Dopo la Terza battaglia dell'Isonzo la Dolina del XV Bersaglieri venne utilizzata come posto di prima medicazione e sede del comando locale.
Meno di un anno dopo le truppe italiane riuscirono a conquistare Gorizia (agosto 1916) e la linea del fronte avanzò ulteriormente, lasciando quindi la dolina più protetta rispetto a prima.
Il sito perciò accolse da quel momento
un piccolo
ospedale militare di cui oggi si possono
ancora vedere
alcuni resti.
La struttura è di dimensioni
relativamente ridotte ed era formata da tre
stanze.
Osservando i resti, si intuisce ancora quale fosse la loro disposizione e in particolare è possibile individuare dove si trovasse la sala operatoria.
Infatti solo una di queste è dotata di
un pozzetto,
costruito evidentemente per fare confluire il sangue e l'acqua fuori dall'edificio ed ottenere una minima pulizia.
Sulle pareti si trovano ancora
oggi due
epigrafi: la prima è riferita al comando
del XV Bersaglieri (che da il nome all'intera dolina),
mentre la seconda riporta i nomi
dei medici che qui prestarono servizio.
Dolina dei 500 o del 15° Bersaglieri, che si trova a Monte Sei Busi - Carso Goriziano.
FREGIO DEL 15° REGGIMENTO BERSAGLIERI
Il fregio venne realizzato nel giugno 1916 dalla Compagnia zappatori del 15°
Lapide in memoria dei caduti della Dolina dei Bersaglieri.
La lapide venne posta il 10 ottobre 1916 in memoria dei bersaglieri caduti e sepolti nella Dolina
ll bel fregio ricorda la 3^ Compagnia del Battaglione di Marcia del 5° Reggimento Bersaglieri.
I reparti di Marcia erano adibiti ad inquadrare ed istruite i complementi.
Le reclute precedentemente dichiarate inabili o destinate ad uffici, ex convalescenti, ecc. destinati quali rincalzi nelle unità operative
DOLINA DEI BERSAGLIERI SUL MONTE SEI BUSI
Posto di medicazione nella Dolina dei Cinquecento, detta dei bersaglieri
Nel 1915 le linee contrapposte erano costituite da poche trincee poco profonde, in quanto lo scavo del terreno sotto il fuoco nemico era particolarmente difficile; la difesa era completata da sacchetti di terra e alti reticolati con filo spinato.
Questo tipo di costruzione elementare permetteva agli attaccanti e ai difensori un rapido "rovesciamento" della linea in caso di azioni di attacco e contrattacco.
Il sistema difensivo era costituito da un dedalo di trincee non sempre interconnesse le une con le altre, ma spesso suddivise in isole o sistemi chiusi; questa particolare disposizione consentiva ai comandi, in caso di attacco nemico, di poter contenere in zone delimitate gli sfondamenti del fronte e una volta organizzate le difese di poter rioccupare le posizioni precedentemente perdute con puntuali contrattacchi.
Il percorso sul Monte Sei Busi si snoda tra le quote 111 e 118 che sovrastano l'abitato di Vermigliano.
Tali rilievi vennero aspramente contesi dall'esercito italiano e da quello austroungarico a partire dalla 1ª Battaglia dell'Isonzo (23 luglio - 7 agosto 1915), per essere definitivamente oltrepassati dalle truppe italiane a seguito del ripiegamento del fronte austroungarico sul Carso di Comeno, dopo la caduta della città di Gorizia, avvenuta durante la 6ª Battaglia dell'Isonzo (4-17 agosto 1916).
Dopo tale data i comandi italiani decisero di operare un rafforzamento delle precedenti linee realizzate sul Carso di Doberdò.
Le postazioni del Sei Busi vennero collegate alla cosiddetta "Linea di S. Martino", e trasformate in una linea trincerata, denominata di massima resistenza, dotata di solide postazioni in cemento e pietra carsica con piazzole, ricoveri e scalette in cemento; questo sistema fortificato consentiva alle truppe italiane un'efficace difesa in caso di sfondamento del fronte avanzato da parte delle truppe austroungariche.
Alcune delle trincee e postazioni visitabili a tutt'oggi sul Sei Busi si riferiscono a questa particolare linea difensiva italiana.