è il Quirinale.
Rimane in vigore il corpus delle leggi approvate sia nell'età liberale che durante il fascismo, tra cui il Codice civile del 1942 e il Codice penale del 1930. Per quest'ultimo come per altre norme del ventennio vengono di massima abrogate le parti che più specificamente connotavano il regime.
La Costituzione prevede l'istituzione delle Regioni che avverrà solo a partire dal 1970, mentre già nel 1948
erano state istituite con legge costituzionale quattro delle cinque Regioni a statuto speciale: Sardegna, Sicilia (già costituita nel 1946), Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige; la Regione
Friuli-Venezia Giulia sarà istituita nel 1954, dopo la conclusione nella Zona A di Trieste dell'amministrazione anglo-americana e la restituzione della città all'Italia.
A partire dal dopoguerra, si può constatare una sostanziale continuità nell'esercizio delle funzioni politiche e amministrative che, però, si inquadrano in un contesto internazionale che esercita
un determinante condizionamento: la guerra fredda e la contrapposizione di due blocchi politici ed economici fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989, e una crescente influenza dell'Unione
europea, particolarmente incisiva nel settore dell'economia e della produzione.
Sul versante interno, la proclamazione della Repubblica e l'entrata in vigore della Costituzione segnano le coordinate entro cui viene organizzato lo stato democratico.
Svolgono un ruolo particolarmente importante i partiti politici, che entrano in crisi ideologica e organizzativa agli inizi degli anni Novanta assumendo nuove configurazioni in un processo che è ancora ben lontano dal costituire un assetto stabile e definito, e i sindacati, la cui storia particolarmente complessa è un imprescindibile elemento per la comprensione delle trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali.
Nel corso dell'ultimo ventennio il paese, che negli anni del dopoguerra, aveva conosciuto una forte ondata
migratoria all'estero e dall'Italia meridionale verso le aree industriali del nord si è trasformato in paese di forte immigrazione, regolare e clandestina.
Negli anni della ricostruzione e della trasformazione da paese agricolo a paese fortemente industrializzato si mantiene l'importanza della Presidenza del consiglio come organismo di coordinamento
politico e di promozione economica.
Vengono costituiti nel suo ambito vari comitati con rilevanti funzioni quali il Comitato interministeriale per la ricostruzione (CIR) per coordinare , nel quadro del Piano Marshall, piani economici e finanziari in l'attuazione dei programmi ERP (European Recovery Program), il Comitato interministeriale prezzi, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (istituito dal 1936), il Comitato per le opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale e contemporaneamente la Cassa per il Mezzogiorno, analogo comitato per le opere straordinarie di interesse pubblico nell'Italia settentrionale e centrale.
Il Ministero dell'interno svolge fino ad anni recenti un ruolo determinante nel controllo dell'amministrazione provinciale e comunale e nella conservazione dell'ordine pubblico, anche nei momenti di più grave tensione politica e sociale.
Progressivamente si estendono le funzioni della Presidenza del consiglio, mentre si riducono quelle del Ministero dell'interno, tranne per quanto attiene alla pubblica sicurezza.
A livello territoriale le prefetture riconquistano funzioni che erano state sottratte dalle Federazioni provinciali del partito fascista, mentre le questure e i carabinieri recuperano funzioni che durante il ventennio avevano condiviso con la Milizia volontaria sicurezza nazionale e con gli uffici politici del PNF.
Comuni e province riacquistano l'elettività dei loro organi, diventando politicamente più forti, e ampliano le loro competenze ma restano a lungo fortemente condizionati dal centro: proprio il controllo sull'attività amministrativa degli enti locali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza rientravano tra le funzioni prioritarie dei prefetti.
Le prefetture, tuttavia, tendono a perdere progressivamente alcune attribuzioni per il moltiplicarsi degli uffici periferici dei vari ministeri (fin dal periodo liberale) e ora soprattutto per l'avvio nel corso degli anni Settanta per l'attuazione dell'ordinamento regionale; infine, per le riforme degli anni Novanta che hanno conferito maggiore autonomia agli enti locali e un ruolo decisamente più incisivo al sindaco.
Più radicali sono, nel corso dei decenni, le trasformazioni a livello centrale e periferico delle istituzioni preposte alle funzioni economiche e sociali, in particolare per quanto riguarda l'economia, la protezione sociale, la sanità, l'ambiente e l'istruzione. Seguendo una riflessione di Sabino Cassese, possiamo individuare, a partire dalla Costituzione repubblicana, almeno tre fasi, dal 1948 al 1970, dal 1970 al 1990 e dal 1990 fino alla riforma del Titolo V della Costituzione.
Nella prima fase, fermo restando il carattere accentrato dell'amministrazione – che tuttavia vede la creazione di cinque Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige nel 1948, e Friuli-Venezia Giulia nel 1963, dopo l'acquisizione di Trieste all'Italia nel 1954) - l'accentuazione delle funzioni riconosciute come pubbliche porta a una pluralizzazione del centro con il diffondersi delle nazionalizzazioni e la creazione di enti pubblici non statali.
Si confermano l'IRI (Istituto per la ricostruzione industriale) e l'AGIP – creati durante il fascismo - e
vengono istituiti enti importanti come la Cassa per il Mezzogiorno, l'ENI (Ente nazionale idrocarburi), l' EFIM (Ente per il finanziamento dell'industria manifatturiera), l'ISPE (Istituto di
studi per la programmazione economica), la CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa). Si sviluppano inoltre le partecipazioni statali che portano alla creazione nel 1956 di un
apposito ministero.
Dal 1970 al 1990 vi è un ulteriore ampliamento delle funzioni pubbliche: si crea il Servizio sanitario nazionale, vengono istituiti il Ministero per l'ambiente e quello per l'università e la
ricerca scientifica.
Crescono ancora le funzioni della Presidenza del consiglio, riordinata nel 1988, presso cui si costituiscono, come veri e propri apparati ministeriali, il Dipartimento per la funzione pubblica e quello per il Mezzogiorno. Oltre ad altri importanti enti pubblici, come l' ISVAP (Istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse collettivo) e l'Ente ferrovie dello Stato, vengono istituite nuove figure istituzionali come le autorità amministrative indipendenti: Garante per la radiodiffusione e l'editoria, Autorità per l'Adriatico (di incerta natura giuridica).
In periferia si moltiplicano gli uffici periferici dello Stato e organismi misti, quali le agenzie per l'impiego e le autorità di bacino.
Per quanto riguarda la burocrazia statale, si istituiscono la dirigenza (1972) e poi le qualifiche funzionali (1980) e si generalizza la contrattazione delle condizioni di lavoro e del trattamento economico del pubblico impiego: la disciplina del rapporto di lavoro diventa sempre più simile a quella di diritto comune.
Dopo un primo ritocco nel 1964, viene modificata radicalmente nel 1978 la materia dei bilanci pubblici; diminuiscono i controlli preventivi per Stato, Regioni, Province e Comuni, si introducono controlli interni e si ampliano quelli successivi.
Dopo l'elezione dei consigli, nel 1970, delle 15 Regioni a statuto ordinario si avvia nel 1972 il trasferimento dei alcune funzioni dello Stato e di enti pubblici nazionali alle Regioni che si protrae fino alla fine degli anni Settanta, anche se i ministeri interessati non subiscono, se non in pochi casi, mutamenti importanti.
Le Regioni hanno potestà legislativa e assumono un proprio incisivo ruolo nei processi di programmazione economica e nei rapporti con gli enti locali.
Viene quindi istituito il Sistema statistico nazionale, quale organismo di raccordo tra Stato, Regioni ed enti
nazionali e locali.
A partire dal 1990 si assiste a un intenso cambiamento amministrativo: dalla legge sulla trasparenza del procedimento amministrativo a quelle sul personale e la modernizzazione e sui controlli,
alle leggi per gli enti locali, che ne accentuano l'autonomia, e per le camere di commercio, cui viene attribuita potestà statutaria (riconosciuta dal 1989 anche all'Università), ai nuovi
ordinamenti sulle acque, sulle strade, sulla sanità. Vengono istituite nuove autorità indipendenti: Autorità per la regolazione dei servizi di pubblica utilità, Autorità garante della concorrenza
e del mercato, Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Garante dei dati personali,
Autorità per l'informatica.
Ha trovato larga diffusione la figura dell'agenzia, per certi aspetti una sorta di evoluzione delle precedenti aziende autonome: sono enti che godono di ampia autonomia, perseguono interessi pubblici, per lo più di carattere operativo e possono far capo a diverse amministrazioni pubbliche.
A volte sono enti pubblici, ma possono anche qualificarsi come organi dello Stato o delle Regioni, dotati però di personalità giuridica. Si segnalano l' ASI (Agenzia spaziale italiana), l' AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) che sostituisce l'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo, l' ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale della Pubblica amministrazione), l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, l'Agenzia per la proprietà industriale, l'Agenzia per i trasporti terrestri, le Agenzie fiscali, ecc.
Con i referendum del 1993 si sopprimono alcuni ministeri e, con il mutamento delle leggi elettorali, si introduce un sistema maggioritario per le elezioni politiche e per quelle delle Regioni, delle Province e dei Comuni, con forti differenze. La legge per le elezioni politiche (legge Mattarella) introduce un sistema misto, per il 75% maggioritario a turno unico e per il 25% proporzionale con liste bloccate e sbarramento al 4% per la Camera dei deputati e con recupero proporzionale dei più votati non eletti al Senato.
Una ulteriore riforma elettorale del 2005, tesa a rafforzare i poteri del Governo, favorisce un sistema proporzionale corretto che introduce un premio di maggioranza al partito o alla coalizione che abbia raggiunto la maggioranza relativa per la Camera e su base regionale per il Senato, introduce liste bloccate con candidati scelti dai partiti senza possibilità di dare voti di preferenza, crea circoscrizioni estere per consentire agli italiani all'estero di eleggere 12 membri della Camera e sei del Senato, obbliga i partiti o le coalizioni a depositare il programma e indicare il proprio capo con l'obiettivo di condizionare il potere del Presidente della Repubblica per quanto concerne il conferimento dell'incarico di governo, senza tuttavia superare la logica delle coalizioni il cui equilibrio, in un forzato bipolarismo, risulta spesso turbolento.
Si avvia un processo di privatizzazione: già negli anni Settanta si era provveduto alla soppressione di molti enti considerati inutili e ora, con norme del 1990, si procede alla trasformazione delle banche pubbliche in istituzioni private e, con norme del 1993, molti enti pubblici economici si trasformano in società per azioni e enti pubblici previdenziali diventano associazioni o fondazioni.
Con la legge 15 mar. 1997, n. 59, e successive modifiche si è dato un ampio impulso al decentramento con il passaggio a Regioni ed enti locali di numerose funzioni dello Stato, si è proceduto a una riduzione del numero dei ministeri che ha comportato ad ogni cambio di governo continui accorpamenti e disaggregazioni di competenze, cambiamenti di denominazioni e riorganizzazioni interne, finché con la riforma del Titolo V della Costituzione, nel 2001, è stata ampliata la sfera della potestà legislativa delle Regioni e si è fortemente limitato l'ambito di intervento dello Stato.
Alla metà degli anni Novanta si è avviato un processo di semplificazione burocratica i cui esiti spesso contraddicono le intenzioni. Con leggi del 1990 e del 1993 si è stabilito il principio che gli organi di governo definiscono gli obiettivi e i programmi, verificando poi la rispondenza della gestione amministrativa alle direttive generali, mentre ai dirigenti amministrativi spetta la gestione.
Nonostante ciò, partendo da disposizioni del 1993 ulteriormente modificate successivamente, si è introdotto un
sistema di spoil system per la dirigenza pubblica che ne determina una più forte dipendenza dal potere politico.
Non è questa la sede per tentare un'analisi dei risultati di queste trasformazioni, mentre risulta rilevante tenere presente la progressiva tendenza a ridurre le distinzioni tra diritto
amministrativo e diritto comune che ha riflessi non indifferenti sui rapporti tra la pubblica amministrazione e la società, ivi compresi quelli riguardanti l'economia e la produzione, e la
trasformazione e moltiplicazione dei soggetti istituzionali, la cui natura giuridica non è sempre facilmente delineabile.
Rispetto alla salvaguardia delle fonti documentarie, ciò determina delle difficoltà sia per stabilire se si debba intervenire sugli archivi correnti con misure di sorveglianza adottate dalle apposite Commissioni previste per gli organi centrali e periferici dello Stato o con misure di vigilanza sugli enti pubblici e sugli archivi privati affidate alle Soprintendenze archivistiche, sia per sapere con certezza quale sarà la sede finale di conservazione delle carte.
L'incertezza può portare a rinviare gli interventi di tutela, con maggiore rischio di dispersione delle carte:
non risulta, ad esempio, ancora esercitato alcun controllo sugli archivi delle autorità indipendenti e di varie agenzie.
Negli ultimi venti anni sono stati emanati numerosi, ma non sempre chiari, provvedimenti rilevanti ai fini della produzione, conservazione e accesso ai documenti tra i quali vanno ricordati la
legge in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi
(l. 7 ago. 1990, n. 241, modificata con l. 11 feb. 2005, n. 15),
la legge sulla protezione dei dati personali (l. 31 dic. 1996, n. 675,
modificata e rielaborata nel Codice un materia di protezione dei dati personali,
approvato con d.lg. 30 giu. 2003, n. 196),
il testo unico del documento amministrativo (d.p.r. 28 dic. 2000, n. 445),
il Codice per i beni culturali e del paesaggio (d.lg. 22 gen. 2004, n. 42),
il Codice di deontologia e di buona condotta per la ricerca storica (ora allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali),
il Codice dell'amministrazione digitale (d.lg. 7 mar. 2005, n. 82, e successive modifiche),
la legge sul segreto di Stato (l. 3 ago. 2007, n. 124),
che abroga la precedente legge sui servizi di sicurezza, approvata con l. 24 ott. 1977, n. 801).